Impiantate due protesi nello stesso cuore battente alle Molinette

Nel reparto di cardiochirurgia dell’Ospedale Molinette di Torino, è stato eseguito un intervento cardiochirurgico mai sperimentato prima in Italia e tra i primi al mondo. Questo intervento ha comportato l’impianto simultaneo di due protesi cardiache: una protesi aortica e una mitralica, eseguite mentre il cuore del paziente batteva.

Il paziente e le sue condizioni

Il paziente coinvolto in questa avventura medica è un uomo di 66 anni proveniente dalla provincia di Asti.

Era affetto da una grave malattia che coinvolgeva due delle sue valvole cardiache: la valvola aortica e la valvola mitralica.

Questa condizione richiedeva un intervento cardiochirurgico urgente, poiché il suo cuore era sempre più affaticato, impedendogli di condurre una vita normale.

Purtroppo, il quadro polmonare del paziente era così compromesso da rendere l’intervento tradizionale, a cuore aperto, un’opzione impossibile.

L'intuizione dei medici

Il cardiochirurgo  professor Stefano Salizzoni, noto per le sue capacità innovative, è stato determinante nella ricerca di una soluzione per il paziente.

La sua intuizione lo ha portato a considerare l’impianto di due protesi cardiache mentre il cuore del paziente batteva.

Questa procedura medica estremamente complessa aveva solo due casi documentati in tutto il mondo e non era mai stata eseguita in Italia.

Per trasformare questa visione in realtà, il primario del reparto, il professor Mauro Rinaldi, ha deciso di coinvolgere ingegneri medici nella simulazione dell’intervento.

Il ruolo cruciale degli ingegneri

Sebbene l’impianto di una protesi aortica a cuore battente fosse diventato un intervento di routine, e l’impianto di protesi mitraliche fosse stato effettuato su numerosi pazienti, la combinazione delle due procedure rappresentava una sfida significativa.

Le due protesi, interagendo tra loro, potevano causare gravi complicazioni.

Per valutare la fattibilità dell’intervento, sono state effettuate ecocardiografie dal dottor Gianluca Alunni e una tomografia computerizzata dal professor Riccardo Faletti presso la radiologia universitaria, diretta dal professor Paolo Fonio.

Le immagini risultanti sono state elaborate da un team di ingegneri medici, tra cui i professori Umberto Morbiducci e Diego Gallo del dipartimento di ingegneria meccanica e aerospaziale del Politecnico di Torino.

La collaborazione con il gruppo CompMech dell’Università di Pavia, diretto dai professori Michele Conti e Ferdinando Auricchio, e con il laboratorio 3D4Med del Policlinico San Matteo di Pavia, guidato dall’ingegnere Stefania Marconi, ha portato alla realizzazione di una stampa 3D del cuore del paziente, su cui sono stati impiantati fac-simile delle due protesi cardiache.

L'intervento

L’intervento, eseguito dal professor Stefano Salizzoni con il supporto dei dottori Antonio Montefusco e Michele La Torre, è stato guidato dalla sorveglianza ecocardiografica del dottor Alessandro Vairo e dall’attenta anestesia del dottor Tommaso Pierani.

L’operazione è durata circa due ore ed è stata un successo perfetto.

Il paziente è stato dimesso dal reparto in pochi giorni, avviando il percorso di recupero.

Un esempio di eccellenza medica

L’azienda ospedaliera ha dichiarato con orgoglio che l’Ospedale Molinette continua a distinguersi per la sua capacità di compiere interventi innovativi a livello mondiale.

La collaborazione con gli ingegneri del Politecnico di Torino è stata fondamentale e rappresenta un passo avanti nella ricerca medica.

Questi successi aprono nuove strade per la medicina cardiochirurgica e promettono di salvare vite che in passato sembravano impossibili da curare.

Sanità pubblica, fiducia minata dalle lunghe liste d’attesa

In Italia, oltre il 50% delle persone attende mesi per visite ed esami medici, mentre il 60% esprime insoddisfazione riguardo agli ospedali del Sud, spingendosi verso strutture private

Crescente insoddisfazione nella sanità pubblica

Dopo il superamento dell’onda iniziale della pandemia di Covid-19, che ha messo in luce le sfide strutturali, come la carenza di posti letto in terapia intensiva, il sistema sanitario pubblico italiano sta vivendo un periodo di crescente sfiducia.

Questa tendenza ha spinto numerosi professionisti sanitari, inclusi medici e infermieri, a cercare opportunità di lavoro presso strutture sanitarie private o all’estero, generando preoccupazioni sulla sostenibilità del sistema pubblico.

Il giudizio degli italiani sul SSN

Attualmente, più del 50% degli italiani non considera soddisfacente il servizio sanitario pubblico nel suo complesso, e quasi il 60% ritiene che si sia deteriorato negli ultimi quattro anni, rispetto al periodo precedente la pandemia.

La principale fonte di preoccupazione per gli italiani è l’organizzazione dei servizi pubblici, più che la qualità delle cure.

Il 47% degli intervistati ritiene che i servizi pubblici siano meno efficienti rispetto a quelli offerti dalle strutture private, mentre solo l’11% li ritiene superiori.

Il problema delle liste d'attesa

Le lunghe liste d’attesa rappresentano uno dei principali motivi di insoddisfazione.

Per le visite specialistiche, il 53% degli italiani deve attendere mesi prima di essere visitato, e un ulteriore 18% deve aspettare almeno un anno.

Per gli esami diagnostici, il 48% dei pazienti deve aspettare mesi, e il 12% deve attendere più di un anno prima di poter accedere ai servizi.

Solo l’8% degli italiani dichiara di essere soddisfatto dei tempi di attesa.

Disparità territoriali

La percezione della qualità dei servizi sanitari varia notevolmente in tutto il paese.

Solo il 14% degli italiani ritiene che l’offerta sanitaria pubblica sia uniformemente di alta qualità in tutte le regioni.

La maggioranza degli italiani (oltre il 60%) ritiene che la performance della sanità pubblica sia migliore nelle regioni settentrionali.

Rivalorizzazione della Sanità Pubblica

L’82% degli italiani condivide l’affermazione del Presidente della Repubblica Mattarella, che ha sottolineato l’importanza della sanità come un “patrimonio prezioso da difendere.”

Questo dimostra una crescente consapevolezza della necessità di rivalutare e rafforzare la sanità pubblica in Italia, non solo come un diritto costituzionale, ma come un elemento fondamentale per il benessere collettivo.

Gli italiani sperano che il governo attribuisca priorità alla rivalorizzazione e all’investimento nella sanità pubblica, riconoscendo la sua importanza vitale per la società nel suo complesso.

Sanità Pubblica e Digitale, una richiesta chiara da parte degli italiani

Gli italiani rimangono fermamente devoti alla sanità pubblica e ritengono che il governo debba rendere la salute una priorità nella pianificazione finanziaria, sottolineando l’urgenza di riforme e investimenti per garantire assistenza di alta qualità a tutti i cittadini.

Liste d'attesa, un ostacolo persistente

Una delle questioni più pressanti che affliggono il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano è la persistente presenza di lunghe liste d’attesa per visite ed esami medici.

Questo problema cruciale impone un onere significativo sui pazienti, spesso costretti a attendere settimane o addirittura mesi prima di ricevere l’assistenza di cui hanno bisogno.

È evidente che migliorare l’accesso rapido e agevole ai servizi sanitari rappresenta una priorità indiscutibile.

Difficoltà nell'accedere a visite ed esami

Un’altra sfida rilevante è la difficoltà che molti italiani incontrano nell’accedere alle visite mediche e agli esami diagnostici.

Questa difficoltà è spesso attribuita a vincoli organizzativi e risorse insufficienti, il che mette in luce la necessità di migliorare l’efficienza del sistema sanitario in termini di erogazione di servizi tempestivi.

Pronto soccorso saturi

I pronto soccorso in Italia sono spesso ingolfati, creando ulteriori disagi per i pazienti in cerca di cure immediate.

Questa situazione mette in evidenza la necessità di un approccio strategico per affrontare l’ingorgo nei pronto soccorso e garantire un accesso adeguato a chiunque ne abbia bisogno.

Operatori stressati e in fuga

Una delle sfide più significative del sistema sanitario italiano riguarda la situazione degli operatori sanitari, in particolare dei medici.

Un numero significativo di medici italiani è sotto pressione costante, e molti valutano seriamente l’opportunità di emigrare all’estero in cerca di condizioni di lavoro migliori.

Questa situazione solleva domande cruciali sulla necessità di preservare la forza lavoro sanitaria in Italia e fornire incentivi adeguati per attirare e trattenere medici altamente qualificati.

La Sanità Pubblica rimane un imperativo

Nonostante le numerose sfide, la stragrande maggioranza degli italiani resta convinta che la sanità debba rimanere di proprietà pubblica.

Questo sostegno alla sanità pubblica è radicato nell’identità nazionale e riflette l’importanza attribuita a un sistema di salute accessibile ed equo.

Le aspettative dei cittadini

La maggior parte dei cittadini ritiene che il governo debba fare della sanità una priorità nella pianificazione finanziaria, sottolineando l’importanza di investire in infrastrutture sanitarie, risorse umane e tecnologie mediche per migliorare l’assistenza sanitaria complessiva.

Per migliorare l’assistenza sanitaria, una significativa percentuale della popolazione suggerisce di concentrarsi sull’incremento del personale medico, sull’aumento dei finanziamenti destinati al settore e sulla riforma delle organizzazioni sanitarie al fine di ottimizzare l’erogazione dei servizi.

Le differenze tra Nord e Sud

L’indagine mette in evidenza notevoli differenze nelle performance della sanità pubblica tra il Nord e il Sud del Paese.

Queste disparità influenzano le opinioni sul miglior modello di sistema sanitario, con i cittadini del Nord che spesso preferiscono un modello regionale, mentre quelli del Sud preferiscono interventi statali.

Tuttavia, la sanità pubblica rimane un comune denominatore, indipendentemente dalla regione.

In sintesi, il sistema sanitario italiano richiede riforme sostanziali per affrontare le sfide attuali e garantire una sanità pubblica efficace, equa e accessibile a tutti i cittadini, indipendentemente dalla regione di residenza.

Mano Bionica. Integrazione naturale con il sistema nervoso e scheletrico

Una avanzata interfaccia uomo-macchina impiantata direttamente nelle ossa, nervi e muscoli residui è stata utilizzata con successo per oltre tre anni da una donna svedese. Il controllo è agevole e i dolori legati all’arto fantasma si sono notevolmente ridotti, grazie a un progetto guidato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Karin e la sua straordinaria storia

Karin, una donna svedese, ha perso la sua mano destra in un tragico incidente in un’azienda agricola due decenni fa.

Tuttavia, oggi è in grado di svolgere attività quotidiane come afferrare oggetti, premere pulsanti e compiere movimenti precisi con una protesi bionica all’avanguardia.

L'incredibile durata e funzionalità della protesi

Questa protesi bionica, parte del progetto DeTOP finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020 e coordinato da Christian Cipriani della Scuola Sant’Anna, Pisa, è stata utilizzata da Karin in modo intensivo per tre anni ed è ancora perfettamente funzionante.

Soluzione alle sfide delle protesi tradizionali

Nel campo delle protesi, ingegneri e professionisti della salute devono costantemente affrontare sfide, come la necessità di collegare l’arto artificiale all’arto naturale in modo semplice ed efficace, garantendo un controllo preciso dei movimenti.

Spesso, le persone che hanno subito amputazioni rinunciano a protesi meccaniche a causa di problemi legati all’aggancio e al controllo.

Innovazione osteointegrativa

La protesi utilizzata da Karin si basa su un’interfaccia uomo-macchina basata sull’osteointegrazione, che coinvolge l’impianto del supporto protesico direttamente nell’osso residuo.

Questo metodo consente connessioni elettriche con il sistema nervoso tramite elettrodi impiantati nei nervi e nei muscoli.

Successo e sollievo dal dolore

Oltre all’eccezionale funzionalità, l’integrazione della mano bionica con le parti rimaste dell’arto ha portato notevole sollievo a Karin dalla “sindrome dell’arto fantasma” e le ha permesso di ridurre l’uso di farmaci.

Questi risultati rappresentano un passo significativo nell’ambito delle protesi.

Testimonianza di successo

Max Ortiz Catalan, capo della ricerca sulle protesi neurali presso il Bionics Institute in Australia e fondatore del Center for Bionics and Pain Research in Svezia, ha sottolineato che Karin è stata la prima persona a ricevere questa nuova mano bionica altamente integrata e che la sua esperienza dimostra il potenziale di questa tecnologia nel cambiare la vita delle persone amputate.

Integrazione biologica e connessioni avanzate

L’integrazione biologica dell’impianto in titanio nell’osso residuo è fondamentale per migliorare la qualità di vita degli amputati.

Combina l’osteointegrazione con la chirurgia ricostruttiva, gli elettrodi impiantati e l’intelligenza artificiale, creando un efficace sistema di protesi.

Il futuro delle protesi bioniche

Questo approccio integrato tra chirurgia e ingegneria apre nuove prospettive per il futuro delle protesi.

Le persone che soffrono di perdita degli arti possono ora scegliere tra soluzioni personalizzate, che includono protesi neuromuscoloscheletriche altamente avanzate, con l’obiettivo di migliorare significativamente la loro qualità di vita.

Nuova terapia genica contro le metastasi del fegato

Le cellule tumorali, durante la progressione, possono colonizzare il fegato, formando metastasi resistenti alle terapie, incluso l’immunoterapia. La resistenza alle terapie farmacologiche nelle metastasi epatiche è strettamente legata alla scarsa attivazione delle cellule immunitarie presenti nel fegato.

Una nuova strategia di terapia genica

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) ha sviluppato, in modelli sperimentali, una promettente strategia di terapia genica.

Questa strategia mira a ingegnerizzare in vivo alcune cellule immunitarie del fegato, chiamate macrofagi epatici o cellule di Kupffer, con l’obiettivo di riattivare le loro risposte immunitarie.

Questa innovativa approccio ha dimostrato di prevenire la tossicità sistemica e di trasformare il microambiente tumorale da immunosoppressivo a immunostimolante, portando all’inibizione della crescita delle metastasi.

I risultati pubblicati su Cancer Cell

I risultati di questa ricerca rivoluzionaria sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “Cancer Cell”.

Lo studio è stato coordinato dal professor Luigi Naldini, direttore del San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy (SR-Tiget) e professore all’Università Vita-Salute San Raffaele, insieme a Mario Leonardo Squadrito, project leader dell’Unità Targeted Cancer Gene Therapy.

Questi risultati gettano le basi per lo sviluppo clinico di una nuova strategia genica per i pazienti affetti da metastasi al fegato.

Autori chiave dello studio

I primi autori di questo studio pionieristico sono Thomas Kerzel e Giovanna Giacca, che hanno partecipato alla ricerca per il conseguimento del dottorato di ricerca.

La ricerca è stata principalmente sostenuta dal programma “5 per mille” della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e dalla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica.

Le sfide delle metastasi epatiche

La presenza di metastasi epatiche, specialmente da tumori gastrointestinali come il carcinoma del colon-retto e l’adenocarcinoma duttale del pancreas, rappresenta un grave fattore prognostico negativo.

Nonostante i progressi nei trattamenti farmacologici, come l’immunoterapia, l’opzione terapeutica più efficace rimane la resezione chirurgica, sebbene non sia applicabile a tutti i pazienti e spesso ottenuta solo con successo parziale.

L’alta incidenza di metastasi epatiche è in parte attribuita al microambiente tumorale immunosoppressivo del fegato, che sopprime le risposte immunitarie protettive e promuove meccanismi favorevoli alla crescita tumorale.

L'approccio della terapia genica

Il team di ricercatori del San Raffaele ha sviluppato una nuova piattaforma di terapia genica basata su vettori lentivirali.

Questa piattaforma permette di ingegnerizzare selettivamente i macrofagi epatici, che svolgono un ruolo chiave nella regolazione delle risposte immunitarie.

Questi macrofagi, quando sono attratti vicino a un tumore, possono svolgere un ruolo immunosoppressivo, favorendo la crescita del tumore.

Il ruolo dei macrofagi modificati geneticamente

I macrofagi modificati geneticamente rilasciano molecole immunostimolanti, in particolare l’interferone di tipo I (IFNα).

Questa molecola svolge un ruolo fondamentale nel risvegliare il sistema di difesa del nostro corpo, stimolando i linfociti T, che sono in grado di riconoscere e uccidere le cellule tumorali.

L’approccio del team consente di riorientare il microambiente tumorale verso una risposta immunitaria attiva.

Tuttavia, i ricercatori hanno notato che alcuni meccanismi nel fegato tendono a sopprimere le risposte immunitarie, anche all’IFNα.

Per affrontare questa sfida, hanno combinato il rilascio di IFNα con un’immunoterapia già utilizzata per altri tumori, basata sul blocco di recettori inibitori dei linfociti, rinforzando ulteriormente la risposta immunitaria contro le metastasi.

Successi terapeutici nei topi di laboratorio

Grazie a un microambiente più favorevole, instaurato dopo l’ingegnerizzazione dei macrofagi, l’immunoterapia ha dimostrato un notevole successo terapeutico nei topi di laboratorio affetti da metastasi epatiche da cancro al colon e al pancreas.

Prospettive future

Sebbene lo studio sia finora limitato a studi sperimentali di laboratorio, i risultati ottenuti dai ricercatori del San Raffaele indicano una possibile rivoluzione nella terapia delle metastasi epatiche.

Questi risultati gettano le basi per lo sviluppo clinico di una nuova strategia di terapia genica per i pazienti affetti da metastasi epatiche.

Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per valutarne la sicurezza e la compatibilità per l’utilizzo negli esseri umani.

In conclusione, questa innovativa ricerca offre nuove speranze per i pazienti con metastasi epatiche, aprendo la strada a trattamenti più efficaci e mirati in futuro.

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Salute senza confini, AIP Clinic è il primo ospedale digitale internazionale

AIP Clinic è il primo ospedale digitale internazionale a operare a livello dell’Unione Europea, rivoluzionando l’assistenza sanitaria attraverso soluzioni dermatologiche guidate dall’intelligenza artificiale. 

Un'ospedale digitale senza confini

Nel mondo dei servizi globali come Amazon e Netflix, l’assistenza sanitaria è stata spesso intralciata dai confini nazionali.

Tuttavia, AIP Clinic sta cambiando il gioco come il primo grande ospedale digitale internazionale che offre servizi medici in tutta l’Unione Europea e oltre.

Una risposta globale alle necessità sanitarie

In un’epoca di globalizzazione e interconnessione, la richiesta di soluzioni sanitarie transfrontaliere efficienti è cresciuta in modo esponenziale.

AIP Clinic mira a creare un ospedale digitale paneuropeo che affronti problemi dermatologici a distanza, accessibile a cittadini europei.

La Direttiva UE sull’assistenza sanitaria transfrontaliera consente ora a tutti i cittadini di ricevere cure mediche in un altro Stato membro, inclusa la prescrizione elettronica.

L'Innovazione di AIP Clinic

AIP Clinic è originariamente un’azienda di sviluppo di intelligenza artificiale che ora offre assistenza sanitaria digitale completa.

La loro soluzione principale è AIPDerm, un ospedale digitale dermatologico guidato dall’intelligenza artificiale che ha già aiutato oltre 30.000 pazienti.

Diagnosi dermatologica efficientemente potenziata

AIPDerm consente diagnosi e trattamenti dermatologici professionali basati su foto inviate da pazienti a un ospedale digitale online.

L’intelligenza artificiale assiste nella diagnosi e gestione, semplificando il lavoro amministrativo e accelerando l’efficienza dei medici.

Impatto positivo sull'efficienza medica

L’efficienza aumenta notevolmente grazie all’IA, con un dermatologo in grado di gestire 40 casi all’ora, rispetto ai precedenti 4, affrontando così la carenza globale di medici e riducendo i tempi di attesa per gli appuntamenti.

Accesso migliorato e costi ridotti

AIP Clinic offre cure dermatologiche complete a un prezzo inferiore rispetto al mercato, aumentando l’accesso alle cure specializzate e riducendo le liste di attesa.

Missione sociale e ambizioni future

AIP Clinic non si limita a offrire assistenza sanitaria digitale avanzata ma cerca anche di affrontare la questione dell’accesso all’assistenza sanitaria attraverso iniziative sociali e collaborazioni benefiche.

Sfide e prospettive nell'assistenza sanitaria digitale

Mentre l’assistenza sanitaria digitale apre nuove opportunità, il team di AIP Clinic sottolinea che le tecnologie digitali da sole non risolveranno tutte le sfide del settore sanitario.

È necessaria un’organizzazione olistica, compresa la sicurezza dei dati dei pazienti e la compatibilità tra le soluzioni, per affrontare con successo i problemi critici come la carenza di personale, l’interoperabilità dei sistemi e l’equità nell’accesso alle cure.

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Al San Martino di Genova binomio di Software e AI per le arterie”

Il software con l’aggiunta dell’Intelligenza Artificiale apporta un significativo miglioramento, offrendo immagini notevolmente più nitide e complete.

Policlinico San Martino di Genova

Il reparto di Cardiologia dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, sotto la direzione del professor Italo Porto, ha recentemente annunciato di aver compiuto un importante passo avanti nella cardiologia interventistica, diventando il primo centro italiano ad utilizzare il nuovo e rivoluzionario software di imaging intravascolare, noto come ‘Ultreon™ 2.0 Software’.

Questa innovazione, che combina l’Intelligenza Artificiale con la Tomografia a Coerenza Ottica, offre ai medici una visione più chiara e completa delle coronarie, supportando in modo significativo gli interventi cardiovascolari.

Il software Ultreon™ 2.0: un nuovo passo nella cardiologia interventistica

Il professor Italo Porto, alla guida del reparto di Cardiologia dell’ospedale, ha annunciato con entusiasmo che il loro centro è stato scelto come centro d’eccellenza nella cardiologia interventistica italiana.

La scelta è stata motivata dalla vasta esperienza del team nell’uso delle tecniche di imaging intracoronarico.

Questo riconoscimento speciale ha permesso loro di diventare il primo ospedale italiano a sperimentare il software Ultreon™ 2.0.

Miglioramento delle procedure angioplastiche con l'Intelligenza Artificiale

Il professor Porto ha sottolineato che questa innovazione è stata particolarmente efficace nell’ottimizzazione delle procedure di angioplastica.

Grazie all’Intelligenza Artificiale e alla Tomografia a Coerenza Ottica, il software Ultreon™ 2.0 offre misurazioni e immagini OCT (Tomografia a Coerenza Ottica) immediatamente disponibili, semplificando notevolmente il lavoro dei medici durante gli interventi.

Questo nuovo strumento ha dimostrato di essere estremamente utile nei casi più complessi, consentendo ai medici di effettuare rilevamenti automatici della placca calcifica e della lamina elastica esterna, visualizzare in tempo reale le immagini angiografiche co-registrate e ottenere una visione tridimensionale delle biforcazioni coronariche.

Il dottor Vergallo soddisfatto della sua esperienza

Il dottor Rocco Vergallo, cardiologo interventista presso l’Ospedale Policlinico San Martino, ha condiviso la sua esperienza positiva nell’utilizzo del software Ultreon™ 2.0. Ha dichiarato: “Abbiamo utilizzato il nuovo software per guidare l’angioplastica in casi complessi, sfruttando le nuove funzionalità potenziate dall‘intelligenza artificiale.

Questo ci ha permesso di effettuare rilevamenti automatici della placca calcifica e della lamina elastica esterna, visualizzare in tempo reale le immagini angiografiche co-registrate e ottenere una visione tridimensionale delle biforcazioni coronariche.

Siamo estremamente soddisfatti dei risultati ottenuti grazie a questa metodica semplificata.”

Il futuro del software Ultreon™ 2.0

Il software Ultreon™ 2.0 ha già ottenuto il marchio CE, il che rappresenta un importante passo avanti verso la sua commercializzazione in Italia.

Si prevede che il software sarà disponibile per la commercializzazione a partire dal prossimo anno, offrendo agli ospedali e ai medici italiani un nuovo strumento rivoluzionario per migliorare l’efficienza delle procedure angioplastiche e ottenere risultati ottimali per i pazienti cardiopatici.

L’Ospedale Policlinico San Martino di Genova si pone in prima linea nell’adozione di questa tecnologia all’avanguardia, dimostrando un impegno continuo per l’innovazione nella cura cardiologica.

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Traumatologia in evoluzione: Mininvasività e Tecnologia

L’ortopedia moderna si sta orientando sempre più verso l’approccio “dall’esterno”, utilizzando strumenti che vengono introdotti attraverso piccoli fori nella pelle. Questo approccio mira a minimizzare il trauma ai tessuti già compromessi da lesioni precedenti.

Traumatologia: cure mininvasive e tecnologie avanzate

Negli ultimi 10 anni, il campo della traumatologia ha subito una rivoluzione epocale nei metodi di trattamento delle fratture derivanti da incidenti stradali, sportivi e domestici.

Questi progressi hanno reso le cure meno traumatiche e meno dolorose per i pazienti.

In passato, i chirurghi erano soliti effettuare ampie incisioni per raggiungere l’osso fratturato e ripristinarne l’integrità.

Oggi, invece, si preferisce utilizzare il bisturi il meno possibile.

I nuovi approcci prevedono l’introduzione di viti e fissatori dall’esterno, sotto il controllo radiografico o, in strutture all’avanguardia, tramite la Tac.

Inoltre, le piastre vengono posizionate attraverso piccoli fori e fatte scivolare tra i muscoli per garantire una corretta posizionamento.

Minore trauma, maggiore guarigione

Questi avanzamenti hanno l’obiettivo principale di evitare di aggiungere ulteriore trauma al paziente.

Prima, i metodi tradizionali comportavano interventi stressanti, soprattutto per chi non era in ottima salute, con un elevato rischio di infezioni su tessuti già traumatizzati e lacerati.

La guarigione delle ferite chirurgiche richiedeva tempi estesi.

In sintesi, la chirurgia mininvasiva, simile ad altre specialità mediche, ha fatto il suo ingresso in traumatologia, contribuendo a rendere i trattamenti più efficaci e meno invasivi.

L'opinione del dott. Fabrizio Cortese

Il dott. Fabrizio Cortese, Presidente di OTODI (Ortopedici Traumatologi Ospedalieri), spiega come questa rivoluzione abbia avuto origine.

Inizialmente, si agiva dall’esterno solo in artroscopia, per eseguire interventi sui menischi all’interno del ginocchio.

Tuttavia, si è presto capito che queste tecniche potevano essere utilizzate anche per trattare fratture, riducendo al minimo i danni ai tessuti circostanti. Cortese sottolinea l’importanza di evitare infezioni ossee, considerate tra le più complesse da gestire.

L’evoluzione metodologica e tecnologica ha avuto inizio con l’Orthopedic Damage Control, che consiste nella fissazione della frattura con viti e fissatori, seguita dall’intervento chirurgico dopo che i tessuti si sono normalizzati.

Questa evoluzione ha proseguito con l’ARIF, la Fissazione artroscopica assistita, che impiega microtelecamere per monitorare con precisione la ricomposizione dell’osso fratturato.

L'importanza della traumatologia mininvasiva oggi

La traumatologia mininvasiva è diventata indispensabile, poiché gli incidenti odierni sono spesso più gravi e traumatici.

Le motociclette sono più veloci, lo sci moderno e le nuove tecniche, come il carving, causano fratture al ginocchio anziché alla tibia, rendendo le lesioni più complesse da curare e con un maggiore rischio di complicazioni.

Pertanto, la traumatologia mininvasiva è diventata fondamentale per affrontare le sfide attuali.

Specializzazione e attrezzature avanzate

Oggi, l’ortopedia e la traumatologia richiedono attrezzature all’avanguardia e medici altamente specializzati.

I professionisti devono essere preparati per affrontare una vasta gamma di fratture in diverse parti del corpo, considerando che ciascuna richiede un approccio specifico.

La specializzazione è diventata essenziale, poiché non tutti gli ortopedici possono affrontare qualsiasi problema.

La necessità di centri specializzati

Il dott. Cortese sottolinea che l’assistenza deve essere erogata su due livelli.

Il primo livello consiste nel fornire cure di base, come il lavaggio e la fissazione della frattura con fissatori, e stabilizzare il paziente.

Questo dovrebbe essere possibile in qualsiasi ospedale.

Tuttavia, la fase successiva, ovvero l’intervento chirurgico per situazioni complesse, richiede competenze specializzate.

Pertanto, sono necessari centri specializzati in chirurgia per specifiche parti del corpo, come il bacino, la caviglia e il ginocchio, che possano trattare un gran numero di casi con l’approccio più adeguato.

È importante che le autorità sanitarie approfondiscano questa questione per sviluppare una Rete trauma nazionale, garantendo così una migliore assistenza ai pazienti traumatizzati.

In conclusione, la traumatologia ha compiuto notevoli progressi grazie all’adozione di tecniche mininvasive e all’uso di tecnologie avanzate.

Questi sviluppi non solo hanno migliorato la cura dei pazienti ma hanno anche reso necessaria una maggiore specializzazione e l’istituzione di centri specializzati per affrontare le sfide sempre più complesse nel campo della traumatologia.

Soluzioni veloci per fratture sportive negli anziani attivi

Negli ultimi anni, triplicato per gli over 65 il numero di traumi a ginocchio, caviglia e gomito, tipici di chi fa sport come bicicletta, moto, tennis, padel, trekking e sci.        Cura e tempi devono adattarsi, i 70enni oggi vivono come i 50enni di prima.

Un cambio nell'approccio alle cure ortopediche

Nell’immediato futuro, sta emergendo una vera rivoluzione nell’approccio alle cure ortopediche, destinata a diventare uno standard diffuso in tutti gli ospedali italiani.

Questo nuovo paradigma prevede che pazienti di 65, 70 o più anni vengano trattati con tecniche di guarigione rapide, che fino a poco tempo fa erano riservate esclusivamente ai pazienti più giovani.

L'incontro dei specialisti a Riccione

Il congresso annuale degli ortopedici e traumatologi ospedalieri italiani (OTODI), attualmente in corso a Riccione, rappresenta il cuore pulsante di questo cambiamento.

Esperti del settore stanno attivamente discutendo l’adozione di metodi e protocolli innovativi per il trattamento di una vasta gamma di traumi.

Da queste discussioni emergerà un documento ufficiale che promuoverà un approccio rivoluzionario alle cure ortopediche.

Guarire rapidamente da fratture

Il dottor Pietro De Biase, presidente del congresso insieme a Marco Mugnaini, Paolo Esopi e Andrea Micaglio, sottolinea quanto sia cruciale affrontare le fratture in modo rapido ed efficiente, anche negli individui oltre i 65 anni.

L’approccio tradizionale, basato sull’applicazione di gesso e sull’immobilizzazione prolungata, è ormai superato.

Oggi, le persone anziane conducono vite attive e hanno bisogno di guarire completamente, evitando perdite di tempo e ripristinando la loro efficienza fisica.

Adattare le tecniche per gli anziani

Per soddisfare questa crescente esigenza, gli specialisti stanno rivoluzionando le tecniche chirurgiche.

Queste nuove metodologie tengono conto delle condizioni biologiche e del progressivo indebolimento osseo legato all’età degli anziani.

Tra le innovazioni figurano l’impiego di viti e piastre progettate appositamente per garantire una maggiore stabilità, insieme ad altre avanzate soluzioni tecnologiche.

Aumento di fratture articolari negli anziani

Le fratture articolari, che un tempo erano tipiche dei giovani, stanno diventando più frequenti nelle persone anziane.

In particolare, si riscontrano maggiormente fratture al ginocchio, alla caviglia e al gomito, spesso associate all’attività sportiva.

Crescita della pratica sportiva tra gli anziani

La pratica sportiva tra gli anziani sta vivendo una crescita esplosiva.

I dati Istat rivelano un triplo aumento della partecipazione sportiva tra gli over 74 dal 2000 al 2019.

Questo aumento ha portato a una significativa crescita degli incidenti e dei traumi legati all’attività fisica.

La nuova definizione di "Anziano"

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ridefinito la categoria “anziano“.

Secondo questa nuova classificazione, gli individui dai 65 ai 75 anni sono considerati “giovani anziani”.

Questo cambiamento riflette il fatto che molte persone di questa fascia d’età conducono una vita attiva, lavorano e praticano sport.

Tale classificazione è basata su solide basi scientifiche e oggettive.

Il nuovo standard terapeutico

Il tradizionale approccio terapeutico, che prevedeva l’immobilizzazione prolungata, non è più considerato accettabile dai traumatologi.

Le tecniche chirurgiche moderne consentono oggi a chiunque, indipendentemente dall’età, di aspettarsi una ripresa completa e rapida.

Il futuro delle cure per gli anziani

Gli specialisti di OTODI concludono che è giunto il momento di porre fine alle lunghe degenze e ai recuperi lenti, spesso parziali.

Ogni paziente, a qualsiasi età, merita di tornare rapidamente a una vita attiva e in salute.

Nobel per la medicina, la rivoluzione dell’Rna messaggero

“Grazie a loro milioni di vite sono state salvate e il mondo è tornato a riaprirsi” è la motivazione dell’Assemblea Nobel che ha assegnato il premio. Il loro lavoro ci ha permesso di superare “una delle peggiori minacce alla salute umana dei tempi moderni”.

Una vita di determinazione e sacrificio

Karikó ha una storia difficile alle spalle.

Nata in Ungheria nel 1955, è cresciuta in estrema povertà.

Nel 1985 ha lasciato il suo paese per seguire un dottorato negli Stati Uniti, scappando in auto oltre la cortina di ferro e nascondendo tutti i suoi risparmi nell’orsetto di peluche della figlia.

All’inizio, anche negli Usa, nessuno credeva al valore dei suoi studi sull’Rna.

Più volte fu vicina alla rinuncia, visto che nessuno voleva finanziarla.

Molte richieste di fondi furono respinte, fino a quando Karikó non incontrò Weissman in fila alla fotocopiatrice all’università della Pennsylvania, nel 1990.

Il collega, che stava lavorando a un possibile vaccino contro l’Aids, le diede un’idea per rendere l’Rna più stabile, quindi utilizzabile per scopi di salute.

Il ruolo chiave dell'Rna Messaggero nella pandemia

Oggi Weissman insegna ricerca nel campo dei vaccini all’università della Pennsylvania e Karikó, che mantiene una cattedra in quell’ateneo, è anche professoressa all’università ungherese di Szeged.

Resta consulente dell’azienda tedesca BioNTech che ha prodotto uno dei vaccini a Rna contro il Covid in collaborazione con Pfizer, somministrandone 1,5 miliardi di dosi.

Secondo l’Ema, Agenzia Europea per i medicinali, tutti i vaccini contro il Covid hanno salvato attorno ai 20 milioni di vite in tutto il mondo.

L'innovazione dell'Rna nei vaccini

L’Rna messaggero è la molecola usata nei vaccini contro il Covid.

La pandemia è stata il vero banco di prova di questo metodo, che pure veniva studiato dagli anni ‘80.

Nel vaccino contro Sars-Cov2 è stata usata la sequenza di Rna corrispondente a una parte del virus riconoscibile dal nostro sistema immunitario: la proteina spike.

Iniettato il vaccino, l’Rna penetra nelle nostre cellule e fornisce loro le istruzioni per assemblare la proteina spike.

Una volta in circolo nel nostro organismo, la spike viene riconosciuta dal sistema immunitario, che inizia a produrre anticorpi e sviluppa una memoria contro il virus.

L'ampliamento dell'uso dell'Rna nei vaccini

Rispetto ai metodi tradizionali – uso di virus inattivati o con la sequenza della spike inserita nel genoma, oppure uso di proteine spike già pronte – un vaccino a Rna può essere messo a punto in modo molto rapido.

A questa innovazione è stata attribuita buona parte del merito per la velocità con cui è partita la campagna vaccinale.

Dopo la prova di maturità della pandemia, i vaccini a Rna sono allo studio per molte malattie diverse, dall’influenza all’Aids fino ai tumori.

Delle sperimentazioni stanno valutando l’efficacia di questo metodo, ad esempio contro il melanoma.

Un tributo emotivo alla madre di Karikó

Il primo pensiero di Karikó è andato alla mamma: “Da dieci anni, quando non avevo nemmeno una cattedra, mi diceva: può darsi che il tuo nome venga pronunciato, e io sarò lì ad ascoltarlo”.

Sfortunatamente la mamma di Karikó è morta 5 anni fa, a 89 anni. “Può darsi che oggi mi ascolti dal cielo” ha detto commossa la scienziata.

Il Premio Nobel: un riconoscimento meritato

Il premio Nobel è assegnato con un appannaggio di 11 milioni di corone svedesi (un milione di euro), da dividere tra i vincitori.

Un milione di corone è stato aggiunto quest’anno, a causa dell’inflazione e della svalutazione della corona.

Martedì verranno nominati i vincitori per la Fisica, mercoledì per la Chimica. Giovedì toccherà alla Letteratura, venerdì alla Pace e lunedì 9 ottobre all’Economia.

Il Premio è nato nel 1901 per volontà di Alfred Nobel, chimico e ingegnere svedese che nel 1867 brevettò la dinamite. In precedenza, a causa di un’esplosione, Nobel aveva perso il fratello Emil.

Nel 1888, dopo la morte dell’altro fratello Ludvig, un quotidiano francese per errore pubblicò il necrologio di Alfred: “Il mercante di morte è morto”.

Alfred Nobel restò scosso e decise di istituire un premio destinato “a chi avesse offerto i più grandi benefici all’umanità”.

Eredità scientifiche del Nobel per la Medicina

L’anno scorso il Nobel per la Medicina è stato vinto da Svante Paabo, uno scienziato svedese che ha svelato i segreti del passato dell’uomo studiando il Dna dei primitivi, soprattutto dei Neanderthal.

A scegliere i vincitori per la Medicina è ogni anno l’Istituto Karolinska di Stoccolma.

I 50 membri dell’Assemblea dei Nobel del prestigioso istituto di medicina svedese invitano un gruppo ristretto di esperti del settore, inclusi i Nobel degli anni precedenti, a candidare dei nomi.

Sarà poi l’Assemblea a scegliere all’interno della rosa.

I vincitori saranno invitati a Stoccolma per una fastosa cerimonia alla presenza del re di Svezia il 10 dicembre, anniversario della morte di Alfred Nobel nel 1896.