Ripristino dell’uso della mano utilizzando i nervi del piede

Il CTO della Città della Salute di Torino ha segnato un nuovo capitolo nella storia della chirurgia ricostruttiva nervosa, con un intervento rivoluzionario che utilizza i nervi del piede per ripristinare l’uso della mano.

Una pionieristica procedura chirurgica

Un team composto da microchirurghi e neurochirurghi ha condotto questa procedura unica nel suo genere, aprendo nuove prospettive per la chirurgia ricostruttiva nervosa.

La squadra, composta dal dottor Bruno Battiston, dottor Paolo Titolo, dottoressa Francesca Vincitorio, e il professor Diego Garbossa, ha eseguito per la prima volta al mondo questa innovativa procedura, offrendo una luce di speranza a pazienti come Giovanni, il cui destino è stato segnato da un tragico incidente stradale.

Una storia di speranza dopo un grave incidente

Giovanni, 55 anni, operatore sociosanitario, è stato coinvolto in un grave incidente stradale che ha causato l’amputazione di metà della sua gamba sinistra e una lesione completa del plesso brachiale del braccio sinistro.

L’incidente, causato da una moto che non ha rispettato un semaforo, ha cambiato radicalmente la vita di Giovanni. Tuttavia, grazie all’intervento pionieristico del team di chirurghi, si apre ora una nuova prospettiva di recupero.

Ricerca e approvazione etica

La procedura innovativa è frutto di quattro anni di ricerca intensiva, culminati con la pubblicazione su una prestigiosa rivista scientifica internazionale, Injury, e l’approvazione da parte del Comitato Etico della Città della Salute per l’applicazione clinica.

Il fulcro dell’intervento è la trasposizione della parte peroneale del nervo sciatico, normalmente deputata al controllo della dorsiflessione del piede.

Questo trasferimento nervoso mirato, dalla gamba amputata al braccio paralizzato, ha lo scopo di reinnervare il plesso brachiale lesionato, aprendo la strada a una riattivazione funzionale.

Trasferimenti nervosi

Per comprendere appieno l’entità dell’innovazione introdotta, è essenziale esplorare il concetto di trasferimenti nervosi, uno spostamento dei rami nervosi da una zona del corpo all’altra per ripristinare funzioni compromesse.

Nei centri nazionali e internazionali di chirurgia ricostruttiva nervosa, si utilizzano normalmente nervi nelle vicinanze dell’arto superiore lesionato.

Nel caso di Giovanni, i chirurghi hanno invece trasferito rami del nervo peroneale dalla gamba al plesso brachiale, offrendo una speranza concreta di ripristino delle funzioni motorie e sensitive dell’arto superiore.

Dalla chirurgia alla riabilitazione

L’intervento chirurgico, eseguito dopo circa 5 mesi dal trauma, ha coinvolto una complessa procedura durata circa 12 ore.

Le diverse équipes hanno collegato i rami del nervo peroneale ai nervi strappati, con l’obiettivo di reinnervare la muscolatura dell’arto superiore.

Il paziente, chiamato Giovanni a fini illustrativi, è ora ricoverato nel reparto di Neurochirurgia, dopo essere stato preso in carico dagli anestesisti della rianimazione diretta dal dottor Maurizio Berardino.

Non si sono presentate complicanze periprocedurali, e il paziente sta bene.

Integrazione della chirurgia con la plasticità cerebrale

L’integrazione della chirurgia con la plasticità cerebrale presuppone che Giovanni impari a controllare l’uso della mano, inizialmente pensando a movimenti del piede e, successivamente, sviluppando nuove abilità attraverso l’adattamento cerebrale.

L’intera fase riabilitativa sarà resa possibile dalla Medicina Fisica e Riabilitazione, sotto la direzione del professor Giuseppe Massazza, aprendo nuove prospettive nel campo della neurofisiologia e rappresentando un ulteriore passo avanti nella medicina.

Questo traguardo segna una significativa avanzata nella ricerca di soluzioni innovative per migliorare la vita di coloro che affrontano gravi lesioni e traumi, aprendo nuovi orizzonti nel campo della neurofisiologia e della medicina.

Con un intervento innovativo 15enne recupera l’uso del braccio paralizzato.

Un giovane di 15 anni ha affrontato con successo un intervento chirurgico pionieristico presso l’ospedale Molinette di Torino, utilizzando una tecnica innovativa mai sperimentata prima per ripristinare la funzione del suo braccio sinistro paralizzato.

Paralizzato dopo incidente stradale

Dopo essere stato coinvolto in un grave incidente stradale, il ragazzo ha subito un grave politrauma che ha portato all’amputazione traumatica della mano e all‘interruzione completa delle fibre nervose che controllano i movimenti del braccio sinistro.

Inizialmente ricoverato presso l’ospedale di Perugia, il giovane ha attraversato un lungo processo di recupero dopo un delicato intervento per ricostruire la mano e le sue connessioni neuro-muscolari.

Tuttavia, nonostante gli sforzi, il braccio sinistro ha subito una lesione troppo grave, e i nervi del plesso brachiale sono risultati irrimediabilmente amputati.

L'Intervento di microchirurgia

L’unico mezzo per ripristinare l’uso del braccio è stato un complesso intervento di microchirurgia.

La procedura richiedeva il prelievo di un tratto di un nervo sano per sostituire il plesso brachiale lesionato.

Il nervo ideale per questo scopo è risultato essere il nervo frenico, che origina a livello delle prime vertebre cervicali, discende nel collo e nel torace.

Collaborazione multidisciplinare a Torino

Il ragazzo è stato trasferito a Torino, presso le Molinette, dove un’équipe multidisciplinare di chirurghi ha preso in carico il caso.

Chirurghi della mano, neurochirurghi e chirurghi toraco-polmonari si sono uniti per applicare, per la prima volta in Italia, una tecnica mini-invasiva di prelievo del nervo frenico.

Questa innovativa procedura ha permesso di conservare integralmente la porzione del nervo frenico intratoracico, aumentando le probabilità di successo dell’intervento.

Una nuova vita per il braccio

Il nervo frenico è stato prelevato per tutta la sua lunghezza e successivamente reinnervato, collegandolo come fili elettrici nei nervi non funzionanti del braccio sinistro.

Questa riconnessione permette alla componente sana del nervo di ricrescere gradualmente, con una media di 1-2 mm al giorno.

L’intervento si basa sui trasferimenti nervosi, una tecnica che coinvolge il riposizionamento di nervi sani per ripristinare la funzione motoria nelle zone colpite.

Durante l’intervento, i chirurghi hanno eseguito con precisione microchirurgica il collegamento dei nervi sani a quelli paralizzati, creando una nuova connessione per trasmettere i segnali neurali.

8 ore in sala operatoria

Dopo oltre 8 ore di sala operatoria, l’intervento è stato tecnicamente riuscito.

Il giovane paziente è stato dimesso cinque giorni dopo e ora si prepara a affrontare una nuova fase di riabilitazione e fisioterapia per completare il suo percorso verso una completa guarigione.

Fonte:

Ossa di Vetro: un bambino con Osteogenesi Imperfetta cammina a 11 Anni

Un bambino di undici anni ha conquistato la gioia di camminare, sfidando l’Osteogenesi Imperfetta, attraverso quattro interventi chirurgici presso l’AOU Meyer e una determinata riabilitazione presso il Centro Don Carlo Gnocchi di Firenze.

Una vittoria di determinazione e collaborazione medica

A soli undici anni, un piccolo paziente ha sperimentato la gioia di camminare per la prima volta, grazie al lavoro collaborativo dei medici dell’AOU Meyer IRCCS.

Dopo quattro delicati interventi chirurgici e un lungo percorso riabilitativo, il bambino ha finalmente compiuto i suoi primi passi, seppur con l’aiuto delle stampelle.

La sfida dell'osteogenesi imperfetta

Il protagonista di questa storia affronta una forma estremamente severa di osteogenesi imperfetta, nota anche come ‘la malattia delle ossa di vetro’.

Questa patologia genetica, caratterizzata da un difetto del collagene, porta a una significativa fragilità ossea.

Le gambe del bambino erano affette da fratture patologiche, causando una deformità grave con una curvatura a forma di sciabola sia nelle cosce che nelle gambe, rendendo impossibile il movimento eretto.

Diagnosi e periodo di ricovero

La diagnosi è stata stabilita dopo approfondite indagini condotte dagli endocrinologi e genetisti presso l’ospedale pediatrico fiorentino.

Da quel momento, ha avuto inizio un prolungato periodo di ricovero, durante il quale l’equipe di Ortopedia e Traumatologia pediatrica, guidata dal professor Giovanni Beltrami, ha seguito attentamente il caso.

Studio preliminare e simulazioni chirurgiche

Prima di affrontare la serie di interventi necessari, gli ortopedici hanno condotto un’angiotac agli arti inferiori per uno studio approfondito.

I chirurghi, utilizzando modelli a grandezza naturale delle ossa deformi del bambino ottenuti attraverso la stampa 3D, hanno simulato e pianificato gli interventi.

Queste simulazioni hanno permesso di programmare osteotomie mirate, eliminando progressivamente la curvatura e consentendo di raddrizzare le gambe.

Chiodi telescopici e crescita fisiologica

Un elemento fondamentale del trattamento è stato l’utilizzo di chiodi telescopici in grado di “allungarsi”, adattandosi alla crescita fisiologica del bambino e fornendo una “protezione interna” all’osso stesso.

Riabilitazione e supporto a Don Carlo Gnocchi

Il percorso di riabilitazione è stato altrettanto cruciale e si è svolto presso il reparto di riabilitazione pediatrica specializzata del Centro IRCCS Don Carlo Gnocchi di Firenze.

L’équipe, guidata dalla dottoressa Giovanna Cristella, fisiatra dell’età evolutiva, ha elaborato una strategia efficace utilizzando fisioterapisti, tutori e ausili appropriati per consentire al bambino di muoversi sulle proprie gambe.

Cura continua e prospettive future

Un’attenzione particolare è stata dedicata all’individuazione di una cura adeguata per prevenire l’avanzamento della patologia.

Il bambino proseguirà il suo percorso medico presso l’Auxoendocrinologia del Meyer, diretta dal professor Stefano Stagi, dove riceverà le terapie specifiche necessarie.

Fonte:

Riabilitazione post ictus, il tempo è prezioso.

Quando si parla di ictus il tempo è prezioso, non solo per quanto riguarda l’assistenza del paziente nella fase di emergenza, cioè durante e subito dopo l’evento, ma anche per l’inizio della terapia riabilitativa.

Una minaccia globale

La World Stroke Organisation segnala che più di 12 milioni di persone nel mondo sono colpite da ictus ogni anno.

Questo improvviso disturbo, il cui nome deriva dal latino e significa “colpo”, è causato dal mancato apporto di sangue in una specifica area del cervello, con conseguente perdita o deterioramento delle funzioni cognitive o motorie ad essa legate.

In Italia, l’ictus è la principale causa di invalidità e la seconda causa di morte, superata solo dalle malattie cardiovascolari.

Prevenzione e limitazione delle conseguenze

Gli esperti sostengono che è possibile fare molto sia in termini di prevenzione che di limitazione delle conseguenze una volta che l’ictus si è verificato.

La tempestività nell’assistenza durante l’emergenza e l’avvio precoce della terapia riabilitativa sono fondamentali.

Secondo Alessandro Giustini, direttore della Scuola Europea di Robotica in Neuroriabilitazione, iniziare precocemente gli interventi di riabilitazione è cruciale per ottenere risultati migliori.

Quando iniziare la riabilitazione

Il tempo è essenziale quando si tratta di ictus, non solo durante l’emergenza ma anche nell’avvio della terapia riabilitativa.

Gli interventi devono essere adeguati alle condizioni del paziente e valutati in collaborazione con il neurologo o neurochirurgo responsabile.

La riabilitazione dovrebbe cominciare già nelle fasi iniziali del trattamento farmacologico o subito dopo la rianimazione, specialmente in casi gravi o complessi.

Le attività riabilitative mirano a prevenire l’aggravamento dei danni, ridurne la gravità e preparare il terreno per trattamenti più intensivi successivi.

Attenzione ai deficit cognitivi

Il tipo di intervento riabilitativo dipende dalle sedi anatomiche e funzionali colpite.

Può riguardare la paralisi di un arto, problemi di postura, deambulazione o deficit cognitivi.

Questi ultimi non coinvolgono solo il linguaggio ma anche la consapevolezza del paziente e la sua capacità di comprendere gli esercizi proposti.

Affrontare tempestivamente questi aspetti è essenziale, poiché durante la riabilitazione motoria possono emergere deficit cognitivi non evidenti durante la degenza.

Il ruolo cruciale dell'infermiere

Un team multidisciplinare di specialisti, tra cui fisioterapisti, logopedisti e infermieri, monitora costantemente il paziente.

L’infermiere svolge un ruolo chiave nell’assistenza quotidiana, segnalando eventuali problematiche da monitorare.

Possibilità di recupero

Il recupero delle funzioni cognitive e motorie dipende in parte dall’entità del danno causato dall’ictus.

Tuttavia, l’inizio tempestivo della terapia riabilitativa può favorire un recupero significativo.

Il coinvolgimento attivo del paziente, lo stimolo funzionale ed emozionale possono superare le aspettative basate solo sulle valutazioni anatomiche.

Integrazione con la terapia robotica

La neuroriabilitazione robotica offre strumenti di supporto, come macchinari per il recupero motorio e strumenti di realtà virtuale per stimolare specifiche funzioni cognitive o comunicative.

Questi strumenti possono essere utilizzati anche a domicilio, consentendo risultati precedentemente inaccessibili.

La motivazione, guidata dagli specialisti e misurata attraverso punteggi, è fondamentale per il successo della riabilitazione.

In sintesi, l’ictus rappresenta una sfida globale, ma l’approccio tempestivo e olistico alla riabilitazione offre speranza per un recupero significativo.

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