Prima mondiale all’AOU pisana

Un caso unico al mondo eseguito presso l’Unità Operativa di Cardiologia 2 – Aritmologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana.

Un caso medico eccezionale

Un’innovativa procedura in due tempi di estrazione di un pacemaker infetto e il suo reimpianto in una paziente con valvola tricuspide precedentemente riparata è stata eseguita con successo presso l’Unità Operativa di Cardiologia 2 dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, diretta dal dottor Giulio Zucchelli.

Questo caso straordinario di grave infezione cardiaca è stato trasferito d’urgenza da un ospedale nella capitale.

L'expertise del Centro di Eccellenza Cardiologica

Il trattamento di questa paziente ha richiesto un alto livello di competenza.

La struttura cardiologica presso l’Aoup è considerata un riferimento nazionale per queste procedure e ha potuto individuare la soluzione migliore per affrontare l’infezione senza compromettere la funzionalità valvolare.

Estrazione di dispositivi cardiaci infetti

L’estrazione transvenosa di dispositivi elettronici cardiaci impiantabili infetti o malfunzionanti è una procedura mini-invasiva ormai consolidata a Pisa per il trattamento delle infezioni cardiache gravi.

Tuttavia, questa procedura non è priva di rischi, poiché potrebbe causare la rottura delle aderenze formate dai “fili elettrici” nel tempo all’interno dei vasi sanguigni e del cuore.

Una situazione di complessità straordinaria

Nel caso specifico, il dottor Zucchelli e il suo team si sono trovati di fronte a una situazione eccezionalmente complicata.

La paziente aveva due fili elettrici infetti, uno dei quali era molto datato e l’altro ridotto a poco più di un moncone intravascolare.

Entrambi questi fili attraversavano una valvola ristretta da una clip metallica, rendendo l’estrazione e il reimpianto estremamente difficili e potenzialmente dannosi per la valvola.

La soluzione innovativa - "Pisa Approach"

Per affrontare questa sfida, è stata adottata una procedura sviluppata dalla precedente direttrice della struttura, la dottoressa Maria Grazia Bongiorni, conosciuta in tutto il mondo come “Pisa approach”.

Questa procedura ha permesso di rimuovere i “fili elettrici” nel modo meno traumatico possibile.

Reimpianto con un pacemaker senza fili

Per il reimpianto del dispositivo, il team ha scelto un pacemaker senza fili, posizionato completamente all’interno del ventricolo destro.

Questa scelta ha comportato meno interferenza con la valvola tricuspide precedentemente riparata.

Successo e collaborazione

L’intervento è stato un successo grazie alla collaborazione dell’Unità Operativa di Cardio-anestesia e Rianimazione e allo standby chirurgico della Sezione Dipartimentale di Cardiochirurgia.

L’Aoup è un centro di riferimento e un hub nazionale per il trattamento delle complicanze da pacemaker e defibrillatori, avvalendosi della consulenza dell’Unità Operativa di Malattie Infettive.

L’Unità Operativa Farmaceutica–Dispositivi Medici ha garantito un rapido approvvigionamento dei dispositivi ad alta tecnologia necessari per la procedura.

Il successivo trasferimento

Dopo circa una settimana dall’intervento, la paziente è stata trasferita nell’ospedale romano di provenienza in condizioni stabili per il proseguimento delle cure.

Questo innovativo intervento ha rappresentato un importante passo avanti nel trattamento delle complicanze legate ai dispositivi cardiaci impiantabili, dimostrando la competenza e la dedizione del team medico dell’Aou pisana.

Centro Cardiologico Monzino impiantati 35 cuori artificiali

Nel Centro Cardiologico Monzino di Milano, sono stati impiantati con successo 35 cuori artificiali, di cui otto dei più avanzati modelli HeartMate 3, considerati il dispositivo di punta a livello internazionale.

Questi dispositivi sfruttano la tecnologia di levitazione magnetica per minimizzare le complicanze e ripristinare il flusso sanguigno.

Pompa del sangue

I cuori artificiali, noti come Vad (Ventricular Assistance Device), svolgono la funzione di una “pompa del sangue” e contribuiscono in tutto o in parte alla funzione ventricolare, in particolare quella sinistra, per distribuire il sangue in tutto l’organismo.

Questi dispositivi, essenzialmente delle mini-pompe miniaturizzate, vengono impiantati nel torace per assistere il cuore nella sua azione propulsiva.

L'avanzata tecnologia dei Vad

Il Prof. Piergiuseppe Agostoni, Direttore della Cardiologia Critica del Monzino e Professore di Cardiologia all’Università degli Studi di Milano, spiega che lo scompenso cardiaco grave, o insufficienza cardiaca, si manifesta come l’incapacità del cuore di contrarsi e dilatarsi in modo sufficiente per eseguire le sue funzioni vitali.

In passato, l’unico trattamento disponibile era il trapianto di cuore, che presentava limiti significativi, come la disponibilità limitata degli organi e la selezione dei pazienti.

Di conseguenza, la ricerca si è focalizzata sui Vad, con modelli attuali come l’HeartMate 3 che sfruttano nuove tecnologie di propulsione sanguigna basate su campi magnetici, garantendo maggiore durata, sicurezza e riducendo il rischio di complicanze trombo-emboliche.

Questi dispositivi sono anche più compatti rispetto ai modelli precedenti e funzionano grazie a batterie portatili indossate come una cintura.

Attualmente, sono in corso sperimentazioni per ricariche wireless, che non richiedono fili o batterie esterne.

L'impegnativo processo di impianto dei Vad

L’impianto di un Vad richiede un approccio multidisciplinare e un lavoro di squadra essenziale, che segue il paziente dalla selezione iniziale al follow-up nel tempo.

Questo gruppo comprende un cardiologo specializzato in scompenso cardiaco avanzato per la selezione e il monitoraggio del paziente, un cardiologo specializzato in imaging ed emodinamica, uno psicologo, un anestesista rianimatore e un cardiochirurgo.

Diverse indicazioni per l'uso dei Vad

Il Prof. Agostoni sottolinea che ci sono molteplici indicazioni per l’utilizzo dei Vad, che vanno da terapie temporanee in attesa di un cuore da trapiantare a situazioni in cui il Vad rappresenta la terapia definitiva, quando un trapianto non è possibile.

Questo è particolarmente rilevante per i pazienti con problemi legati all’età o comorbilità.

Di conseguenza, il Vad non è più considerato solo una “soluzione ponte” verso il trapianto, ma una terapia di destinazione che può sostituirsi al trapianto stesso.

Le performance dei Vad, e quindi i benefici per i pazienti, avanzano parallelamente all’evoluzione tecnologica.

Attualmente, la sopravvivenza media dei pazienti con Vad di lunga durata è di circa 5 anni, rispetto a un’attesa media di 6 mesi.

Tuttavia, i risultati variano in base alle condizioni specifiche di ciascun paziente candidato all’impianto, ma è evidente che con il tempo, questi dati migliorano per tutti.

Rischio scompenso cardiaco nell’invecchiamento.

Un team di ricercatori italiani ha scoperto una connessione tra l’invecchiamento e l’aumento del rischio di sviluppare la “malattia del cuore stanco.”

Questa relazione si basa su un cambiamento disfunzionale nel metabolismo cardiaco, che priva il cuore dell’energia necessaria per il pompaggio efficace del sangue.

Il rilevamento del meccanismo molecolare

La ricerca, condotta in collaborazione con il professor Roberto Papait dell’Università dell’Insubria, è stata pubblicata su Circulation Research.

I ricercatori hanno identificato il meccanismo molecolare alla base dell’esaurimento dell’energia cardiaca e dimostrato, seppur in laboratorio, che è possibile migliorare la funzionalità cardiaca inibendo questo meccanismo.

L'impatto dell'insufficienza cardiaca

L’insufficienza cardiaca è una condizione diffusa e debilitante, con circa 600.000 persone in Italia che ne soffrono, rappresentando una persona su dieci oltre i 65 anni.

Nei paesi industrializzati, questa malattia costituisce la principale causa di disabilità e morte tra gli anziani.

Nonostante siano disponibili diverse terapie per rallentare la progressione dell’insufficienza cardiaca, la ricerca di soluzioni terapeutiche più efficaci rimane una sfida fondamentale in cardiologia.

La ricerca di nuove soluzioni terapeutiche

Il professor Gianluigi Condorelli, direttore del Cardio Center dell’Irccs Humanitas di Rozzano e professore ordinario di Humanitas University, spiega che negli ultimi vent’anni, la comprensione dello scompenso cardiaco è progressivamente evoluta.

Si è dimostrato che l’energia svolge un ruolo cruciale in questa condizione, poiché il cuore affetto è essenzialmente un cuore privo di carburante.

Poiché il cuore è uno degli organi più energivori dell’organismo, il suo normale funzionamento richiede un notevole apporto energetico.

Molti farmaci utilizzati per trattare l’insufficienza cardiaca mirano a consentire al cuore di risparmiare energia e utilizzare in modo più efficiente le risorse energetiche limitate causate dalla malattia.

Il ruolo chiave di p300 nel metabolismo cardiaco

Il nuovo studio ha individuato un regolatore chiave nel bilancio energetico del cuore, noto come p300, un potenziatore genico o co-attivatore trascrizionale.

Questi potenziatori genici influenzano il comportamento delle cellule, aumentando la probabilità di attivare specifici geni.

Il p300, il cui livello di attività aumenta durante l’invecchiamento, altera il metabolismo delle cellule cardiache, simulando una carenza di ossigeno e spostando il fabbisogno energetico verso il consumo di zuccheri, una fonte meno efficiente che priva il cuore dell’energia necessaria, contribuendo all’insorgere dell’insufficienza cardiaca.

Sperimentazione dell'inibizione di p300

Per verificare questa teoria, gli scienziati hanno cercato di “spegnere” l’attività di p300 utilizzando un inibitore e hanno notato un parziale recupero della funzionalità cardiaca.

Anche se questo test è stato condotto solo in modelli di laboratorio della malattia, i risultati ottenuti aprono nuove prospettive nella ricerca per il trattamento dell’insufficienza cardiaca.

La prospettiva futura

Il professor Papait, coordinatore dello studio insieme a Condorelli, sottolinea che, sebbene l’invecchiamento sia la causa primaria dell’insufficienza cardiaca, la spiegazione di questa connessione ha a lungo sfidato medici e ricercatori.

Il nuovo studio fornisce un tassello essenziale per comprendere che, con l’invecchiamento, le cellule cardiache modificano il loro metabolismo energetico in modo sfavorevole.

Questo rappresenta il primo passo per sviluppare nuove terapie atte a ridurre il rischio di insufficienza cardiaca nell’anzianità.

Fonte

Impiantate due protesi nello stesso cuore battente alle Molinette

Nel reparto di cardiochirurgia dell’Ospedale Molinette di Torino, è stato eseguito un intervento cardiochirurgico mai sperimentato prima in Italia e tra i primi al mondo. Questo intervento ha comportato l’impianto simultaneo di due protesi cardiache: una protesi aortica e una mitralica, eseguite mentre il cuore del paziente batteva.

Il paziente e le sue condizioni

Il paziente coinvolto in questa avventura medica è un uomo di 66 anni proveniente dalla provincia di Asti.

Era affetto da una grave malattia che coinvolgeva due delle sue valvole cardiache: la valvola aortica e la valvola mitralica.

Questa condizione richiedeva un intervento cardiochirurgico urgente, poiché il suo cuore era sempre più affaticato, impedendogli di condurre una vita normale.

Purtroppo, il quadro polmonare del paziente era così compromesso da rendere l’intervento tradizionale, a cuore aperto, un’opzione impossibile.

L'intuizione dei medici

Il cardiochirurgo  professor Stefano Salizzoni, noto per le sue capacità innovative, è stato determinante nella ricerca di una soluzione per il paziente.

La sua intuizione lo ha portato a considerare l’impianto di due protesi cardiache mentre il cuore del paziente batteva.

Questa procedura medica estremamente complessa aveva solo due casi documentati in tutto il mondo e non era mai stata eseguita in Italia.

Per trasformare questa visione in realtà, il primario del reparto, il professor Mauro Rinaldi, ha deciso di coinvolgere ingegneri medici nella simulazione dell’intervento.

Il ruolo cruciale degli ingegneri

Sebbene l’impianto di una protesi aortica a cuore battente fosse diventato un intervento di routine, e l’impianto di protesi mitraliche fosse stato effettuato su numerosi pazienti, la combinazione delle due procedure rappresentava una sfida significativa.

Le due protesi, interagendo tra loro, potevano causare gravi complicazioni.

Per valutare la fattibilità dell’intervento, sono state effettuate ecocardiografie dal dottor Gianluca Alunni e una tomografia computerizzata dal professor Riccardo Faletti presso la radiologia universitaria, diretta dal professor Paolo Fonio.

Le immagini risultanti sono state elaborate da un team di ingegneri medici, tra cui i professori Umberto Morbiducci e Diego Gallo del dipartimento di ingegneria meccanica e aerospaziale del Politecnico di Torino.

La collaborazione con il gruppo CompMech dell’Università di Pavia, diretto dai professori Michele Conti e Ferdinando Auricchio, e con il laboratorio 3D4Med del Policlinico San Matteo di Pavia, guidato dall’ingegnere Stefania Marconi, ha portato alla realizzazione di una stampa 3D del cuore del paziente, su cui sono stati impiantati fac-simile delle due protesi cardiache.

L'intervento

L’intervento, eseguito dal professor Stefano Salizzoni con il supporto dei dottori Antonio Montefusco e Michele La Torre, è stato guidato dalla sorveglianza ecocardiografica del dottor Alessandro Vairo e dall’attenta anestesia del dottor Tommaso Pierani.

L’operazione è durata circa due ore ed è stata un successo perfetto.

Il paziente è stato dimesso dal reparto in pochi giorni, avviando il percorso di recupero.

Un esempio di eccellenza medica

L’azienda ospedaliera ha dichiarato con orgoglio che l’Ospedale Molinette continua a distinguersi per la sua capacità di compiere interventi innovativi a livello mondiale.

La collaborazione con gli ingegneri del Politecnico di Torino è stata fondamentale e rappresenta un passo avanti nella ricerca medica.

Questi successi aprono nuove strade per la medicina cardiochirurgica e promettono di salvare vite che in passato sembravano impossibili da curare.