Il robot “Cobra” rivoluziona la chirurgia oncologica

L’IRCCS di Candiolo ha recentemente segnato un importante traguardo nella chirurgia oncologica europea. Per la prima volta, è stato utilizzato il robot Da Vinci SP (Single Port), soprannominato “cobra” per la sua straordinaria flessibilità, in un intervento di mastectomia mini-invasiva seguito da ricostruzione plastica immediata. 

Il robot "cobra" e il suo debutto europeo

Lo chiamano robot “cobra” per la sua flessibilità e nei giorni scorsi è stato utilizzato, per la prima volta in Europa, presso l’IRCCS di Candiolo (Torino) per eseguire un intervento di mastectomia mini-invasiva seguito da ricostruzione plastica immediata.

Il robot è stato prodotto negli Stati Uniti e il suo vero nome è Da Vinci SP (Single Port).

L’intervento, che è avvenuto con successo, è stato effettuato lo scorso 18 giugno su una donna di 51 anni con diagnosi di tumore al seno.

La paziente era stata precedentemente sottoposta a chemioterapia ed è stata dimessa dopo 48 ore dall’operazione.

Il braccio robotico

Il primo intervento al mondo di questo tipo è stato eseguito dieci anni fa proprio dal direttore della Chirurgia Senologica dell’IRCCS di Candiolo, Antonio Toesca.

Lo strumento utilizzato allora, racconta Toesca a Salute, non aveva la stessa flessibilità di movimento ed era definito multiport, poiché dotato di quattro braccia: “Da Vinci SP ne possiede uno solo, da cui emergono però 3 strumenti, più la telecamera in grado di muoversi in maniera flessibile, appunto come un ‘cobra’, senza danneggiare i tessuti sani e riducendo al minimo l’impatto della chirurgia demolitiva, con vantaggi sia estetici che funzionali”.

Inoltre, prosegue l’esperto, la flessibilità di movimento della telecamera consente di visualizzare anche strutture che potrebbero altrimenti rimanere nascoste.

Come si è svolto l'intervento

“L’intervento con il nuovo robot è stato eseguito attraverso una singola incisione di 2,5 centimetri sotto l’ascella“, prosegue Toesca: “L’estrema precisione chirurgica ha permesso di conservare la sensibilità del seno, preservare il complesso areola-capezzolo ed il lembo cutaneo e sottocutaneo che contiene i vasi sanguigni superficiali, nonché ridurre al minimo la cicatrice chirurgica, situata oltretutto lontano dalla mammella”.

Come anticipato, si tratta quindi di un intervento mini-invasivo: non in tutte le pazienti può essere eseguito, ma quando possibile dovrebbe migliorare sensibilmente l’impatto estetico e la qualità di vita post-operatoria.

La ricostruzione immediata

Inoltre, racconta ancora Toesca a Salute, questa tecnologia aumenta la probabilità di riuscita dell’intervento di ricostruzione plastica eseguito immediatamente dopo la rimozione del tessuto tumorale: “Gli studi hanno dimostrato che miniaturizzando l’incisione e allontanandola dalla mammella la probabilità di poter mantenere l’impianto a seguito dell’operazione è nettamente più alta”.

Dal punto di vista della durata dell’intervento, conclude il chirurgo, mentre in passato l’utilizzo dei robot allungava nettamente i tempi, oggi non c’è più una differenza significativa fra l’operazione eseguita manualmente e quella eseguita con l’ausilio della nuova tecnologia: “Parliamo di un intervento – conclude Toesca – che durerebbe circa tre ore e mezzo e che con l’utilizzo del robot può durare magari quattro ore, una differenza che non è significativa”.

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Vaccino contro l’HIV, la nuova speranza

Da quando è stato identificato per la prima volta nel 1983, l’HIV ha contagiato più di 85 milioni di persone, causando circa 40 milioni di morti in tutto il mondo. Nonostante i farmaci profilattici pre-esposizione (Prep) possano ridurre significativamente il rischio di contrarre l’HIV, la loro efficacia dipende dall’assunzione quotidiana. Questo rende la ricerca di un vaccino duraturo una priorità assoluta per i ricercatori, che da decenni inseguono questo obiettivo senza successo.

Un nuovo sviluppo promettente

Recentemente, un vaccino sperimentale sviluppato alla Duke University ha mostrato risultati promettenti.

In uno studio clinico del 2019, il vaccino è riuscito a innescare la produzione di anticorpi neutralizzanti in un piccolo gruppo di partecipanti.

I risultati, pubblicati il 17 maggio sulla rivista scientifica Cell, sono stati definiti tra i più importanti nel campo dei vaccini contro l’HIV da Glenda Gray, presidente del South African Medical Research Council.

Il percorso verso il vaccino

Un team dello Scripps Research e dell’International AIDS Vaccine Initiative (IAVI) aveva dimostrato in precedenza la possibilità di stimolare le cellule necessarie a produrre rari anticorpi neutralizzanti.

Lo studio della Duke University rappresenta un ulteriore passo avanti, anche se ancora a livelli bassi, nel percorso verso la creazione di questi anticorpi.

Gray ha commentato che questa scoperta scientifica offre una grande speranza per sviluppare un regime vaccinale che indirizzi la risposta immunitaria verso una protezione efficace.

Il funzionamento dei vaccini

I vaccini funzionano addestrando il sistema immunitario a riconoscere un virus o un altro agente patogeno introducendo un elemento simile, stimolando i linfociti B a produrre anticorpi.

Quando una persona viene esposta al virus vero e proprio, questi anticorpi permettono al sistema immunitario di riconoscerlo e attaccarlo prontamente.

Le sfide specifiche dell'HIV

A differenza del rapido sviluppo del vaccino contro il Covid-19, la creazione di un vaccino contro l’HIV è più complessa a causa della natura unica del virus.

L’HIV muta rapidamente, superando le difese immunitarie, e si integra nel genoma umano pochi giorni dopo l’esposizione, nascondendosi al sistema immunitario.

Inoltre, alcune parti del virus somigliano alle nostre cellule, complicando ulteriormente la produzione di anticorpi specifici.

Il nuovo vaccino sperimentale

I ricercatori hanno concentrato i loro sforzi sugli anticorpi neutralizzanti, capaci di riconoscere e bloccare diverse versioni del virus.

Esistono due tipi principali di HIV, ciascuno con diversi ceppi, e un vaccino efficace dovrebbe riuscire a colpire la maggior parte di questi ceppi.

Haynes ha spiegato che alcune persone infette da HIV generano anticorpi neutralizzanti, ma questo processo richiede anni e non sempre produce anticorpi sufficienti.

Risultati dello studio

Haynes e il suo team hanno cercato di accelerare questo processo utilizzando un vaccino con molecole sintetiche che imitano una parte stabile della membrana esterna dell’HIV chiamata Mper.

Lo studio ha coinvolto 20 partecipanti sani; 15 hanno ricevuto due delle quattro dosi previste e cinque hanno ricevuto tre dosi.

Sebbene la sperimentazione sia stata interrotta a causa di una reazione allergica in un partecipante, i ricercatori hanno identificato un additivo nel vaccino come probabile causa, che sarà eliminato nei test futuri.

Prospettive future

Nonostante i progressi significativi, rimangono diverse sfide da affrontare.

Un vaccino efficace dovrebbe generare livelli di anticorpi significativamente più alti ed essere somministrabile in una sola dose.

Haynes ha dichiarato che il prossimo passo sarà progettare un vaccino con almeno tre componenti rivolte a diverse regioni dell’HIV, con l’obiettivo di stimolare una risposta immunitaria più robusta e duratura.

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Innovazioni nei trapianti di fegato: AOU Pisana riconosciuta a livello internazionale

L’Unità operativa di Chirurgia epatica e del trapianto di fegato della AOU Pisana ha recentemente partecipato a due dei principali congressi internazionali sul trapianto epatico. Durante questi eventi, è stata presentata l’esperienza dell’unità nell’utilizzo della perfusione normotermica regionale combinata con la perfusione ex-situ per fegati provenienti da donatori DCD (Donation after Cardiac Death) anziani. Questa esperienza sarà fondamentale nella stesura delle nuove linee guida sull’argomento.

I Tempi di accertamento di morte cardiaca in Italia

Davide Ghinolfi, direttore facente funzione dell’Unità operativa, spiega: “La particolarità della nostra esperienza è che i tempi per l’accertamento di morte cardiaca in Italia sono di 20 minuti, quattro volte superiori agli altri Paesi.

Questo, in teoria, espone gli organi prima del prelievo a un rischio maggiore di danno ischemico.

I nostri donatori hanno inoltre un’età media molto superiore a quella degli altri Paesi, e quindi la combinazione dei tempi di ischemia con l’età rende questi organi più rischiosi dal punto di vista dei risultati”.

Tecnologie innovative per la perfusione del fegato

Ghinolfi prosegue: “Nella nostra esperienza abbiamo utilizzato una combinazione di tecnologie che permette la perfusione del fegato sia nel donatore che fuori dal corpo una volta prelevato.

Queste tecnologie ci hanno permesso di ottenere risultati assolutamente sovrapponibili a quelli di altri Paesi, dove l’ischemia è di soli 5 minuti e l’età media dei donatori è di poco superiore ai 40 anni.

Si tratta di un piccolo miracolo tecnologico che ci ha permesso fino ad ora di trapiantare 16 pazienti con ottimi risultati”.

Presentazioni ai congressi internazionali

Il lavoro dell’Unità operativa è stato presentato al congresso della ESOT (European Society for Organ Transplantation) a Madrid da Giovanni Tincani e al congresso della ILTS (International Liver Transplant Society) a Houston, USA, da Daniele Pezzati.

Riconoscimento e collaborazioni internazionali

A testimonianza del riconoscimento internazionale, Ghinolfi è stato invitato a tenere una lettura sull’utilizzo della perfusione regionale normotermica nei donatori da morte cardiaca e sulla perfusione d’organo ex-situ sia a Madrid che a Houston, davanti ai massimi esperti mondiali del settore.

Inoltre, è stato nominato dalla ESOT responsabile del gruppo di lavoro che redigerà le linee guida sull’argomento.

Progetti futuri e collaborazioni

Ghinolfi conclude: “Nei prossimi mesi saremo impegnati nella stesura di ulteriori studi e linee guida sull’argomento in collaborazione con i principali centri trapianto di fegato del mondo.

Tutto questo è frutto di un lavoro di squadra svolto quotidianamente da tutta l’equipe medica, infermieristica, tecnica e di supporto, che permette di garantire ai pazienti i più moderni standard in campo trapiantologico epatico.

Un ringraziamento particolare va anche all’OTT (Organizzazione Toscana Trapianti), che assicura un sistema di donazione ai vertici mondiali per numero e qualità”.

Affetto da Parkinson cammina dopo 30 anni grazie ad un impianto innovativo

I ricercatori del Politecnico federale di Losanna hanno concepito la tecnologia che ha consentito a Marc Gauthier, un cittadino francese di 62 anni, affetto dalla malattia neurodegenerativa da tre decenni, di percorrere agevolmente 6 chilometri.

La sfida

Il passato di Gauthier, una volta architetto e sindaco nella sua città vicino a Bordeaux, è stato radicalmente trasformato dall’instabilità motoria causata dal Parkinson.

La malattia gli ha inflitto movimenti incontrollabili e difficoltà di coordinazione, portandolo da una vita attiva a una condizione in cui perfino rimanere in piedi divenne un’ardua sfida.

L'intervento innovativo

Un intervento sperimentale, eseguito da un team di ricerca internazionale, guidato da Jocelyne Bloch e Grégoire Courtine dell‘Ospedale universitario di Losanna (CHUV) e del Politecnico federale di Losanna (EPFL), ha rivoluzionato la vita di Gauthier

Questo intervento, basato sulla stimolazione del midollo spinale attraverso un dispositivo neuroprotesico, ha permesso a Gauthier di camminare per sei chilometri senza difficoltà, aprendo la strada a una potenziale svolta nel trattamento del Parkinson.

La tecnologia

Il dispositivo neuroprotesico sviluppato dai ricercatori dell’Epfl è stato impiantato nella parte bassa della schiena, sopra il midollo spinale lombosacrale.

Questa posizione strategica ha permesso la stimolazione della rete neurale tra il midollo spinale e i muscoli delle gambe, risultando in un notevole miglioramento dell’andatura dei pazienti affetti da Parkinson.

Nuova procedura di intervento

L’intervento degli studiosi svizzeri si distingue per la posizione innovativa dell’impianto, che ha dimostrato di migliorare l’andatura delle persone affette da Parkinson.

Tuttavia, si evidenzia la necessità di ulteriori ricerche per affinare e consolidare questa tecnologia in via sperimentale.

La metamorfosi di Marc

Grazie all’impianto spinale, Marc Gauthier ha sperimentato una vera e propria metamorfosi.

Da gravi deficit motori e frequenti cadute, è riuscito a camminare per sei chilometri senza problemi, migliorando notevolmente la sua qualità di vita e equilibrio.

Stimolazione personalizzata

Prima dell’impianto, un approfondimento sul processo attento e meticoloso che ha preceduto l’intervento, dove i ricercatori hanno personalizzato la stimolazione per compensare i deficit specifici di Gauthier.

Prospettive future

Il team svizzero ha già avviato test su altri sei pazienti, indicando una prospettiva entusiasmante per il futuro.

Tuttavia, si sottolinea che ci vorranno almeno cinque anni prima che questa tecnologia possa essere disponibile su larga scala dopo i trial clinici.

Conclusioni

In conclusione, questa innovativa tecnologia offre un approccio promettente nella lotta contro il Parkinson, rivoluzionando il trattamento della malattia neurodegenerativa e aprendo la strada a una speranza concreta per coloro che ne sono afflitti.

Fonte: