Cause e trattamento della scoliosi nell’adolescenza

La scoliosi è una deformità della colonna vertebrale caratterizzata da una curvatura tridimensionale che si sviluppa nei tre piani dello spazio: frontale, laterale e orizzontale. Queste alterazioni tridimensionali influenzano sia l’estetica che la postura del corpo. Anche piccole asimmetrie corporee possono rappresentare segnali di una scoliosi in fase iniziale, per cui è importante prestare attenzione.

Evoluzione e trattamento

Senza un trattamento adeguato, la scoliosi può progredire nel tempo, fino a richiedere un intervento chirurgico nei casi più gravi.

Riconoscere la scoliosi nelle fasi iniziali consente di intervenire con un approccio conservativo, evitando così la chirurgia.

Questo tipo di intervento prevede l’uso di corsetti e di esercizi specifici, adattati alle esigenze del singolo paziente e alla particolare curvatura della sua scoliosi.

Cause della scoliosi nei bambini e adolescenti

Secondo la dott.ssa Maria Petruzzi, Ortopedico Vertebrale presso Humanitas Mater Domini, le cause della scoliosi in età evolutiva possono essere suddivise in due categorie principali:

  • Scoliosi idiopatica: rappresenta circa l’80% dei casi. La sua causa esatta non è ancora nota, ma si ritiene che sia multifattoriale.
  • Scoliosi secondaria: riguarda il 20% dei casi ed è legata a patologie preesistenti come malformazioni vertebrali, malattie neurologiche o sindromi congenite.

La scoliosi idiopatica può manifestarsi in diversi momenti della vita, soprattutto durante fasi di rapida crescita, come tra i 6 e 24 mesi, tra i 5 e gli 8 anni, e durante la pubertà.

Dopo questi periodi, l’evoluzione della scoliosi tende a rallentare fino a stabilizzarsi al termine della crescita ossea.

Diagnosi della scoliosi

La diagnosi di scoliosi avviene durante una visita ortopedica, quando vengono rilevate delle asimmetrie corporee sospette.

In questi casi, lo specialista richiede una radiografia della colonna vertebrale in posizione eretta (ortostasi) per determinare la presenza di scoliosi o di un semplice atteggiamento scoliotico.

È importante distinguere tra scoliosi e atteggiamento scoliotico.

Quest’ultimo può simulare la scoliosi, ma non presenta la rotazione delle vertebre ed è meno grave poiché non tende a peggiorare nel tempo, a differenza della scoliosi vera e propria.

I corsetti ortopedici

I corsetti sono dispositivi ortopedici utilizzati per guidare la crescita della colonna vertebrale nella direzione corretta.

Essi aiutano a ridurre la curvatura della scoliosi e a migliorare l’estetica del corpo.

Esistono vari tipi di corsetti, e la scelta del tipo più adatto dipende da fattori come l’età del paziente, il grado di maturazione ossea, l’entità e la rigidità della curva scoliotica.

Efficacia dei corsetti nel trattamento della scoliosi

I primi corsetti avevano la funzione di mantenere stabile la curvatura della scoliosi, ma senza correggerla.

Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato l’efficacia dei nuovi corsetti non solo nel mantenimento, ma anche nella correzione della scoliosi.

Se la scoliosi viene diagnosticata precocemente, è possibile ridurre significativamente la curvatura, soprattutto se questa è ancora flessibile al momento della diagnosi.

Di conseguenza, una diagnosi tempestiva è essenziale per evitare l’aggravarsi della condizione.

Decifrato il codice genetico autismo. Angsa e Fondazione Autismo fanno chiarezza

Un team di ricerca ha sviluppato un sistema basato sull’intelligenza artificiale capace di identificare i marcatori genetici dell’autismo. I media hanno descritto questa innovazione come una “svolta nella diagnosi,” ma Angsa e la Fondazione Italiana Autismo invitano alla cautela.

Una visione completa dell'autismo

Trattare l’autismo come una condizione monolitica, riducendolo a una questione genetica risolvibile con un semplice test, non rende giustizia alla complessità di questa condizione.

È fondamentale evitare queste semplificazioni e adottare una visione più completa e rispettosa dell’autismo e dei diversi bisogni.

Questo è il messaggio che l’associazione Angsa, che riunisce genitori di persone con autismo, e la Fondazione Italiana Autismo vogliono trasmettere in risposta a una recente notizia pubblicata da alcuni dei principali quotidiani nazionali.

La notizia riguarda una presunta “svolta” nella diagnosi precoce dell’autismo, basata su una nuova tecnologia sviluppata da un team di ricerca co-diretto da Gustavo K. Rohde.

La complessità della diagnosi dell'autismo

La notizia sembra promettere mari e monti, suggerendo che presto potremmo essere in grado di diagnosticare l’autismo con una precisione straordinaria grazie a un’innovativa intelligenza artificiale.

Ma c’è un problema: la realtà è molto più complessa”, spiegano le associazioni.

Per chiarire la questione, Angsa e la Fondazione Italiana Autismo lasciano la parola al professor David Vagni, ricercatore del Cnr.

Il contributo del Professor David Vagni

Il focus dello studio in questione non è sul codice genetico dell’autismo, ma sulla capacità di identificare specifiche mutazioni genetiche, come la delezione o duplicazione in 16p11.2, utilizzando una tecnica di imaging cerebrale avanzata chiamata morfometria basata sul trasporto (TBM)”, spiega Vagni.

Tuttavia, queste mutazioni geneticamente rilevabili rappresentano solo una piccola frazione dei casi di autismo (circa il 20%) e le mutazioni in 16p11.2 solo lo 0,5-1%. Inoltre, tra le persone con la mutazione 16p11.2, solo il 20-30% è effettivamente autistico.

Parlare di “svolta” nella diagnosi dell’autismo basandosi su questi numeri è, quindi, quantomeno fuorviante, conclude Vagni.

Le critiche alla semplificazione mediatica

Per Angsa e la Fondazione Italiana Autismo, “questo tipo di semplificazione mediatica non solo è imprecisa, ma può essere dannosa”.

Marco Bertelli della Fondazione Italiana Autismo commenta: “L’unico dato interessante della ricerca è la capacità dell’IA di gestire perfettamente il confronto statistico di dettagli all’interno di una massa dati enorme, come quella che si associa a numerose immagini tridimensionali del sistema nervoso centrale e ai loro correlati genetici e comportamentali.

I risultati di questo studio indicano che, se usata con saggezza e cautela, la capacità statistica dell’IA può aiutarci a fare ordine nell’attuale eterogeneità delle condizioni raggruppate sotto la denominazione di disturbo dello spettro autistico e permettere di conseguenza diagnosi e interventi di precisione”.

Conclusione: Progresso e Verità

“La ricerca scientifica deve continuare a progredire, certo, ma non a scapito della verità e della comprensione umana”, conclude Giovanni Marino, presidente di Angsa.

Individuata una proteina cruciale per la sopravvivenza delle cellule tumorali

I tumori sono difficili da trattare a causa dell’instabilità cromosomica, che consente alle cellule di replicarsi incontrollatamente e resistere ai trattamenti. Studi recenti, inclusi quelli italiani, hanno identificato la proteina p62 come chiave in questo processo, aprendo nuove possibilità cliniche per diagnosi e terapie.

Il caos cromosomico: la radice dell'aggressività tumorale

I tumori sono tra le malattie più difficili da trattare, e ciò che li rende particolarmente insidiosi è, in una parola, il caos.

La maggior parte delle cellule tumorali è caratterizzata da un’instabilità cromosomica, un fenomeno in cui gli errori nella distribuzione dei cromosomi durante la divisione cellulare avvengono con alta frequenza.

Questo porta le cellule tumorali ad acquisire capacità peculiari in modo casuale, come la capacità di replicarsi all’infinito o di resistere agli attacchi del sistema immunitario e ai trattamenti farmacologici.

Nuove scoperte: studi internazionali e italiani

Recentemente, la rivista Science ha dedicato la sua copertina a due studi significativi che hanno approfondito la comprensione dei processi alla base dello sviluppo tumorale.

Uno di questi studi, condotto da Stefano Santaguida dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, ha messo in luce il ruolo della proteina p62 nel sostenere i processi vitali delle cellule tumorali, incluse le metastasi.

Secondo Massimo Di Maio, presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), queste scoperte rappresentano un passo avanti cruciale nella conoscenza del processo tumorale, con potenziali implicazioni cliniche sia a livello prognostico che terapeutico.

Micronuclei e instabilità cromosomica

Uno degli effetti dell’instabilità cromosomica è la formazione di micronuclei, strutture anomale che si trovano al di fuori del nucleo principale della cellula.

Questi micronuclei contengono materiale genetico, ma il loro involucro è difettoso e fragile, rendendo il DNA al loro interno vulnerabile ai danni.

Questo contribuisce a creare un ambiente caotico, favorendo ulteriormente lo sviluppo dei tumori.

Il ruolo dei micronuclei: nuove prospettive

Sebbene fosse già noto che i micronuclei sono tumorigenici, la causa esatta di questo fenomeno era poco chiara.

Lo studio guidato da Santaguida, in collaborazione con il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, ha rivelato che i radicali liberi danneggiano le membrane dei micronuclei, impedendone la riparazione.

La proteina p62, finora non collegata all’instabilità cromosomica, è stata identificata come un inibitore chiave della riparazione dell’involucro nucleare dei micronuclei, contribuendo così all’aumento dell’instabilità cromosomica.

Implicazioni cliniche future: p62 come biomarcatore

Le scoperte riguardanti la proteina p62 potrebbero avere un impatto significativo sulla pratica clinica futura.

Questa proteina potrebbe diventare un nuovo biomarcatore in grado di fornire informazioni più accurate sulla prognosi dei tumori.

Livelli elevati di p62 potrebbero indicare una prognosi peggiore, offrendo così nuove opportunità di comunicazione con i pazienti e decisioni terapeutiche basate sul rischio.

Sebbene queste scoperte rappresentino un importante passo avanti nella caratterizzazione biomolecolare dei tumori, è necessario ancora tempo prima che possano essere tradotte in applicazioni cliniche concrete.

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Pillola 3D, farmaci combinati in un’unica dose

I ricercatori australiani hanno sviluppato una nuova applicazione della tecnologia di stampa 3D per creare una ‘poli-pillola’ che combina più farmaci in un’unica compressa. Questa innovazione mira a semplificare la vita di chi deve assumere più farmaci ogni giorno, riducendo il rischio di errori di dosaggio e migliorando l’accesso alle cure.

La stampa 3D al servizio della medicina

I ricercatori australiani hanno fatto un significativo passo avanti nella medicina, utilizzando la tecnologia di stampa 3D, comunemente impiegata per la produzione di giocattoli, calchi dentali e ricambi auto, per creare una ‘poli-pillola’.

Questa innovativa soluzione combina più farmaci in un’unica compressa, semplificando la vita di coloro che devono assumere diversi farmaci ogni giorno.

Il problema della politerapia negli anziani

Con l’avanzare dell’età, molte persone si trovano a dover assumere più farmaci ogni giorno, aumentando il rischio di sottodosaggi o overdose.

Questo problema è destinato a crescere con l’invecchiare della popolazione.

Gli studiosi dell’Università del Queensland hanno sviluppato una soluzione: l’uso di stampanti 3D per produrre pillole su misura per ciascun paziente, combinando i farmaci in un polimero biocompatibile che permette il rilascio controllato nell’organismo.

Vantaggi della poli-pillola personalizzata

Le poli-pillole sono prodotte uno strato alla volta, e i farmaci vengono disciolti e combinati con altri ingredienti per migliorare l’assorbimento nello stomaco.

Questo sistema permette di includere vari farmaci in una sola pillola, da assumere una volta al giorno, riducendo così il rischio di errori di dosaggio. “Si possono includere farmaci differenti in una pillola, da prendere una sola volta al giorno, riducendo così la probabilità di overdose o di sottodose,” scrive il professor Amirali Polat della Scuola di Farmacia sul sito dell’università.

Soluzioni per bambini e persone con disabilità visive

I farmaci stampati in 3D potrebbero essere particolarmente utili per i bambini, permettendo la creazione di pillole più piccole e ‘attraenti’, magari con forme o colori diversi.

Anche le persone non vedenti o ipovedenti trarrebbero beneficio da questa tecnologia, grazie alla possibilità di cambiare i colori per rendere le pillole più identificabili, aggiungere simboli come il sole e la luna per distinguere le dosi del mattino e della sera, o persino stampare in braille sulla pillola per facilitare il riconoscimento.

Impatto sulle comunità remote

L’uso della stampa 3D potrebbe rappresentare un grande vantaggio per le comunità remote, dove spesso si registrano carenze di medicinali o ritardi nelle consegne. “Se vi è la possibilità di produrle dove il farmacista può farlo sul posto, si potrà offrire migliore assistenza sanitaria in quelle comunità,” conclude Polat. Questo approccio potrebbe rivoluzionare l’accesso ai farmaci e migliorare notevolmente la qualità delle cure in zone isolate.

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Torino rivoluziona l’angioplastica con l’Intelligenza Artificiale

Un nuovo strumento basato sull’Intelligenza Artificiale, sviluppato a Torino, potrebbe rivoluzionare il trattamento delle malattie coronariche, semplificando le diagnosi e migliorando l’efficacia delle angioplastiche.

L'intelligenza Artificiale per l'Angioplastica Coronarica

Quando fare l’angioplastica coronarica? Ora lo dice l’Intelligenza Artificiale (IA), “leggendo” una semplice coronarografia.

Parliamo di un nuovo strumento che rivoluzionerà il trattamento delle malattie coronariche, semplificando e migliorando la valutazione delle placche nelle arterie.

Pubblicato sulla rivista European Heart Journal Quality of Care and Cardiovascular Outcomes, questo studio pionieristico è il risultato di una collaborazione tra l’ospedale Molinette di Torino, l’Università degli Studi di Torino e il Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università di Catania.

Lavoro di squadra

Guidato dai cardiologi Ovidio De Filippo e Fabrizio D’Ascenzo, della Cardiologia Universitaria delle Molinette (diretta dal professor Gaetano Maria De Ferrari), in collaborazione con i professori Marco Aldinucci (UniTo) e Concetto Spampinato (Catania), il progetto ha coinvolto numerosi Centri cardiologici italiani ed europei, tra cui cinque piemontesi.

L’obiettivo del team è stato affrontare una sfida comune nella cardiologia interventistica.

Per decidere se procedere con un’angioplastica, infatti, le linee guida internazionali raccomandano l’esecuzione di due esami specifici: il Ffr (Fractional Flow Reserve) e l’Ifr (Instantaneous Wave-Free Ratio).

Nella pratica, però, questi esami vengono effettuati molto raramente a causa dei costi, del tempo richiesto e dei rischi associati alla necessità di inserire nella coronaria cateteri aggiuntivi per le misurazioni.

Diagnosi avanzata

Il team ha sviluppato Starflow, uno strumento avanzato di Intelligenza Artificiale capace di stimare i valori di Ffr e Ifr direttamente dalle immagini standard di coronarografia.

Utilizzando una rete neurale profonda multi-task, Starflow analizza due semplici proiezioni angiografiche per fornire una valutazione accurata della rilevanza delle placche, indirizzando i pazienti verso l’angioplastica o la terapia medica.

Primi risultati

I risultati ottenuti sono notevoli: l’applicazione ha raggiunto un’accuratezza quasi pari al 90%, un livello di precisione paragonabile a quello ottenuto con le tecniche invasive tradizionali ma con significativi vantaggi in termini di tempo, riduzione dei rischi per i pazienti e costi.

Le implicazioni future

«Lo sviluppo di Starflow potrebbe avere un impatto significativo sull’accesso dei pazienti a valutazioni fisiologiche precise delle stenosi coronariche», spiega il dottor De Filippo. «Ha il potenziale di migliorare il processo decisionale clinico e ottimizzare i trattamenti per le malattie coronariche».

Aggiunge il professor De Ferrari: «Si tratta di un grandissimo contributo dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in cardiologia e di una dimostrazione della possibilità che l’innovazione tecnologica, associata alle competenze mediche, possa affrontare problemi clinici complessi, migliorando l’efficienza e l’efficacia delle cure mediche».

Presentazione ufficiale

La nuova tecnologia sarà presentata in anteprima durante le 36me Giornate Cardiologiche Torinesi, che si terranno a Torino dal 19 al 21 settembre 2024, presso il Polo Aldo Moro dell’Università degli Studi di Torino (via Sant’Ottavio 18), dirette dai professori Mauro Rinaldi, Gaetano Maria De Ferrari e Fabio Verzini.

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Trattamento della stenosi aortica: l’importanza della TAVI

La stenosi della valvola aortica è una delle malattie cardiache più comuni, soprattutto tra gli anziani. Fortunatamente, grazie alla procedura mini-invasiva TAVI, è possibile trattare questa condizione in modo efficace, evitando interventi chirurgici complessi e migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti. 

L'importanza dell'intervento tempestivo nella stenosi della valvola aortica

In molti casi, la stenosi della valvola aortica, la più comune malattia delle valvole cardiache, può essere trattata con la TAVI (Impianto Transcatetere della Valvola Aortica).

Questa procedura mini-invasiva permette di sostituire la valvola malata, che ostacola il normale flusso sanguigno e affatica il cuore, risalendo fino al cuore con una sonda.

Tuttavia, è fondamentale non sottovalutare i sintomi e intervenire tempestivamente, poiché la stenosi non è un semplice fenomeno legato all’invecchiamento.

Chi è più a rischio e quando intervenire

La stenosi aortica colpisce principalmente le persone over-65, con circa 60.000 casi in Italia.

Per almeno due terzi di questi pazienti, sintomi come affaticamento, palpitazioni, svenimenti e dolori al petto non devono essere ignorati.

La tempestività è cruciale: se non trattata, la stenosi aortica severa può portare alla morte nel 50% dei pazienti sintomatici entro due anni.

Un consulto con il cardiologo è essenziale per valutare la migliore opzione terapeutica, che spesso include l’intervento chirurgico.

Vantaggi della TAVI e l’esperienza del centro di Torino

Il centro diretto da Giuseppe Musumeci, presso l’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino, ha eseguito 264 interventi di TAVI nel 2023, posizionandosi tra i principali centri in Italia.

La TAVI è una procedura mini-invasiva eseguita senza anestesia generale, che permette al paziente di riprendersi più rapidamente rispetto alla chirurgia tradizionale.

Dopo la TAVI, la degenza media è di soli tre giorni e non è necessaria riabilitazione, a differenza degli interventi chirurgici tradizionali che richiedono una degenza più lunga e un periodo di riabilitazione di almeno 30 giorni.

Rispondere alla crescente domanda di interventi

Con l’aumento della domanda per la TAVI, c’è il rischio di liste d’attesa per i pazienti.

Per evitare ritardi che potrebbero compromettere la salute del paziente, è necessario migliorare l’organizzazione dei centri di cardiochirurgia e creare una rete di collaborazione con centri senza cardiochirurgia.

L’obiettivo è abilitare questi centri a eseguire autonomamente la TAVI, aumentando così la capacità complessiva di trattamento.

Come si svolge l’intervento TAVI

La stenosi aortica severa si verifica quando i lembi della valvola aortica diventano rigidi, impedendo il corretto flusso sanguigno.

La TAVI prevede l’inserimento di un catetere nell’arteria femorale tramite una piccola incisione all’inguine, con cui si risale fino al cuore per posizionare la nuova valvola.

L’intervento viene eseguito a cuore battente, con il paziente sveglio o leggermente sedato, riducendo così la necessità di riabilitazione e minimizzando l’impatto sulla vita del paziente e dei suoi familiari.

La necessità di intervento in caso di stenosi aortica severa

L’invecchiamento è il principale fattore di rischio per la stenosi aortica, che può evolversi in una forma severa con una prognosi grave, con una mortalità a un anno del 50%. Tuttavia, come sottolinea Musumeci, oggi è possibile risolvere la stenosi aortica severa grazie a interventi come la TAVI, che offre una valida alternativa alla chirurgia tradizionale.

Fonte:

Impiantata valvola cardiaca attraverso una puntura nella gamba

Nei giorni scorsi, presso l’Ospedale del Cuore di Monasterio a Massa, è stato eseguito un intervento straordinario. Una paziente ha ricevuto un impianto di valvola tricuspide attraverso una semplice “puntura” nella gamba, evitando così procedure più invasive. La valvola tricuspide ha il fondamentale compito di mantenere il corretto flusso del sangue, impedendone il ritorno indietro nel suo percorso.

Un intervento all'avanguardia

L’intervento, realizzato in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (Aoup), è stato eseguito nell’ambito di uno studio internazionale.

Il team Monasterio, guidato dal dottor Sergio Berti, direttore di Cardiologia Diagnostica e Interventistica, ha eseguito per la prima volta in Toscana un impianto di valvola tricuspide da accesso femorale venoso.

Questo è stato anche il primo intervento al mondo ad essere guidato da ecocardiografia intracardiaca.

La paziente, affetta da grave insufficienza tricuspidale, non avrebbe potuto affrontare un intervento chirurgico tradizionale a causa dei rischi elevati legati al suo stato di salute.

La paziente e lo studio internazionale TARGET

Considerata la sua fragilità, la paziente è stata selezionata per partecipare a uno studio sperimentale chiamato TARGET, che coinvolge Italia, Spagna, Germania e Canada.

L’intervento ha previsto il posizionamento della valvola cardiaca attraverso una vena dell’inguine, evitando così la necessità di aprire il torace, rendendo l’operazione significativamente meno invasiva.

Un team multidisciplinare di eccellenza

L’operazione è stata il risultato di un lavoro sinergico tra diverse specialità mediche.

Il team multidisciplinare era composto da cardiologi clinici, cardiologi interventisti, cardiografisti, cardiochirurghi e anestesisti.

Ogni dettaglio della procedura è stato pianificato con precisione, selezionando accuratamente il paziente ideale per questo tipo di impianto.

L'importanza dell'imaging cardiaco e del supporto anestesiologico

L’elemento chiave che ha reso possibile l’intervento è stato l’elevato livello di imaging cardiaco.

Gli ecocardiografisti, sotto la guida del dottor Massimiliano Mariani, hanno fornito dettagli anatomici essenziali che hanno permesso al cardiologo interventista di posizionare la valvola in modo corretto.

Considerata la delicatezza dell’intervento e la fragilità della paziente, il supporto anestesiologico del team del dottor Paolo Del Sarto si è rivelato fondamentale per il successo dell’operazione.

Fonte:

Una speranza per rallentare la SLA con la stimolazione cerebrale non invasiva

Un recente studio delle Fondazioni Policlinico Campus Bio-Medico e IRCCS Istituto Auxologico Italiano ha mostrato risultati promettenti per i pazienti con SLA. Dopo 24 mesi di stimolazione magnetica transcranica statica, oltre il 70% è sopravvissuto senza ventilazione meccanica, rispetto al 35% dei non trattati.

Cos'è la SLA

La Sclerosi Laterale Amiotrofica è una patologia neurodegenerativa che compromette progressivamente le capacità motorie, rendendo difficile camminare, parlare e deglutire.

Nelle fasi avanzate, coinvolge anche i muscoli respiratori, rendendo necessaria la ventilazione meccanica.

In Italia, si stima che oltre 6.000 persone soffrano di SLA.

Ad oggi, non esistono terapie in grado di modificare significativamente il decorso della malattia.

Questo studio offre nuove speranze e incoraggia la comunità scientifica a continuare le ricerche per migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Ricercatori e Pubblicazione

Il team di ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, guidato dal professor Vincenzo Di Lazzaro, e della Fondazione IRCCS Istituto Auxologico Italiano, guidato dal professor Vincenzo Silani, ha pubblicato i risultati dello studio sulla prestigiosa rivista Lancet Regional Health Europe.

Stimolazione Magnetica non Invasiva

La tecnica utilizzata è assolutamente non invasiva e modula l’eccitabilità delle cellule nervose attraverso campi magnetici.

Questa metodologia corregge l’ipereccitabilità che porta alla morte dei neuroni motori nei pazienti con SLA.

Le cause della SLA sono ancora sconosciute, ma recenti ricerche hanno dimostrato che un’eccessiva risposta agli impulsi eccitatori delle cellule nervose che controllano il movimento può innescare il processo degenerativo.

Elettroceutica e Campo Magnetico Statico

L’approccio elettroceutico, che sostituisce i farmaci con la stimolazione magnetica non invasiva, è studiato dal gruppo del professor Di Lazzaro da oltre venti anni.

Diversi studi preliminari hanno mostrato un lieve ma significativo rallentamento della progressione della malattia.

Recentemente, è stata introdotta una nuova forma di elettroceutica che utilizza un campo magnetico statico, semplice da usare e applicabile direttamente dai pazienti a domicilio per lunghi periodi.

Risultati promettenti

In uno studio preliminare, la stimolazione magnetica statica è stata sperimentata su due pazienti con SLA a rapida evoluzione, mostrando un significativo rallentamento della malattia.

Nel 2019, è stato avviato uno studio più ampio su 40 pazienti per valutare l’efficacia della stimolazione magnetica nel ridurre la progressione della malattia durante un trattamento di 6 mesi.

Anche se inizialmente non si è osservato un significativo cambiamento nella velocità di progressione, i risultati a lungo termine, dopo ulteriori 18 mesi, sono stati estremamente promettenti.

Testimonianze e prospettive future

Vincenzo Russo, il primo paziente volontario per la stimolazione magnetica statica, continua a promuovere la ricerca tramite l’associazione ANCE di Salerno.

Il professor Vincenzo Di Lazzaro ha sottolineato l’importanza della prudenza nell’interpretare i risultati, che richiedono ulteriori conferme.

Tuttavia, i risultati sono ottimistici e giustificano ulteriori studi su un maggior numero di pazienti e con trattamenti prolungati.

Conclusioni

Il professor Vincenzo Silani ha evidenziato come questo studio apra nuove prospettive positive per i pazienti, sottolineando l’importanza dell’elettroceutica come componente chiave in future strategie terapeutiche.

Questi dati rappresentano un passo avanti nella lotta contro una malattia complessa come la SLA, e future ricerche dovranno tenere in considerazione i risultati ottenuti per sviluppare terapie più efficaci.

Fonte:

Primo impianto di un cuore artificiale in titanio

Il Texas Heart Institute e BiVACOR,  hanno annunciato il successo del primo impianto nell’uomo del BiVACOR Total Artificial Heart. Questo cuore artificiale hi-tech è una pompa ematica biventricolare costruita in titanio con una singola parte mobile che utilizza un rotore a levitazione magnetica per pompare il sangue e sostituire entrambi ventricoli di un cuore indebolito.

Obiettivo dello studio clinico

Il primo studio clinico sull’uomo mira a valutare la sicurezza e le prestazioni del BiVACOR Total Artificial Heart.

Questo dispositivo è stato progettato come soluzione ponte al trapianto per pazienti con grave insufficienza cardiaca biventricolare o insufficienza cardiaca univentricolare, nei casi in cui il supporto del dispositivo di assistenza ventricolare sinistra non è raccomandato.

Dopo il primo impianto presso il Baylor St. Luke’s Medical Center del Texas Medical Center, altri quattro pazienti verranno arruolati nello studio.

Dichiarazioni del Texas Heart Institute

Joseph Rogers, presidente e amministratore delegato del Texas Heart Institute e principal Investigator nazionale sulla ricerca, ha dichiarato: “Il Texas Heart Institute è entusiasta del primo impianto rivoluzionario cuore artificiale.

Poiché l’insufficienza cardiaca rimane una delle principali cause di mortalità a livello globale, il dispositivo offre un faro di speranza per innumerevoli pazienti in attesa di un trapianto di cuore.

Siamo orgogliosi di essere in prima linea in questa svolta medica, per trasformare il futuro della terapia dell’insufficienza cardiaca”.

Il problema dell’insufficienza cardiaca

L’insufficienza cardiaca colpisce almeno 26 milioni di persone in tutto il mondo, di cui 6,2 milioni sono adulti solo negli Stati Uniti, e la sua prevalenza è in aumento.

I trapianti di cuore sono riservati ai pazienti con grave insufficienza cardiaca e sono limitati a meno di 6.000 procedure all’anno a livello globale.

Di conseguenza, i National Institutes of Health statunitensi stimano che circa 100.000 pazienti potrebbero beneficiare immediatamente del supporto circolatorio meccanico negli Stati Uniti.

Protesi di spalla con l’aiuto dell’Intelligenza artificiale

Al San Luigi Gonzaga di Orbassano, un team di esperti ha utilizzato tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e la stampa 3D per realizzare una protesi di spalla personalizzata per una paziente di 70 anni. 

Introduzione alla medicina di precisione e tecnologia

La medicina di precisione sfrutta l’intelligenza artificiale, la stampa in 3D e le più recenti tecnologie a disposizione della chirurgia, in particolare della protesica.

Questi sono gli ingredienti per un’operazione di successo di una protesi di spalla studiata e costruita su misura per una paziente di 70 anni.

Questa paziente era reduce da un precedente impianto che non era andato a buon fine in un’altra struttura e necessitava di revisione chirurgica.

L’intervento è stato condotto la scorsa settimana dalla équipe guidata da Filippo Castoldi, direttore dell’Ortopedia e Traumatologia del San Luigi di Orbassano, professore di Ortopedia dell’Università degli Studi di Torino e past president della Società Italiana di Chirurgia di Spalla e del Gomito.

L'eccellenza dell'ortopedia del San Luigi

L’ortopedia del San Luigi impianta oltre 100 protesi di spalla all’anno, un numero importante fra le aziende ospedaliere piemontesi.

Questa expertise consente alla struttura di essere un punto di riferimento regionale per la chirurgia della spalla e del gomito, anche in ottica di chirurgia di revisione rispetto a casi complicati che arrivano da un iter di cura iniziato altrove.

La complessità del caso

La paziente presentava una situazione patologica determinata da pregressa artrosi e da una protesi impiantata in un altro ospedale un anno e mezzo fa, che aveva ceduto a causa dello scarso spessore osseo del soggetto.

La protesi parziale impiantata poggiava ormai sul torace, provocando un deficit di funzione e forte dolore.

La soluzione personalizzata

Un fattore, lo scarso spessore osseo, a cui l’equipe del San Luigi ha ovviato studiando le caratteristiche specifiche morfologiche e cliniche della paziente.

Questo è stato fatto con l’indagine delle immagini TAC tramite intelligenza artificiale e con l’elaborazione dei dati estratti per un modello in 3D.

Su questo modello è stata costruita una protesi personalizzata custom made in titanio, ottenuta con una metodica particolare da polvere di titanio, che ha consentito di colmare il difetto osseo iniziale e il successo dell’impianto della nuova protesi.

La nuova frontiera della tecnologia ricostruttiva 3D

“La tecnologia ricostruttiva 3D è una nuova frontiera in particolare per l’ortopedia,” spiega Filippo Castoldi, “che trattando un tessuto rigido come l’osso si presta a questo impiego.

Offre risultati particolarmente brillanti in termini di precisione del modello e buona riuscita dell’intervento, anche in casi particolarmente complicati.

Dallo studio TC del segmento scheletrico affetto da patologia si possono riprodurre modelli tridimensionali in resina che permettono di progettare in ogni dettaglio l’area interessata e lo stesso intervento chirurgico.

Si possono pianificare gli step chirurgici, produrre strumenti dedicati che si adattano perfettamente al difetto patologico dell’anatomia del paziente e che guidano il chirurgo a riprodurre con precisione l’intervento pianificato in sala operatoria.

Con lo stesso principio possono essere prodotti impianti protesici customizzati, cioè costruiti apposta per il caso specifico.”