Cause e trattamento della scoliosi nell’adolescenza

La scoliosi è una deformità della colonna vertebrale caratterizzata da una curvatura tridimensionale che si sviluppa nei tre piani dello spazio: frontale, laterale e orizzontale. Queste alterazioni tridimensionali influenzano sia l’estetica che la postura del corpo. Anche piccole asimmetrie corporee possono rappresentare segnali di una scoliosi in fase iniziale, per cui è importante prestare attenzione.

Evoluzione e trattamento

Senza un trattamento adeguato, la scoliosi può progredire nel tempo, fino a richiedere un intervento chirurgico nei casi più gravi.

Riconoscere la scoliosi nelle fasi iniziali consente di intervenire con un approccio conservativo, evitando così la chirurgia.

Questo tipo di intervento prevede l’uso di corsetti e di esercizi specifici, adattati alle esigenze del singolo paziente e alla particolare curvatura della sua scoliosi.

Cause della scoliosi nei bambini e adolescenti

Secondo la dott.ssa Maria Petruzzi, Ortopedico Vertebrale presso Humanitas Mater Domini, le cause della scoliosi in età evolutiva possono essere suddivise in due categorie principali:

  • Scoliosi idiopatica: rappresenta circa l’80% dei casi. La sua causa esatta non è ancora nota, ma si ritiene che sia multifattoriale.
  • Scoliosi secondaria: riguarda il 20% dei casi ed è legata a patologie preesistenti come malformazioni vertebrali, malattie neurologiche o sindromi congenite.

La scoliosi idiopatica può manifestarsi in diversi momenti della vita, soprattutto durante fasi di rapida crescita, come tra i 6 e 24 mesi, tra i 5 e gli 8 anni, e durante la pubertà.

Dopo questi periodi, l’evoluzione della scoliosi tende a rallentare fino a stabilizzarsi al termine della crescita ossea.

Diagnosi della scoliosi

La diagnosi di scoliosi avviene durante una visita ortopedica, quando vengono rilevate delle asimmetrie corporee sospette.

In questi casi, lo specialista richiede una radiografia della colonna vertebrale in posizione eretta (ortostasi) per determinare la presenza di scoliosi o di un semplice atteggiamento scoliotico.

È importante distinguere tra scoliosi e atteggiamento scoliotico.

Quest’ultimo può simulare la scoliosi, ma non presenta la rotazione delle vertebre ed è meno grave poiché non tende a peggiorare nel tempo, a differenza della scoliosi vera e propria.

I corsetti ortopedici

I corsetti sono dispositivi ortopedici utilizzati per guidare la crescita della colonna vertebrale nella direzione corretta.

Essi aiutano a ridurre la curvatura della scoliosi e a migliorare l’estetica del corpo.

Esistono vari tipi di corsetti, e la scelta del tipo più adatto dipende da fattori come l’età del paziente, il grado di maturazione ossea, l’entità e la rigidità della curva scoliotica.

Efficacia dei corsetti nel trattamento della scoliosi

I primi corsetti avevano la funzione di mantenere stabile la curvatura della scoliosi, ma senza correggerla.

Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato l’efficacia dei nuovi corsetti non solo nel mantenimento, ma anche nella correzione della scoliosi.

Se la scoliosi viene diagnosticata precocemente, è possibile ridurre significativamente la curvatura, soprattutto se questa è ancora flessibile al momento della diagnosi.

Di conseguenza, una diagnosi tempestiva è essenziale per evitare l’aggravarsi della condizione.

Decifrato il codice genetico autismo. Angsa e Fondazione Autismo fanno chiarezza

Un team di ricerca ha sviluppato un sistema basato sull’intelligenza artificiale capace di identificare i marcatori genetici dell’autismo. I media hanno descritto questa innovazione come una “svolta nella diagnosi,” ma Angsa e la Fondazione Italiana Autismo invitano alla cautela.

Una visione completa dell'autismo

Trattare l’autismo come una condizione monolitica, riducendolo a una questione genetica risolvibile con un semplice test, non rende giustizia alla complessità di questa condizione.

È fondamentale evitare queste semplificazioni e adottare una visione più completa e rispettosa dell’autismo e dei diversi bisogni.

Questo è il messaggio che l’associazione Angsa, che riunisce genitori di persone con autismo, e la Fondazione Italiana Autismo vogliono trasmettere in risposta a una recente notizia pubblicata da alcuni dei principali quotidiani nazionali.

La notizia riguarda una presunta “svolta” nella diagnosi precoce dell’autismo, basata su una nuova tecnologia sviluppata da un team di ricerca co-diretto da Gustavo K. Rohde.

La complessità della diagnosi dell'autismo

La notizia sembra promettere mari e monti, suggerendo che presto potremmo essere in grado di diagnosticare l’autismo con una precisione straordinaria grazie a un’innovativa intelligenza artificiale.

Ma c’è un problema: la realtà è molto più complessa”, spiegano le associazioni.

Per chiarire la questione, Angsa e la Fondazione Italiana Autismo lasciano la parola al professor David Vagni, ricercatore del Cnr.

Il contributo del Professor David Vagni

Il focus dello studio in questione non è sul codice genetico dell’autismo, ma sulla capacità di identificare specifiche mutazioni genetiche, come la delezione o duplicazione in 16p11.2, utilizzando una tecnica di imaging cerebrale avanzata chiamata morfometria basata sul trasporto (TBM)”, spiega Vagni.

Tuttavia, queste mutazioni geneticamente rilevabili rappresentano solo una piccola frazione dei casi di autismo (circa il 20%) e le mutazioni in 16p11.2 solo lo 0,5-1%. Inoltre, tra le persone con la mutazione 16p11.2, solo il 20-30% è effettivamente autistico.

Parlare di “svolta” nella diagnosi dell’autismo basandosi su questi numeri è, quindi, quantomeno fuorviante, conclude Vagni.

Le critiche alla semplificazione mediatica

Per Angsa e la Fondazione Italiana Autismo, “questo tipo di semplificazione mediatica non solo è imprecisa, ma può essere dannosa”.

Marco Bertelli della Fondazione Italiana Autismo commenta: “L’unico dato interessante della ricerca è la capacità dell’IA di gestire perfettamente il confronto statistico di dettagli all’interno di una massa dati enorme, come quella che si associa a numerose immagini tridimensionali del sistema nervoso centrale e ai loro correlati genetici e comportamentali.

I risultati di questo studio indicano che, se usata con saggezza e cautela, la capacità statistica dell’IA può aiutarci a fare ordine nell’attuale eterogeneità delle condizioni raggruppate sotto la denominazione di disturbo dello spettro autistico e permettere di conseguenza diagnosi e interventi di precisione”.

Conclusione: Progresso e Verità

“La ricerca scientifica deve continuare a progredire, certo, ma non a scapito della verità e della comprensione umana”, conclude Giovanni Marino, presidente di Angsa.

Pillola 3D, farmaci combinati in un’unica dose

I ricercatori australiani hanno sviluppato una nuova applicazione della tecnologia di stampa 3D per creare una ‘poli-pillola’ che combina più farmaci in un’unica compressa. Questa innovazione mira a semplificare la vita di chi deve assumere più farmaci ogni giorno, riducendo il rischio di errori di dosaggio e migliorando l’accesso alle cure.

La stampa 3D al servizio della medicina

I ricercatori australiani hanno fatto un significativo passo avanti nella medicina, utilizzando la tecnologia di stampa 3D, comunemente impiegata per la produzione di giocattoli, calchi dentali e ricambi auto, per creare una ‘poli-pillola’.

Questa innovativa soluzione combina più farmaci in un’unica compressa, semplificando la vita di coloro che devono assumere diversi farmaci ogni giorno.

Il problema della politerapia negli anziani

Con l’avanzare dell’età, molte persone si trovano a dover assumere più farmaci ogni giorno, aumentando il rischio di sottodosaggi o overdose.

Questo problema è destinato a crescere con l’invecchiare della popolazione.

Gli studiosi dell’Università del Queensland hanno sviluppato una soluzione: l’uso di stampanti 3D per produrre pillole su misura per ciascun paziente, combinando i farmaci in un polimero biocompatibile che permette il rilascio controllato nell’organismo.

Vantaggi della poli-pillola personalizzata

Le poli-pillole sono prodotte uno strato alla volta, e i farmaci vengono disciolti e combinati con altri ingredienti per migliorare l’assorbimento nello stomaco.

Questo sistema permette di includere vari farmaci in una sola pillola, da assumere una volta al giorno, riducendo così il rischio di errori di dosaggio. “Si possono includere farmaci differenti in una pillola, da prendere una sola volta al giorno, riducendo così la probabilità di overdose o di sottodose,” scrive il professor Amirali Polat della Scuola di Farmacia sul sito dell’università.

Soluzioni per bambini e persone con disabilità visive

I farmaci stampati in 3D potrebbero essere particolarmente utili per i bambini, permettendo la creazione di pillole più piccole e ‘attraenti’, magari con forme o colori diversi.

Anche le persone non vedenti o ipovedenti trarrebbero beneficio da questa tecnologia, grazie alla possibilità di cambiare i colori per rendere le pillole più identificabili, aggiungere simboli come il sole e la luna per distinguere le dosi del mattino e della sera, o persino stampare in braille sulla pillola per facilitare il riconoscimento.

Impatto sulle comunità remote

L’uso della stampa 3D potrebbe rappresentare un grande vantaggio per le comunità remote, dove spesso si registrano carenze di medicinali o ritardi nelle consegne. “Se vi è la possibilità di produrle dove il farmacista può farlo sul posto, si potrà offrire migliore assistenza sanitaria in quelle comunità,” conclude Polat. Questo approccio potrebbe rivoluzionare l’accesso ai farmaci e migliorare notevolmente la qualità delle cure in zone isolate.

Fonte:

Torino rivoluziona l’angioplastica con l’Intelligenza Artificiale

Un nuovo strumento basato sull’Intelligenza Artificiale, sviluppato a Torino, potrebbe rivoluzionare il trattamento delle malattie coronariche, semplificando le diagnosi e migliorando l’efficacia delle angioplastiche.

L'intelligenza Artificiale per l'Angioplastica Coronarica

Quando fare l’angioplastica coronarica? Ora lo dice l’Intelligenza Artificiale (IA), “leggendo” una semplice coronarografia.

Parliamo di un nuovo strumento che rivoluzionerà il trattamento delle malattie coronariche, semplificando e migliorando la valutazione delle placche nelle arterie.

Pubblicato sulla rivista European Heart Journal Quality of Care and Cardiovascular Outcomes, questo studio pionieristico è il risultato di una collaborazione tra l’ospedale Molinette di Torino, l’Università degli Studi di Torino e il Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università di Catania.

Lavoro di squadra

Guidato dai cardiologi Ovidio De Filippo e Fabrizio D’Ascenzo, della Cardiologia Universitaria delle Molinette (diretta dal professor Gaetano Maria De Ferrari), in collaborazione con i professori Marco Aldinucci (UniTo) e Concetto Spampinato (Catania), il progetto ha coinvolto numerosi Centri cardiologici italiani ed europei, tra cui cinque piemontesi.

L’obiettivo del team è stato affrontare una sfida comune nella cardiologia interventistica.

Per decidere se procedere con un’angioplastica, infatti, le linee guida internazionali raccomandano l’esecuzione di due esami specifici: il Ffr (Fractional Flow Reserve) e l’Ifr (Instantaneous Wave-Free Ratio).

Nella pratica, però, questi esami vengono effettuati molto raramente a causa dei costi, del tempo richiesto e dei rischi associati alla necessità di inserire nella coronaria cateteri aggiuntivi per le misurazioni.

Diagnosi avanzata

Il team ha sviluppato Starflow, uno strumento avanzato di Intelligenza Artificiale capace di stimare i valori di Ffr e Ifr direttamente dalle immagini standard di coronarografia.

Utilizzando una rete neurale profonda multi-task, Starflow analizza due semplici proiezioni angiografiche per fornire una valutazione accurata della rilevanza delle placche, indirizzando i pazienti verso l’angioplastica o la terapia medica.

Primi risultati

I risultati ottenuti sono notevoli: l’applicazione ha raggiunto un’accuratezza quasi pari al 90%, un livello di precisione paragonabile a quello ottenuto con le tecniche invasive tradizionali ma con significativi vantaggi in termini di tempo, riduzione dei rischi per i pazienti e costi.

Le implicazioni future

«Lo sviluppo di Starflow potrebbe avere un impatto significativo sull’accesso dei pazienti a valutazioni fisiologiche precise delle stenosi coronariche», spiega il dottor De Filippo. «Ha il potenziale di migliorare il processo decisionale clinico e ottimizzare i trattamenti per le malattie coronariche».

Aggiunge il professor De Ferrari: «Si tratta di un grandissimo contributo dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in cardiologia e di una dimostrazione della possibilità che l’innovazione tecnologica, associata alle competenze mediche, possa affrontare problemi clinici complessi, migliorando l’efficienza e l’efficacia delle cure mediche».

Presentazione ufficiale

La nuova tecnologia sarà presentata in anteprima durante le 36me Giornate Cardiologiche Torinesi, che si terranno a Torino dal 19 al 21 settembre 2024, presso il Polo Aldo Moro dell’Università degli Studi di Torino (via Sant’Ottavio 18), dirette dai professori Mauro Rinaldi, Gaetano Maria De Ferrari e Fabio Verzini.

Fonte:

Autotrapianto di rene robotico, per la prima volta in Italia alle Molinette di Torino

A luglio 2024, l’ospedale Molinette di Torino ha realizzato un traguardo storico nella chirurgia robotica: per la prima volta in Italia, è stato effettuato un autotrapianto di rene utilizzando un sistema robotico di ultima generazione. Questo intervento innovativo ha salvato la vita di un paziente di 56 anni, affetto da una rara e pericolosa patologia, dimostrando le potenzialità rivoluzionarie della tecnologia medica avanzata.

Autotrapianto di rene con sistema robotico di ultima generazione

Per la prima volta in Italia, a luglio 2024, all’ospedale Molinette di Torino, è stato effettuato un autotrapianto di rene utilizzando un sistema robotico di ultima generazione.

Un uomo di 56 anni aveva da poco scoperto di essere portatore di una rara patologia tanto silente quanto pericolosa: un aneurisma di due centimetri a carico dei rami dell’arteria renale.

Era necessario intervenire per prevenire l’elevato rischio di rottura spontanea dell’arteria, ma la complessa posizione dell’aneurisma non rendeva possibile un intervento tradizionale, cioè con il rene nella sua posizione naturale.

Le speranze di salvare il rene erano affidate alla possibilità di poter effettuare un delicato intervento di prelievo del rene per ripararlo al di fuori del campo operatorio e poi effettuare un autotrapianto.

Utilizzo del sistema robotico Da Vinci Single Port

A tal fine è stato utilizzato il nuovissimo e rivoluzionario sistema robotico Da Vinci Single Port, da poco disponibile in Europa e da tre settimane in dotazione presso il reparto di urologia universitaria dell’ospedale, diretto dal professor Paolo Gontero.

Il nuovo approccio chirurgico attraverso un’unica piccola incisione di due centimetri e mezzo ha permesso di effettuare il prelievo del rene sinistro da riparare.

Vantaggi della Tecnologia Robotica Avanzata

“L’estrema raffinatezza di questa importante evoluzione della tecnologia operatoria robotica, insieme alla capacità di lavorare in uno spazio relativamente ristretto, tanto quanto una pallina da tennis, ha permesso di effettuare il prelievo di rene passando al di fuori dell’addome, utilizzando quindi una via extraperitoneale – afferma il primario, che ha eseguito la parte robotica dell’intervento -.

Una via di accesso che consente una ulteriore riduzione del trauma chirurgico rendendo possibile una più rapida ripresa postoperatoria, caratteristica che contraddistingue e spiega la recente diffusione di questa nuova tecnologia negli Stati Uniti d’America”.

Procedura di riparazione e autotrapianto

Il rene è stato quindi estratto mantenendo sempre una via di accesso al di fuori del peritoneo e posizionato in un campo operatorio apposito dove è stato raffreddato e perfuso (mantenuto in vita) con liquidi speciali per prevenire i danni da ischemia e quindi sottoposto ad una delicata riparazione della malformazione di cui era affetto da parte del dottor Aldo Verri, direttore della chirurgia vascolare ospedaliera dell’ospedale Molinette.

Sempre utilizzando la stessa incisione è stato quindi effettuato l’autotrapianto.

La parte anestesiologica è stata seguita dall’équipe del dottor Roberto Balagna.

L’intervento, durato sette ore, è stato coronato da successo comportando una pronta ripresa della funzione dell’organo ed una dimissione del paziente in buone condizioni.

Importanza del supporto della fondazione CRT

“È doveroso ricordare come tutto ciò sia stato reso possibile in primis grazie alla sensibilità della Fondazione Crt, che mesi fa ha creduto in un progetto di ricerca finalizzato all’utilizzo di questa tecnologia in ambiti chirurgici urologici selezionati, quali il trapianto di rene, le disfunzioni dell’apparato urinario del mieloleso, ma anche il tumore di vescica e della prostata – continua il professor Gontero -.

Grazie alla generosa donazione ricevuta sarà possibile disporre per un anno di questa tecnologia per effettuare una cinquantina di interventi urologici”.

Progetto di ricerca multidisciplinare

Un progetto di ricerca che vede anche la partecipazione del professor Mario Morino, direttore della clinica chirurgica universitaria dell’ospedale Molinette per un utilizzo multidisciplinare in chirurgia oncologica.

“Una nuova frontiera della chirurgia che concilia l’aspetto tecnologico e le professionalità mediche per un nuovo traguardo raggiunto, che conferma per l’ennesima volta le eccellenze della nostra Città della Salute”, dichiara il dottor Giovanni La Valle, direttore generale dell’azienda ospedaliera di cui l’ospedale Molinette fa parte.

Liste d’attesa ospedaliere: 20 milioni di visite da recuperare, straordinari non bastano

Il decreto Schillaci sulle liste d’attesa, in esame al Parlamento, mira a recuperare 20 milioni di prestazioni perse tra il 2019 e il 2021. Tuttavia, le risorse limitate e il personale stremato sollevano dubbi sulla sua efficacia. Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed, critica la mancanza di interventi strutturali nel provvedimento.

Il decreto Schillaci: un’analisi critica

Il decreto Schillaci sulle liste d’attesa, attualmente all’esame del Parlamento, sembra incompleto.

Considerando gli ultimi anni di sofferenza del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), cerca di affrontare il problema enorme di quasi 20 milioni di prestazioni perse tra il 2019 e il 2021 con le poche risorse disponibili negli ospedali, un personale stremato e risorse insufficienti.

Nonostante le buone intenzioni, ci sono molti aspetti critici nel decreto.

La libera professione intramuraria e altre tematiche

Il decreto punta il dito contro la libera professione intramuraria introducendo interventi coercitivi.

Tuttavia, è evidente che le liste d’attesa sono legate a problemi più ampi, inclusi l’organizzazione delle aziende e del sistema sanitario nel suo complesso, nonché l’assistenza sul territorio, la quale non viene coinvolta adeguatamente.

Critiche del Presidente della Cimo-Fesmed

Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed (medici ospedalieri), riconosce le buone intenzioni del ministro della Salute ma critica il provvedimento.

Pur approvando misure come il Cup regionale, Quici sottolinea la mancanza di interventi strutturali necessari.

Punti critici del Decreto Legge

Tetto sul personale

Uno dei principali punti critici è il mancato sblocco immediato del tetto sul personale, che sarebbe dovuto avvenire senza attendere il 2025.

Quici auspica che il ministro intervenga con un decreto per permettere assunzioni adeguate.

Fabbisogno di medici e infermieri

Il metodo proposto da Agenas per stimare il fabbisogno di medici e infermieri è considerato troppo complicato e inadeguato.

La stima di 10.000 medici in meno non riflette la realtà delle corsie vuote, dei turni coperti a stento e delle file di pazienti nei Pronto Soccorso.

Inoltre, la medicina è cambiata, aumentando gli standard del fabbisogno di medici.

Incremento delle risorse

Per evitare la fuga di medici all’estero o nel settore privato, è necessario un incremento strutturale delle risorse.

Attualmente, l’unico denaro stanziato dal decreto legge è destinato agli straordinari, una soluzione temporanea che non risolve il problema.

Inadeguatezza delle misure di compensazione

L’aumento della retribuzione per gli straordinari non è sufficiente.

È necessaria un’indennità di specificità adeguata per rendere più attraente il Ssn.

Non è solo un problema di Pronto Soccorso; mancano anche chirurghi, anestesisti, rianimatori, radioterapisti, ecc.

Il nuovo contratto 2022-2024 prevede un incremento insufficiente rispetto all’inflazione.

Domanda inappropriata di prestazioni da medicina difensiva

Il fenomeno della medicina difensiva, che costa 10 miliardi, contribuisce a gonfiare le liste d’attesa.

La commissione istituita dal ministro della Giustizia Nordio non sembra modificare sostanzialmente il problema della colpa medica, lasciando una grande quota di inappropriatezza.

I medici continueranno a richiedere più prestazioni del necessario per timore di cause legali, aumentando costi e liste d’attesa.

Prestazioni perse durante la pandemia

Esecuzione delle prestazioni in ospedale

Circa 19,8 milioni di prestazioni sono state eseguite in meno tra il 2019 e il 2021 a causa della pandemia.

Questo calo significativo denota un gap nell’offerta sanitaria, anche dovuto all’assenza di prevenzione secondaria e terziaria e all’inadeguatezza del territorio nel gestire una parte della domanda.

Gestione delle prestazioni fuori dall’ospedale

Il maggior calo delle prestazioni ha riguardato aree gestibili fuori dall’ospedale, come psichiatria (-37%), oculistica (-21,67%) e dermatologia (-19%).

Non è possibile chiedere ulteriori sforzi ai medici ospedalieri, già sovraccarichi.

Le liste d’attesa devono essere affrontate in modo olistico, considerando l’intero sistema sanitario.

Mastercard e MTA collaborano sui pagamenti sanitari transfrontalieri

La Medical Tourism Association lancerà una piattaforma unica con funzionalità di pagamento Mastercard per offrire maggiore comodità, flessibilità e fiducia al settore del turismo medico.

Risposta alla necessità di semplificazione

In risposta alla crescente necessità di semplificare l’accesso all’assistenza sanitaria globale per i turisti medici, Mastercard e la Medical Tourism Association (MTA) hanno annunciato una partnership esclusiva per modernizzare l’esperienza di assistenza sanitaria end-to-end per pazienti e operatori sanitari in tutto il mondo.

La Medical Tourism Association utilizzerà la tecnologia delle carte virtuali commerciali di Mastercard per andare oltre l’organizzazione dei trattamenti e facilitare pagamenti rapidi e sicuri con gli operatori sanitari.

Innovazione nel settore del turismo medico

Questa è una mossa unica nel suo genere per il settore del turismo medico, che è rimasto in gran parte dipendente da denaro contante e bonifici bancari, portando a una mancanza di trasparenza finanziaria e a opzioni di pagamento limitate per le persone che cercano trattamenti all’estero.

Le intuizioni di un recente sondaggio sui pazienti del turismo medico rivelano che oltre la metà dei pazienti a livello globale ha espresso preoccupazioni sui pagamenti internazionali a causa di costi nascosti, complessità del tasso di cambio e maggiore rischio di frode, dimostrando una chiara necessità di migliorare il processo di pagamento.

Le parole di Mastercard

“Come azienda tecnologica globale, innoviamo costantemente per risolvere i punti critici in più settori e semplificare il modo in cui il denaro fluisce tra persone e aziende”, ha affermato Chad Wallace, responsabile globale delle soluzioni commerciali di Mastercard.

“Stiamo integrando le nostre tecnologie per promuovere esperienze di pagamento più sicure e veloci su larga scala e questa ultima collaborazione sblocca la nostra capacità di estendere ulteriormente i vantaggi delle carte virtuali Mastercard per reinventare l’ecosistema sanitario”.

Facilitazione del processo di pagamento

I pazienti potranno semplicemente prenotare e pagare il loro trattamento utilizzando un metodo di pagamento a loro scelta, e l’MTA gestirà senza problemi il resto sfruttando la tecnologia delle carte virtuali di Mastercard.

Non appena il pagamento viene avviato e convalidato, il partner bancario dell’MTA emetterà una carta virtuale Mastercard per pagare direttamente il fornitore di assistenza sanitaria.

Vantaggi per i fornitori di servizi sanitari

L’introduzione delle carte virtuali porta anche una serie di vantaggi ai fornitori, tra cui una maggiore sicurezza, controlli robusti e dati di rimessa in tempo reale per una riconciliazione più efficiente.

Sviluppo della piattaforma "Better by MTA"

Per andare oltre la risoluzione dei punti dolenti nei pagamenti sanitari, la MTA sta sviluppando “Better by MTA”, una nuova piattaforma user-friendly integrata con le capacità di pagamento di Mastercard che mira a riunire servizi medici e di viaggio.

Dal pagamento e dalla pianificazione di una procedura alla prenotazione di viaggi, trasporti e alloggi corrispondenti, i pazienti saranno in grado di gestire con sicurezza ogni aspetto del loro viaggio all’interno della stessa piattaforma.

Better by MTA ha lo scopo di semplificare le scelte di viaggio, snellire il processo di pagamento e consentire di confrontare senza sforzo le opzioni di assistenza, sostituendo più strumenti di prenotazione con un’esperienza connessa e one-stop per le esigenze di viaggio medico.

La missione della Medical Tourism Association

“Per quasi due decenni, abbiamo svolto un ruolo fondamentale nel fornire un’assistenza sanitaria accessibile, trasparente e di alta qualità, mettendo in contatto i pazienti con un’ampia rete di fornitori fidati e accreditati in tutto il mondo“, ha affermato Jonathan Edelheit, presidente e co-fondatore della Medical Tourism Association.

“Sviluppare un’unica interfaccia con funzionalità e servizi di pagamento Mastercard integrati è un passaggio fondamentale nella nostra missione per rendere l’assistenza sanitaria di qualità sicura e accessibile oltre confine”.

Lancio globale delle nuove funzionalità

Mastercard e MTA stanno inizialmente lanciando queste nuove funzionalità di pagamento con diversi fornitori di servizi sanitari in tutto il mondo e prevedono di estenderle ad altri fornitori a livello globale entro la fine del 2024.

Ripristinata la mobilità del braccio con una clavicola 3D

In un evento pionieristico per la medicina italiana, un uomo ha recuperato la mobilità del braccio grazie a un intervento che ha coinvolto l’uso di una clavicola personalizzata in 3D e un trapianto di tendine.

Un'intervento pionieristico in Italia

Per la prima volta in Italia, un uomo ha ripreso a muovere il braccio grazie ad una clavicola personalizzata in 3D e ad un trapianto di tendine.

È la seconda operazione al mondo di questo genere realizzata con successo.

Il paziente e la sua storia

L’intervento è stato realizzato dai sanitari dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino su un uomo di 52 anni, un ex pugile amatoriale.

Da anni, il cinquantaduenne soffriva di una lussazione cronica della clavicola destra, causata da un trauma sportivo durante un allenamento.

L’uomo era abituato a frequentare le palestre e a vivere con energia e vitalità, ma si è trovato improvvisamente costretto a rinunciare alla sua passione ed alla sua routine quotidiana.

Un dolore persistente e apparentemente senza soluzione

Nonostante le numerose sedute di fisioterapia e i numerosi esami diagnostici, la sua condizione sembrava senza via d’uscita.

Era bloccato in una morsa di dolore e di immobilità che comprometteva anche la normale funzionalità respiratoria.

La svolta è arrivata dopo una visita presso l’ospedale Molinette di Torino, dove i sanitari hanno ritenuto di sottoporre l’uomo a un intervento innovativo e rivoluzionario.

Una tecnica innovativa e rivoluzionaria

L’équipe di Chirurgia toracica, diretta dal professor Enrico Ruffini, ha effettuato un intervento straordinario utilizzando la stampa 3D in titanio.

I medici hanno creato un modello identico all’articolazione e lo hanno utilizzato come guida per forare con precisione sia la clavicola sia lo sterno del paziente, garantendo il perfetto riallineamento delle ossa.

Collaborazione con l'azienda Osteobionix

Osteobionix è l’azienda che ha sviluppato il dispositivo in titanio utilizzato per l’operazione.

Il tutto è stato eseguito con sicurezza, precisione ed accuratezza.

L’intervento, durato circa 5 ore, ha inoltre incluso l’uso di un tendine donato dalla Banca dei Tessuti Muscolo Scheletrici dell’ospedale CTO, per garantire la stabilità dell’articolazione e sostenere il riallineamento delle strutture articolari.

Ruolo cruciale dei chirurghi toracici

I chirurghi toracici sono stati fondamentali nell’operazione perché la porzione articolare interessata era quella che si collega con lo sterno, richiedendo una competenza specifica per intervenire sulla parete toracica.

Risultati eccezionali nel periodo post-operatorio

Il periodo post-operatorio ha fatto raggiungere risultati eccezionali.

Il paziente ha riacquistato la completa mobilità del braccio, permettendogli di tornare alle normali attività quotidiane senza i dolori e le limitazioni del periodo precedente l’intervento.

Un team di professionisti altamente qualificati

L’operazione eseguita all’ospedale Molinette di Torino ha cambiato per sempre la vita del paziente e ha aperto nuove prospettive per il trattamento di patologie simili.

Questo successo è il risultato dell’efficace lavoro di un team di professionisti altamente qualificati, tra cui i chirurghi toraco-polmonari Francesco Guerrera, Paolo Lausi, Stefano Ganio e Paraskevas Lyberis, l’anestesista Giulio Luca Rosboch ed il personale infermieristico dedicato.

Mezzo milione di malati in fuga verso il Nord per cure migliori

La riforma dell’autonomia differenziata potrebbe aggravare una tendenza già preoccupante. Attualmente, la maggior parte dei malati si sposta per ricevere cure di media complessità. Le regioni più colpite da questo fenomeno sono Calabria, Campania, Sicilia e Puglia.

Viaggi della speranza

Partono con le loro preoccupazioni e il loro desiderio di guarire, spesso insieme a familiari o amici.

Si spostano per curarsi, in molti casi perché cercano centri di eccellenza oppure perché non si fidano dell’assistenza nella loro Regione.

Circa mezzo milione di italiani ogni anno intraprendono quelli che un tempo si chiamavano, con una brutta espressione, viaggi della speranza.

Di solito, il flusso di malati è dal Sud verso il Nord, anche se va ricordato che nel dato generale ci sono anche coloro che si muovono nella Regione confinante alla propria semplicemente perché lì si trovano le strutture sanitarie più vicine a dove abitano.

I timori per l’autonomia differenziata

Certi viaggi si svolgono perché, a ragione o a torto, si ritiene che in certe Regioni le cure siano migliori.

Proprio per questo, il timore di medici, sindacati, e ricercatori è che con la riforma dell’autonomia differenziata, che farà crescere di più le realtà locali già forti e metterà in difficoltà le più deboli, la cosiddetta mobilità sanitaria diventi ancora più frequente.

«Gli spostamenti in sé non sono legati alla ricchezza del bilancio delle Regioni ma più che altro alla efficienza di presa in carico del paziente», dice Francesco Perrone, il presidente dell’Associazione di oncologia medica Aiom, che lavora al Pascale di Napoli ed è stato uno dei 14 firmatari (tra i quali il Nobel Giorgio Parisi) di un appello per il sistema sanitario che ha avuto enorme risonanza.

«Chi è malato non può umanamente reggere liste di attesa troppo lunghe, quindi ha bisogno che la Regione dove vive sia organizzata. Sennò va via. In questo periodo il Meridione sta migliorando, i segnali ci sono».

La riforma potrebbe bloccare la crescita. «I timori riguardano la concorrenza tra vari servizi pubblici per il personale. Se le Regioni ricche pagano un giovane medico il triplo, le povere avranno enormi problemi a reclutare i professionisti, compresi gli infermieri. Questo ricadrebbe pesantemente su tutto il sistema e direttamente sulla salute dei pazienti». Che tra l’altro si sposteranno di più, verso Nord.

Non è preoccupato il ministro alla Salute Orazio Schillaci, che ha spiegato come «l’autonomia differenziata già esiste in sanità. Le Regioni hanno grande autonomia, in questo settore cambierà poco. Ma può essere uno stimolo per migliorare per chi, magari, non è stato particolarmente performante negli ultimi anni».

Dalla Calabria il 50% dei malati

I dati di Agenas, l’Agenzia nazionale sanitaria delle Regioni, sui flussi 2022 smentiscono alcuni luoghi comuni.

La maggior parte di chi si sposta (328 mila malati) lo fa infatti per ricevere cure di media complessità.

Quelle di alta complessità riguardano 94 mila persone.

Poi ci sono 72 mila cittadini che si muovono per prestazioni considerate a rischio inappropriatezza, cioè che potrebbero essere inutili.

In oncologia più di un paziente su dieci, cioè 28 mila su 240 mila, cambia Regione per curarsi.

La realtà più attrattiva, come noto, è la Lombardia, che assiste quasi 8.400 malati di cancro in arrivo da fuori, ai quali dedica il 18% della sua attività in questo campo. Seguono il Veneto con 4.200 (16%), il Lazio con 4 mila (15%), la Toscana con 2.600 (13%) e l’Emilia-Romagna con 2.100 (11%).

Le fughe più significative si hanno da Campania (3.380 e cioè il 18% dei malati), Calabria (3.200 e addirittura il 50% dei malati), Sicilia (2.400 e 16%) e Puglia (2.300 e 14%), che però esercita anche attrazione in entrata e così ha il saldo tra chi esce e chi arriva meno pesante di tutto il Sud.

Perrone a suo tempo si era espresso contro la riforma. «Ora però ci vuole buonsenso, visto che il Parlamento la ha approvata. Vediamo che ruolo avrà il governo, e nel nostro caso il ministero alla Salute, nel mettere in campo contrappesi e misure di garanzia dell’equità.

Qualche segnale c’è.

Noi, come oncologi, siamo pronti a collaborare con tutti».

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Corsa alla chirurgia estetica lascia ospedali senza medici

Specializzazioni in chirurgia estetica al completo, mentre quelle in oncologia e toracica restano vacanti. “Un intervento estetico può fruttare quanto uno stipendio mensile di un medico ospedaliero.”

Le preferenze dei giovani medici

Quando si tratta di scegliere se impugnare un bisturi, i giovani laureati in medicina hanno le idee molto chiare.

Preferiscono tirare fuori dallo sterilizzatore gli strumenti necessari per gli interventi estetici piuttosto che quelli che si usano per curare tumori o altri problemi più o meno gravi.

A dirlo sono i risultati degli ultimi bandi per le scuole di specializzazione universitarie, quelli assegnati a fine anno scorso (in questi giorni iniziano le selezioni per il 2024).

La popolarità della chirurgia estetica

Se ci fossero ancora più borse in chirurgia plastica ed estetica rispetto alle 119 messe a disposizione, sicuramente verrebbero tutte prese.

Il 97% dei posti, cioè 116, nel 2023 è infatti stato occupato.

Tre sono rimasti vacanti solo perché i dottori che li avevano ottenuti hanno poi cambiato idea e si sono spostati in altre specializzazioni.

La scarsa attrattiva della chirurgia generale

Le altre discipline chirurgiche, invece, sono in affanno e restano ben distanti dall’occupare tutti i posti.

Il caso più eclatante è quello della chirurgia generale, dove di 686 borse ne sono state assegnate 260, cioè appena il 38%.

«La nostra specialità è sempre meno attrattiva — spiega Vincenzo Bottino, presidente di Acoi, l’associazione dei chirurghi ospedalieri — Il problema sono i contenziosi medico-legali, sempre più diffusi, e il fatto che ci occupiamo spesso di emergenza.

I chirurghi plastici rischiano il contenzioso pure loro ma generalmente i loro sono interventi più semplici».

La tendenza verso il privato

Inoltre, la chirurgia plastica viene svolta principalmente nel settore privato.

Quel tipo di chirurgia, infatti, spinge i professionisti verso ambulatori e cliniche dove, vista la richiesta di ritocchi di vario genere, anche da parte di ragazze che chiedono ai genitori come regalo le protesi al seno, fanno ottimi affari.

Nel settore pubblico restano quelli che si occupano di patologie oncologiche, come il melanoma e gli altri tumori della pelle, o di ricostruzioni dopo traumi e malattie.

La difficoltà di reclutamento

«Abbiamo difficoltà a trovare colleghi che lavorino con noi in ospedale — spiega Lorenzo Borgognoni, che coordina il gruppo chirurgico nazionale dell’Imi, l’Intergruppo melanoma italiano, e dirige la chirurgia plastica e ricostruttiva e centro di riferimento toscano per il melanoma, all’ospedale di Ponte a Niccheri a Firenze — Molti professionisti percorrono la strada privata.

Pochi scelgono la chirurgia ricostruttiva, ad esempio la chirurgia plastica oncologica.

Con i colleghi degli altri ospedali ci confrontiamo spesso perché constatiamo la carenza di candidati nei concorsi per dirigente medico in ambito nazionale».

L'educazione nelle scuole

Gran parte degli specializzati sceglie la chirurgia estetica. «È comunque un settore con una sua dignità — dice Borgognoni — ed è importante che ad occuparsene siano persone preparate, specialisti ben formati.

Scelgono in tanti quella strada perché con un intervento guadagnano quanto prende un ospedaliero in un mese di lavoro».

Poco conta se chi sta nel pubblico si occupa di casi più gravi.

Per far comprendere gli aspetti positivi del lavoro all’interno dell’ospedale, Acoi, spiega ancora Bottino, sta preparando «una campagna educativa nelle scuole, anche tra chi è iscritto ai primi anni di medicina.

I giovani sono spaventati dalla chirurgia, vedono ostacoli e difficoltà mentre la gratificazione che dà salvare la vita delle persone oggi sembra sia secondaria».

Le sfide della chirurgia toracica

La specialità che assegna meno borse di specializzazione, 28 e cioè appena il 30% del totale, è la chirurgia toracica, un’altra disciplina prettamente pubblica.

Del resto, i privati non sono interessati a fare interventi complessi come quelli sul tumore al polmone.

Mario Nosotti è ordinario e presidente eletto della società scientifica della chirurgia toracica. «Per noi, intanto, c’è un problema di accesso alla specialità. Prima che il concorso fosse unico e nazionale, ogni settore faceva i suoi bandi. E così gli studenti di medicina venivano prima a vedere come si lavora in chirurgia toracica. Adesso la nostra branca è diventata di nicchia, poco conosciuta. Inoltre, il lavoro è impegnativo, richiede dedizione e infatti qualcuno dopo aver visto per un anno come funziona cambia».

Migliorare le condizioni dei medici

Per Nosotti, infine, c’è un tema più generale: «I medici devono essere pagati meglio, recuperare un ruolo che hanno perso, e se ci facessero fare meno burocrazia potremmo dedicarci di più al lavoro, cosa che ci farebbe diventare più attrattivi per i giovani colleghi e al contempo ridurrebbe le carenze degli organici».

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