La storia di un uomo di 56 anni, colpito da una malattia policistica con gravi complicanze epatiche e renali, si trasforma in una pionieristica avventura medica.
Grazie alla collaborazione tra l’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino e la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, è stata implementata una strategia di trapianto sequenziale, prima di microbiota fecale e successivamente di fegato, salvando così la sua vita.
Il paziente, trasferito dalla Nefrologia dell’ospedale Martini di Torino alla Terapia Intensiva Epatologica dell’ospedale Molinette, si trovava in uno stato disperato.
La malattia aveva compromesso gravemente la funzionalità renale, richiedendo dialisi, e il fegato, completamente invaso dalle cisti, aveva raggiunto un peso di circa 15 kg, causando denutrizione e complicazioni addominali.
I medici si trovano di fronte a una scelta difficile: dare priorità al trapianto di fegato, organo vitale, o risolvere prima la colonizzazione batterica intestinale, potenziale ostacolo al successo del trapianto epatico.
La decisione è presa di concerto tra il direttore del Centro Trapianto Fegato e del Centro Trapianto Rene di Torino.
In collaborazione con esperti del trapianto di flora batterica della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma, viene pianificato e eseguito il trapianto di microbiota fecale.
Questa procedura, innovativa e promettente, mira a ridurre la carica batterica intestinale, preparando il terreno per il successivo trapianto di fegato.
Dopo il trapianto di microbiota fecale, il paziente viene prontamente inserito nella lista di attesa per il trapianto di fegato.
Grazie alla generosità di una famiglia donatrice, il delicato intervento viene eseguito con successo, coinvolgendo un team multidisciplinare di esperti.
Durante l’intervento, il paziente beneficia di trasfusioni di sangue e plasma, forniti dalla Banca del Sangue e Immunoematologia della Città della Salute di Torino.
La donazione di sangue si conferma essere un tassello fondamentale per il successo dei trapianti e per la salute dei pazienti.
Dopo un breve periodo di recupero, il paziente può tornare a casa, evitando per ora la dialisi grazie alla ripresa della funzione renale.
Il caso clinico, già pubblicato su una rivista scientifica internazionale, testimonia il successo di una collaborazione senza precedenti tra istituzioni ospedaliere italiane, confermando l’importanza della professionalità e del lavoro di squadra nel campo della medicina.
Le cellule tumorali, durante la progressione, possono colonizzare il fegato, formando metastasi resistenti alle terapie, incluso l’immunoterapia. La resistenza alle terapie farmacologiche nelle metastasi epatiche è strettamente legata alla scarsa attivazione delle cellule immunitarie presenti nel fegato.
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) ha sviluppato, in modelli sperimentali, una promettente strategia di terapia genica.
Questa strategia mira a ingegnerizzare in vivo alcune cellule immunitarie del fegato, chiamate macrofagi epatici o cellule di Kupffer, con l’obiettivo di riattivare le loro risposte immunitarie.
Questa innovativa approccio ha dimostrato di prevenire la tossicità sistemica e di trasformare il microambiente tumorale da immunosoppressivo a immunostimolante, portando all’inibizione della crescita delle metastasi.
I risultati di questa ricerca rivoluzionaria sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “Cancer Cell”.
Lo studio è stato coordinato dal professor Luigi Naldini, direttore del San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy (SR-Tiget) e professore all’Università Vita-Salute San Raffaele, insieme a Mario Leonardo Squadrito, project leader dell’Unità Targeted Cancer Gene Therapy.
Questi risultati gettano le basi per lo sviluppo clinico di una nuova strategia genica per i pazienti affetti da metastasi al fegato.
I primi autori di questo studio pionieristico sono Thomas Kerzel e Giovanna Giacca, che hanno partecipato alla ricerca per il conseguimento del dottorato di ricerca.
La ricerca è stata principalmente sostenuta dal programma “5 per mille” della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e dalla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica.
La presenza di metastasi epatiche, specialmente da tumori gastrointestinali come il carcinoma del colon-retto e l’adenocarcinoma duttale del pancreas, rappresenta un grave fattore prognostico negativo.
Nonostante i progressi nei trattamenti farmacologici, come l’immunoterapia, l’opzione terapeutica più efficace rimane la resezione chirurgica, sebbene non sia applicabile a tutti i pazienti e spesso ottenuta solo con successo parziale.
L’alta incidenza di metastasi epatiche è in parte attribuita al microambiente tumorale immunosoppressivo del fegato, che sopprime le risposte immunitarie protettive e promuove meccanismi favorevoli alla crescita tumorale.
Il team di ricercatori del San Raffaele ha sviluppato una nuova piattaforma di terapia genica basata su vettori lentivirali.
Questa piattaforma permette di ingegnerizzare selettivamente i macrofagi epatici, che svolgono un ruolo chiave nella regolazione delle risposte immunitarie.
Questi macrofagi, quando sono attratti vicino a un tumore, possono svolgere un ruolo immunosoppressivo, favorendo la crescita del tumore.
I macrofagi modificati geneticamente rilasciano molecole immunostimolanti, in particolare l’interferone di tipo I (IFNα).
Questa molecola svolge un ruolo fondamentale nel risvegliare il sistema di difesa del nostro corpo, stimolando i linfociti T, che sono in grado di riconoscere e uccidere le cellule tumorali.
L’approccio del team consente di riorientare il microambiente tumorale verso una risposta immunitaria attiva.
Tuttavia, i ricercatori hanno notato che alcuni meccanismi nel fegato tendono a sopprimere le risposte immunitarie, anche all’IFNα.
Per affrontare questa sfida, hanno combinato il rilascio di IFNα con un’immunoterapia già utilizzata per altri tumori, basata sul blocco di recettori inibitori dei linfociti, rinforzando ulteriormente la risposta immunitaria contro le metastasi.
Grazie a un microambiente più favorevole, instaurato dopo l’ingegnerizzazione dei macrofagi, l’immunoterapia ha dimostrato un notevole successo terapeutico nei topi di laboratorio affetti da metastasi epatiche da cancro al colon e al pancreas.
Sebbene lo studio sia finora limitato a studi sperimentali di laboratorio, i risultati ottenuti dai ricercatori del San Raffaele indicano una possibile rivoluzione nella terapia delle metastasi epatiche.
Questi risultati gettano le basi per lo sviluppo clinico di una nuova strategia di terapia genica per i pazienti affetti da metastasi epatiche.
Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per valutarne la sicurezza e la compatibilità per l’utilizzo negli esseri umani.
In conclusione, questa innovativa ricerca offre nuove speranze per i pazienti con metastasi epatiche, aprendo la strada a trattamenti più efficaci e mirati in futuro.