Il pacemaker più piccolo al mondo

Una nuova frontiera della medicina cardiaca arriva dalla Northwestern University, dove è stato sviluppato il pacemaker temporaneo più piccolo al mondo. Talmente minuscolo da poter essere iniettato con una siringa, questo innovativo dispositivo promette di rivoluzionare la cura dei disturbi del ritmo cardiaco, soprattutto nei pazienti più fragili: i neonati.

Il pacemaker più piccolo al mondo

Un pacemaker temporaneo più piccolo di un chicco di riso – misura 1.8 x 3.5 x 1 millimetri – è stato sviluppato dai bioingegneri della Northwestern University.

Funziona sia su modelli animali che su tessuti di cuore umano prelevati da donatori deceduti.

Si tratta del pacemaker più piccolo al mondo, così minuscolo da poter essere iniettato tramite una semplice siringa.

Funzionamento senza fili né batterie

Il dispositivo contiene elettrodi che, a contatto con i fluidi corporei, generano una corrente elettrica, rendendo superflua qualsiasi fonte esterna di energia o cablaggio.

Il pacemaker è collegato a un’unità wireless posizionata sulla pelle del torace, che monitora il battito cardiaco e, in caso di aritmie, invia impulsi ottici attraverso la pelle per stimolare il cuore.

La luce emessa si sincronizza con il ritmo cardiaco corretto.

Completamente riassorbibile dall’organismo

Una delle innovazioni più significative è che, una volta terminato il suo compito, il dispositivo si dissolve naturalmente nei fluidi corporei grazie ai materiali biocompatibili di cui è composto.

Non è quindi necessario alcun intervento chirurgico per rimuoverlo.

Una soluzione ideale per i cuori dei neonati

Sebbene adattabile a cuori di qualsiasi dimensione, le sue dimensioni ridotte lo rendono particolarmente indicato per i neonati affetti da difetti cardiaci congeniti.

I cuori dei neonati sono infatti estremamente fragili e piccoli, e richiedono dispositivi miniaturizzati per essere trattati in modo sicuro.

Pacemaker temporanei: perché sono fondamentali

I pacemaker temporanei vengono comunemente utilizzati dopo interventi di chirurgia cardiaca. Servono per stabilizzare il ritmo cardiaco durante la convalescenza o mentre si attende l’impianto di un dispositivo permanente. Attualmente, gli elettrodi vengono impiantati chirurgicamente e collegati tramite fili a un generatore esterno.

Rischi e complicanze degli attuali dispositivi

Gli attuali pacemaker temporanei possono comportare diversi rischi: infezioni, danni ai tessuti, spostamento del dispositivo, sanguinamenti o formazione di trombi. Un caso tristemente celebre è quello di Neil Armstrong, che morì a causa di un’emorragia provocata dalla rimozione dei fili di un pacemaker temporaneo dopo un intervento di bypass.

Il bisogno urgente nella cardiochirurgia pediatrica

Il nuovo pacemaker nasce per rispondere a un’esigenza critica nella cardiochirurgia pediatrica. “Abbiamo sviluppato il pacemaker più piccolo al mondo – spiega John A. Rogers, professore di Bioingegneria alla Northwestern University – perché in questo campo la miniaturizzazione è fondamentale”.

Anche Igor Efimov, cardiologo e coautore dello studio, sottolinea l’importanza dell’innovazione per i pazienti pediatrici: “Circa l’1% dei neonati nasce con difetti cardiaci congeniti. Nella maggior parte dei casi, basta una stimolazione temporanea di una settimana dopo la chirurgia, ma quei sette giorni sono critici. Ora possiamo usare questo pacemaker per aiutarli senza doverlo più rimuovere chirurgicamente”.

Oltre il cuore: possibili nuove applicazioni

I ricercatori hanno dimostrato l’efficacia del dispositivo nel controllare il ritmo cardiaco su animali di diverse dimensioni – dai topi ai maiali – e su cuori umani non più vitali.

Le potenzialità del dispositivo non si fermano qui: potrebbe essere adattato per la rigenerazione nervosa e ossea, la terapia del dolore e la guarigione delle ferite.

Il commento di un esperto italiano

Fabrizio Drago, responsabile di Cardiologia e Aritmologia dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, ha commentato con entusiasmo lo studio. “Nei neonati siamo costretti a usare dispositivi per adulti, con fili e dimensioni inadatte. L’adattamento è quasi artigianale.

L’ideale futuro sarà fatto di dispositivi microscopici, ricaricabili dall’esterno e con una durata di anni. Cambierebbero la storia della cardiostimolazione neonatale”.

Un nuovo alleato per i neonati operati

Secondo Drago, questo dispositivo potrebbe essere estremamente utile in bambini che, dopo interventi complessi, sviluppano edemi o infiammazioni. In questi casi, la stimolazione cardiaca temporanea può aiutare il recupero entro 7-10 giorni.

Un pacemaker miniaturizzato, poco invasivo e riassorbibile può fare davvero la differenza nella pratica clinica quotidiana.

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Intervento senza precedenti al San Camillo

Presso l’Ospedale San Camillo Forlanini di Roma è stato eseguito un intervento cardiologico mai documentato prima in letteratura: un impianto di TAVI in TAVI su una paziente affetta dalla rarissima Sindrome di Morquio

Un intervento senza precedenti

Un evento di portata storica si è verificato presso l’ospedale San Camillo Forlanini: per la prima volta in letteratura medica è stato eseguito un intervento di TAVI in TAVI, ovvero l’impianto di una nuova bioprotesi aortica all’interno di una precedente bioprotesi danneggiata, tramite accesso dall’arteria femorale. Il caso riguardava una paziente affetta dalla rarissima Sindrome di Morquio, per la quale questa procedura rappresentava l’unica opzione terapeutica possibile.

L’intervento, perfettamente riuscito, è stato eseguito dal dottor Francesco De Felice e dalla dottoressa Diana Chin dell’équipe di Cardiologia interventistica.

Che cos’è la Sindrome di Morquio

La Sindrome di Morquio, o mucopolisaccaridosi di tipo IV, è una rara malattia genetica che colpisce circa una persona su 300.000. È causata dall’accumulo di glicosaminoglicani (zuccheri complessi) nei tessuti del corpo, portando a gravi problemi muscoloscheletrici, tra cui bassa statura, e a disfunzioni degli organi vitali come cuore e polmoni.

Nel caso specifico, la paziente – di soli 53 anni – era già stata sottoposta a numerosi interventi ortopedici e, nel 2017, aveva ricevuto un primo impianto TAVI per trattare una stenosi aortica severa. Nel 2023, a seguito di un peggioramento, era stata trattata con una valvuloplastica aortica. Tuttavia, le sue condizioni cliniche la rendevano ad altissimo rischio per un nuovo intervento chirurgico o un ulteriore TAVI.

Il ricovero d’urgenza al San Camillo

A seguito di un improvviso peggioramento, la paziente è stata ricoverata al pronto soccorso del San Camillo per un episodio di scompenso cardiaco acuto. La dottoressa Vania Chianta, cardiologa, ha effettuato una rapida diagnosi ecocardiografica, rilevando la disfunzione della protesi valvolare aortica con grave stenosi e insufficienza cardiaca.

Stabilizzata la paziente, la radiologia diretta dal dottor Vitaliano Buffa ha confermato, mediante una TAC, la fattibilità tecnica dell’intervento TAVI in TAVI tramite accesso transfemorale. L’Heart Team multidisciplinare ha unanimemente considerato questa l’unica strada percorribile, poiché un trattamento medico isolato sarebbe stato inefficace.

Un lavoro di squadra altamente specializzato

L’intervento è stato eseguito dall’équipe dell’Unità operativa semplice di Cardiologia interventistica, parte dell’Unità operativa complessa di Cardiologia diretta dal professor Domenico Gabrielli. Il supporto anestesiologico è stato fornito dalla UOC di Cardioanestesia, guidata dal professor Elio D’Avino.

Per minimizzare i rischi, la procedura è stata condotta in anestesia locale con accesso transfemorale, sotto costante monitoraggio da parte del dottor Davide Cristofani. Fondamentale il contributo del personale infermieristico (Dario Lolli, Diego Roviti, Mauro Ruscito) e tecnico (Sabrina Saraceni). La procedura si è conclusa con successo e senza complicanze, e la paziente è stata assistita dall’équipe dell’UTIC (Unità di Terapia Intensiva Cardiologica) fino alla dimissione, avvenuta dopo pochi giorni.

Una procedura rara e complessa

Dal San Camillo sottolineano che, sebbene la sostituzione percutanea della valvola aortica (TAVI) sia oggi sempre più diffusa, gli interventi di TAVI in TAVI restano complessi e rari, richiedendo alta specializzazione tecnica e una pianificazione meticolosa.

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Tutti convocati in difesa del nostro cuore

Le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali cause di morte in Italia e nel mondo. Tuttavia, la percezione del rischio è ancora troppo bassa tra i cittadini. Per affrontare questa sfida, nasce “Al cuore della prevenzione/CVrisk-IT”, un progetto innovativo che coinvolge 30.000 cittadini e punta a migliorare la prevenzione cardiovascolare attraverso la ricerca scientifica. 

Il più grande progetto di ricerca cardiovascolare in Italia

Trentamila cittadini, da Bolzano alla Sicilia, potranno partecipare a “Al cuore della prevenzione/CVrisk-IT”, il più grande progetto di ricerca sul rischio cardiovascolare mai realizzato in Italia.

Finanziato dal Parlamento tramite il ministero della Salute con 20 milioni di euro e previsto dalla legge di bilancio del 2023, il progetto mira a ottenere una fotografia dettagliata dello stato di salute del cuore degli italiani.

La rete degli Irccs e l'obiettivo del progetto

Il progetto è guidato dalla rete dei 17 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs) del ministero della Salute, che fungeranno da centri hub, supportati da altri 30 ospedali.

L’iniziativa combina ricerca scientifica e prevenzione, con l’obiettivo di ridurre le liste d’attesa e i costi sanitari legati ai ricoveri per patologie cardiovascolari.

Ogni anno, in Italia, si registrano 1.500 dimissioni ospedaliere per motivi cardiovascolari ogni 100.000 abitanti, un dato che incide pesantemente sulle degenze e sulle giornate lavorative perse.

Chi può partecipare e come candidarsi

Per partecipare, occorre soddisfare tre requisiti: essere sani, avere un’età compresa tra i 40 e gli 80 anni e non avere una diagnosi pregressa di malattia cardiovascolare o diabete.

La candidatura è semplice: basta collegarsi al sito della Rete cardiologica Irccs e compilare il format per manifestare interesse.

Dopo la verifica dei requisiti, si potrà entrare nel vivo dello studio, che prevede una presa in carico completamente gratuita sostenuta dal Servizio sanitario nazionale.

Il percorso dello studio e i benefici per la prevenzione

Il progetto si articola in due fasi: i partecipanti saranno valutati per 12 mesi attraverso i più avanzati modelli di predizione del rischio cardiovascolare.

Coloro che presenteranno un rischio “molto alto” riceveranno un trattamento standard basato sulle linee guida cliniche, mentre gli altri saranno assegnati a nuovi approcci metodologici, ricevendo consulenze personalizzate sullo stile di vita.

L’obiettivo è duplice: avanzare la ricerca scientifica e mettere in campo una massiccia operazione di prevenzione cardiovascolare.

Un’iniziativa necessaria, considerando che le malattie del cuore rappresentano la principale causa di morte sia nel mondo che in Italia, con un’incidenza del 30,8%.

Tuttavia, la percezione del rischio cardiovascolare tra gli italiani è ancora bassa: il 54% non si ritiene a rischio e solo la metà della popolazione adotta misure preventive come un’alimentazione sana (50%) e attività fisica regolare (39%), mentre appena il 18% si sottopone a controlli periodici.

L’innovazione del progetto CVrisk-IT

L’innovazione del progetto è spiegata da Lorenzo Menicanti, presidente della Rete degli Irccs cardiologici e direttore scientifico dell’Irccs Policlinico San Donato: «Il nostro primo obiettivo è realizzare una profilazione del rischio della popolazione italiana, mai effettuata prima d’ora. Inoltre, vogliamo comprendere quali fattori abbiano il maggiore impatto nell’evoluzione del rischio cardiovascolare».

I partecipanti saranno sottoposti a ecografie della carotide per individuare eventuali patologie, TAC per valutare la presenza di calcificazioni e, elemento innovativo, un’indagine genetica, nel rispetto delle stringenti normative italiane sulla privacy.

Menicanti sottolinea l’importanza di coinvolgere i cittadini nella prevenzione: «Se ognuno conosce esattamente il proprio rischio, l’approccio alla prevenzione cambia radicalmente».

La validazione scientifica e la piattaforma MyCardioSpace

Prima del lancio definitivo, il programma è stato sottoposto alla validazione di esperti internazionali.

Ambra Cerri, Chief Project Manager, spiega che il protocollo di studio è stato già approvato da alcuni Comitati etici territoriali e integra soluzioni innovative per ottimizzare la gestione operativa.

Inoltre, è stata sviluppata una piattaforma informatica avanzata, MyCardioSpace, che facilita la raccolta e l’uso scientifico dei dati, mettendo al centro il cittadino.

L’iniziativa è supervisionata dal ministero della Salute, che la considera un modello innovativo di interazione con le persone.

Graziano Lardo, direttore generale Ricerca e Innovazione, evidenzia come l’inserimento dei dati genetici e la creazione di una biobanca saranno elementi cruciali per la ricerca futura.

Il campione di nuoto Filippo Magnini testimonial del progetto

A sostenere il progetto come testimonial è il campione di nuoto Filippo Magnini, due volte campione mondiale nei 100 metri stile libero.

Magnini lancia un messaggio chiaro: «La prevenzione è fondamentale per tutti noi, per vivere più sereni e per aiutare la ricerca a progredire. Nessuno può dirsi esente dalle malattie del cuore, quindi controllatevi e candidatevi per far parte dei 30.000 partecipanti.

Scoprirete che vale la pena consigliare questa opportunità anche alle persone che amate». Secondo Magnini, CVrisk-IT rappresenta un’opportunità unica per i cittadini di accedere gratuitamente a un programma di prevenzione cardiovascolare di altissimo livello.

La TAVI: una procedura salvavita ancora poco accessibile in Italia

Nuove raccomandazioni dagli Stati Uniti indicano che la sostituzione transcatetere della valvola aortica (TAVI/TAVR) può ridurre i rischi di morte, ictus e ricovero anche nei pazienti con stenosi grave asintomatica, oggi trattati solo con sorveglianza. In Italia, però, si eseguono appena 220 TAVI per milione di abitanti, contro un fabbisogno stimato di 400.

Una procedura salvavita, ma poco accessibile

Nonostante le evidenze scientifiche a supporto dell’estensione delle indicazioni della TAVI (sostituzione transcatetere di valvola aortica) anche ai pazienti con stenosi aortica asintomatica, in Italia questa procedura mininvasiva soddisfa solo poco più della metà del fabbisogno nazionale.

Ogni anno si eseguono 220 TAVI per milione di abitanti, rispetto a un fabbisogno stimato di 400 per milione.

Focus scientifico e sostenibilità ambientale al congresso GISE

Gli specialisti della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) hanno acceso i riflettori su nuove opportunità e carenze di accesso alla TAVI durante il 45° congresso nazionale, inaugurato a Milano.

Per la prima volta in Italia, l’evento è interamente “carbon neutral”, con emissioni di carbonio calcolate e compensate.

Oltre ad essere un momento scientifico di rilievo, il congresso si propone come un esempio di responsabilità ambientale.

La rivoluzione della TAVI nella cardiologia interventistica

La TAVI ha trasformato la cardiologia interventistica, offrendo una valida alternativa alla chirurgia a cuore aperto per i pazienti con stenosi aortica – spiega Francesco Saia, presidente GISE.

La stenosi aortica è una grave patologia che ostacola il flusso sanguigno e aumenta il rischio di morte, con una sopravvivenza inferiore al 5% a tre anni dalla diagnosi sintomatica.

Questa procedura minimamente invasiva rappresenta una soluzione innovativa per migliorare la qualità della vita dei pazienti”.

Lo studio EARLY TAVR: i vantaggi dell'intervento precoce

Durante il congresso internazionale Transcatheter Cardiovascolare Therapeutics (TCT) a Washington, è stato presentato lo studio EARLY TAVR, che ha dimostrato i benefici di un intervento precoce nei pazienti con stenosi aortica grave ma asintomatica.

Su 901 pazienti seguiti per 3,8 anni, quelli sottoposti a TAVI precoce hanno mostrato un rischio ridotto del 15% di morte, ictus o ricovero rispetto al gruppo monitorato.

Inoltre, questi pazienti hanno registrato un minore deterioramento della funzione cardiaca.

Alfredo Marchese, responsabile di cardiologia interventistica all’Ospedale S. Maria GVM di Bari, sottolinea che il 70% dei pazienti monitorati ha comunque necessitato della sostituzione della valvola entro due anni, spesso con sintomi gravi. “Non ci sono vantaggi nell’aspettare: i nuovi dati indicano che l’intervento precoce può migliorare in modo significativo gli esiti”.

Italia: tra fabbisogno insoddisfatto e disomogeneità territoriale

Nonostante i progressi scientifici, in Italia l’accesso alla TAVI resta limitato.

“Il numero di pazienti trattati è insufficiente rispetto al fabbisogno – evidenzia Saia – e le differenze geografiche sono significative: si va da 108 a 294 interventi per milione di abitanti nelle diverse regioni, contro un fabbisogno di 350-400″.

GISE sollecita le istituzioni a colmare queste lacune, individuando strumenti per migliorare l’accesso alla procedura e garantire una maggiore uniformità nei trattamenti, al fine di salvaguardare la salute dei pazienti.

Scoperta la cellula ingegnere che crea nuove arterie dopo l’infarto

Dopo un infarto, il cuore può tentare di autoripararsi sviluppando nuovi vasi sanguigni, ma spesso questi non sono sufficienti. Uno studio coordinato da Elena Cano ha identificato una cellula “primordiale” capace di creare arterie, offrendo una nuova speranza per migliorare la circolazione e limitare i danni cardiaci post-infarto.

Il problema della riparazione cardiaca dopo un infarto

Dopo un infarto, le cellule della zona colpita dall’ischemia prolungata muoiono a causa della mancanza di ossigeno e soprattutto di sangue, che normalmente fluisce attraverso piccoli vasi.

In alcuni casi, il miocardio riesce ad autoripararsi sviluppando nuovi vasi sanguigni attorno alla zona danneggiata, ma spesso questi non sono sufficienti.

Ci vorrebbero arterie più grandi e potenti per garantire un nutrimento adeguato al cuore.

Questo è il sogno di molti ricercatori, e grazie a uno studio coordinato da Elena Cano, c’è speranza che diventi realtà.

Le cellule di "punta"

Gli studiosi hanno identificato un particolare tipo di cellula, chiamata “pre-arteriosa”, che svolge un ruolo chiave nella formazione di nuovi vasi sanguigni.

Queste cellule sono considerate precursori di nuove arterie, capaci di rispondere a segnali ambientali e guidare la crescita dei vasi in direzioni specifiche.

Studi condotti su animali hanno rivelato che queste cellule erano già indirizzate a svilupparsi come arterie, contraddicendo l’idea che le arterie si formassero solo in risposta al fluido che le attraversa.

Questo studio ha dimostrato che le cellule pre-arteriose acquisiscono le caratteristiche delle arterie prima ancora che il sangue inizia a fluire al loro interno.

Meccanismi di rigenerazione cardiaca

I ricercatori hanno confrontato il comportamento delle cellule pre-arteriose negli animali e negli esseri umani, utilizzando tessuti cardiaci embrionali umani.

Hanno scoperto che il meccanismo di formazione delle nuove arterie è conservato non solo durante lo sviluppo embrionale, ma anche dopo un infarto.

Questo meccanismo potrebbe essere la chiave per stimolare la rigenerazione delle arterie coronariche, aprendo nuove possibilità terapeutiche per limitare i danni al miocardio e migliorare la circolazione sanguigna nell’area colpita dall’ischemia.

Speranze per il futuro

Nonostante i grandi progressi ottenuti nel ridurre l’estensione degli infarti tecniche attraverso come l’angioplastica, i tentativi di rigenerare il muscolo cardiaco danneggiato hanno avuto esiti deludenti.

La sfida principale è garantire che le cellule staminali possano attaccarsi nel tessuto cicatriziale e ricevere il giusto apporto di sangue e ossigeno.

Le cellule pre-arteriose presenti in questo studio potrebbero essere un passaggio cruciale per la creazione di nuovi vasi sanguigni all’interno del tessuto danneggiato, facilitando così la rigenerazione del muscolo cardiaco e migliorando la qualità della vita dei pazienti.

Fonte:

Torino rivoluziona l’angioplastica con l’Intelligenza Artificiale

Un nuovo strumento basato sull’Intelligenza Artificiale, sviluppato a Torino, potrebbe rivoluzionare il trattamento delle malattie coronariche, semplificando le diagnosi e migliorando l’efficacia delle angioplastiche.

L'intelligenza Artificiale per l'Angioplastica Coronarica

Quando fare l’angioplastica coronarica? Ora lo dice l’Intelligenza Artificiale (IA), “leggendo” una semplice coronarografia.

Parliamo di un nuovo strumento che rivoluzionerà il trattamento delle malattie coronariche, semplificando e migliorando la valutazione delle placche nelle arterie.

Pubblicato sulla rivista European Heart Journal Quality of Care and Cardiovascular Outcomes, questo studio pionieristico è il risultato di una collaborazione tra l’ospedale Molinette di Torino, l’Università degli Studi di Torino e il Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università di Catania.

Lavoro di squadra

Guidato dai cardiologi Ovidio De Filippo e Fabrizio D’Ascenzo, della Cardiologia Universitaria delle Molinette (diretta dal professor Gaetano Maria De Ferrari), in collaborazione con i professori Marco Aldinucci (UniTo) e Concetto Spampinato (Catania), il progetto ha coinvolto numerosi Centri cardiologici italiani ed europei, tra cui cinque piemontesi.

L’obiettivo del team è stato affrontare una sfida comune nella cardiologia interventistica.

Per decidere se procedere con un’angioplastica, infatti, le linee guida internazionali raccomandano l’esecuzione di due esami specifici: il Ffr (Fractional Flow Reserve) e l’Ifr (Instantaneous Wave-Free Ratio).

Nella pratica, però, questi esami vengono effettuati molto raramente a causa dei costi, del tempo richiesto e dei rischi associati alla necessità di inserire nella coronaria cateteri aggiuntivi per le misurazioni.

Diagnosi avanzata

Il team ha sviluppato Starflow, uno strumento avanzato di Intelligenza Artificiale capace di stimare i valori di Ffr e Ifr direttamente dalle immagini standard di coronarografia.

Utilizzando una rete neurale profonda multi-task, Starflow analizza due semplici proiezioni angiografiche per fornire una valutazione accurata della rilevanza delle placche, indirizzando i pazienti verso l’angioplastica o la terapia medica.

Primi risultati

I risultati ottenuti sono notevoli: l’applicazione ha raggiunto un’accuratezza quasi pari al 90%, un livello di precisione paragonabile a quello ottenuto con le tecniche invasive tradizionali ma con significativi vantaggi in termini di tempo, riduzione dei rischi per i pazienti e costi.

Le implicazioni future

«Lo sviluppo di Starflow potrebbe avere un impatto significativo sull’accesso dei pazienti a valutazioni fisiologiche precise delle stenosi coronariche», spiega il dottor De Filippo. «Ha il potenziale di migliorare il processo decisionale clinico e ottimizzare i trattamenti per le malattie coronariche».

Aggiunge il professor De Ferrari: «Si tratta di un grandissimo contributo dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in cardiologia e di una dimostrazione della possibilità che l’innovazione tecnologica, associata alle competenze mediche, possa affrontare problemi clinici complessi, migliorando l’efficienza e l’efficacia delle cure mediche».

Presentazione ufficiale

La nuova tecnologia sarà presentata in anteprima durante le 36me Giornate Cardiologiche Torinesi, che si terranno a Torino dal 19 al 21 settembre 2024, presso il Polo Aldo Moro dell’Università degli Studi di Torino (via Sant’Ottavio 18), dirette dai professori Mauro Rinaldi, Gaetano Maria De Ferrari e Fabio Verzini.

Fonte:

Trattamento della stenosi aortica: l’importanza della TAVI

La stenosi della valvola aortica è una delle malattie cardiache più comuni, soprattutto tra gli anziani. Fortunatamente, grazie alla procedura mini-invasiva TAVI, è possibile trattare questa condizione in modo efficace, evitando interventi chirurgici complessi e migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti. 

L'importanza dell'intervento tempestivo nella stenosi della valvola aortica

In molti casi, la stenosi della valvola aortica, la più comune malattia delle valvole cardiache, può essere trattata con la TAVI (Impianto Transcatetere della Valvola Aortica).

Questa procedura mini-invasiva permette di sostituire la valvola malata, che ostacola il normale flusso sanguigno e affatica il cuore, risalendo fino al cuore con una sonda.

Tuttavia, è fondamentale non sottovalutare i sintomi e intervenire tempestivamente, poiché la stenosi non è un semplice fenomeno legato all’invecchiamento.

Chi è più a rischio e quando intervenire

La stenosi aortica colpisce principalmente le persone over-65, con circa 60.000 casi in Italia.

Per almeno due terzi di questi pazienti, sintomi come affaticamento, palpitazioni, svenimenti e dolori al petto non devono essere ignorati.

La tempestività è cruciale: se non trattata, la stenosi aortica severa può portare alla morte nel 50% dei pazienti sintomatici entro due anni.

Un consulto con il cardiologo è essenziale per valutare la migliore opzione terapeutica, che spesso include l’intervento chirurgico.

Vantaggi della TAVI e l’esperienza del centro di Torino

Il centro diretto da Giuseppe Musumeci, presso l’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino, ha eseguito 264 interventi di TAVI nel 2023, posizionandosi tra i principali centri in Italia.

La TAVI è una procedura mini-invasiva eseguita senza anestesia generale, che permette al paziente di riprendersi più rapidamente rispetto alla chirurgia tradizionale.

Dopo la TAVI, la degenza media è di soli tre giorni e non è necessaria riabilitazione, a differenza degli interventi chirurgici tradizionali che richiedono una degenza più lunga e un periodo di riabilitazione di almeno 30 giorni.

Rispondere alla crescente domanda di interventi

Con l’aumento della domanda per la TAVI, c’è il rischio di liste d’attesa per i pazienti.

Per evitare ritardi che potrebbero compromettere la salute del paziente, è necessario migliorare l’organizzazione dei centri di cardiochirurgia e creare una rete di collaborazione con centri senza cardiochirurgia.

L’obiettivo è abilitare questi centri a eseguire autonomamente la TAVI, aumentando così la capacità complessiva di trattamento.

Come si svolge l’intervento TAVI

La stenosi aortica severa si verifica quando i lembi della valvola aortica diventano rigidi, impedendo il corretto flusso sanguigno.

La TAVI prevede l’inserimento di un catetere nell’arteria femorale tramite una piccola incisione all’inguine, con cui si risale fino al cuore per posizionare la nuova valvola.

L’intervento viene eseguito a cuore battente, con il paziente sveglio o leggermente sedato, riducendo così la necessità di riabilitazione e minimizzando l’impatto sulla vita del paziente e dei suoi familiari.

La necessità di intervento in caso di stenosi aortica severa

L’invecchiamento è il principale fattore di rischio per la stenosi aortica, che può evolversi in una forma severa con una prognosi grave, con una mortalità a un anno del 50%. Tuttavia, come sottolinea Musumeci, oggi è possibile risolvere la stenosi aortica severa grazie a interventi come la TAVI, che offre una valida alternativa alla chirurgia tradizionale.

Fonte:

Impiantata valvola cardiaca attraverso una puntura nella gamba

Nei giorni scorsi, presso l’Ospedale del Cuore di Monasterio a Massa, è stato eseguito un intervento straordinario. Una paziente ha ricevuto un impianto di valvola tricuspide attraverso una semplice “puntura” nella gamba, evitando così procedure più invasive. La valvola tricuspide ha il fondamentale compito di mantenere il corretto flusso del sangue, impedendone il ritorno indietro nel suo percorso.

Un intervento all'avanguardia

L’intervento, realizzato in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (Aoup), è stato eseguito nell’ambito di uno studio internazionale.

Il team Monasterio, guidato dal dottor Sergio Berti, direttore di Cardiologia Diagnostica e Interventistica, ha eseguito per la prima volta in Toscana un impianto di valvola tricuspide da accesso femorale venoso.

Questo è stato anche il primo intervento al mondo ad essere guidato da ecocardiografia intracardiaca.

La paziente, affetta da grave insufficienza tricuspidale, non avrebbe potuto affrontare un intervento chirurgico tradizionale a causa dei rischi elevati legati al suo stato di salute.

La paziente e lo studio internazionale TARGET

Considerata la sua fragilità, la paziente è stata selezionata per partecipare a uno studio sperimentale chiamato TARGET, che coinvolge Italia, Spagna, Germania e Canada.

L’intervento ha previsto il posizionamento della valvola cardiaca attraverso una vena dell’inguine, evitando così la necessità di aprire il torace, rendendo l’operazione significativamente meno invasiva.

Un team multidisciplinare di eccellenza

L’operazione è stata il risultato di un lavoro sinergico tra diverse specialità mediche.

Il team multidisciplinare era composto da cardiologi clinici, cardiologi interventisti, cardiografisti, cardiochirurghi e anestesisti.

Ogni dettaglio della procedura è stato pianificato con precisione, selezionando accuratamente il paziente ideale per questo tipo di impianto.

L'importanza dell'imaging cardiaco e del supporto anestesiologico

L’elemento chiave che ha reso possibile l’intervento è stato l’elevato livello di imaging cardiaco.

Gli ecocardiografisti, sotto la guida del dottor Massimiliano Mariani, hanno fornito dettagli anatomici essenziali che hanno permesso al cardiologo interventista di posizionare la valvola in modo corretto.

Considerata la delicatezza dell’intervento e la fragilità della paziente, il supporto anestesiologico del team del dottor Paolo Del Sarto si è rivelato fondamentale per il successo dell’operazione.

Fonte:

Primo impianto di un cuore artificiale in titanio

Il Texas Heart Institute e BiVACOR,  hanno annunciato il successo del primo impianto nell’uomo del BiVACOR Total Artificial Heart. Questo cuore artificiale hi-tech è una pompa ematica biventricolare costruita in titanio con una singola parte mobile che utilizza un rotore a levitazione magnetica per pompare il sangue e sostituire entrambi ventricoli di un cuore indebolito.

Obiettivo dello studio clinico

Il primo studio clinico sull’uomo mira a valutare la sicurezza e le prestazioni del BiVACOR Total Artificial Heart.

Questo dispositivo è stato progettato come soluzione ponte al trapianto per pazienti con grave insufficienza cardiaca biventricolare o insufficienza cardiaca univentricolare, nei casi in cui il supporto del dispositivo di assistenza ventricolare sinistra non è raccomandato.

Dopo il primo impianto presso il Baylor St. Luke’s Medical Center del Texas Medical Center, altri quattro pazienti verranno arruolati nello studio.

Dichiarazioni del Texas Heart Institute

Joseph Rogers, presidente e amministratore delegato del Texas Heart Institute e principal Investigator nazionale sulla ricerca, ha dichiarato: “Il Texas Heart Institute è entusiasta del primo impianto rivoluzionario cuore artificiale.

Poiché l’insufficienza cardiaca rimane una delle principali cause di mortalità a livello globale, il dispositivo offre un faro di speranza per innumerevoli pazienti in attesa di un trapianto di cuore.

Siamo orgogliosi di essere in prima linea in questa svolta medica, per trasformare il futuro della terapia dell’insufficienza cardiaca”.

Il problema dell’insufficienza cardiaca

L’insufficienza cardiaca colpisce almeno 26 milioni di persone in tutto il mondo, di cui 6,2 milioni sono adulti solo negli Stati Uniti, e la sua prevalenza è in aumento.

I trapianti di cuore sono riservati ai pazienti con grave insufficienza cardiaca e sono limitati a meno di 6.000 procedure all’anno a livello globale.

Di conseguenza, i National Institutes of Health statunitensi stimano che circa 100.000 pazienti potrebbero beneficiare immediatamente del supporto circolatorio meccanico negli Stati Uniti.

Il ruolo della cardiologia interventistica in Italia

La Cardiologia interventistica si conferma il cardine del trattamento dell’infarto miocardico acuto in Italia, con una rete capillare sul territorio nazionale che garantisce più di 36 mila procedure di angioplastica primaria (“il palloncino” per riaprire le coronarie chiuse, responsabili dell’infarto acuto), raggiungendo da diversi anni gli standard di fabbisogno delineati dall’epidemiologia di questa malattia.

Aumento della diagnostica innovativa

Aumenta la diagnostica con i metodi di imaging più innovativi e con le tecniche per lo studio della funzionalità cardiovascolare, ma siamo ancora lontani dalla media dei Paesi Europei più avanzati.

Crescono fino al 20% le procedure di cardiologia interventistica strutturale (interventi sulle valvole cardiache), ma restano ancora al di sotto del fabbisogno della popolazione e con differenze regionali ancora molto marcate.

Bilancio del report 2023 del GISE

È un bilancio con molte luci ma che ha ancora qualche ombra quello del Report 2023 della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE), l’unica realtà italiana dotata di un Registro dell’attività di 273 Laboratori di emodinamica e cardiologia interventistica del Paese.

I dati sono stati presentati  a Roma durante il congresso GISE Think Heart 2024.

Coronarografie e TAVI

Pur con oltre 300 mila coronarografie eseguite nel 2023, che in circa il 50% dei casi hanno portato all’esecuzione di un’angioplastica coronarica (156mila interventi lo scorso anno, tornando così quasi ai livelli pre-Covid), restano criticità nell’interventistica strutturale sulle valvole cardiache: le TAVI sono aumentate del 13%, ma solo un paziente candidabile su due viene sottoposto alla procedura e oltre 10 mila che ne avrebbero l’indicazione non la ricevono, con differenze regionali consistenti nella possibilità di accesso.

Altri Interventi di cardiologia interventistica

Sono stati circa 1.800 gli interventi di riparazione percutanea della valvola mitralica, in crescita del 20%, ma con un fabbisogno stimato di circa altri 6 mila.

Anche il ricorso alla procedura di chiusura percutanea dell’auricola sinistra, importante per la prevenzione dell’ictus, è aumentato del 20% ma con circa 2.300 interventi nel 2023 siamo lontani dal fabbisogno reale, considerando che sono più di 100mila i pazienti potenzialmente candidabili.

La fotografia della cardiologia interventistica in Italia

“I dati raccolti dal Report GISE, derivanti dall’attività del 93% dei centri di tutto il Paese, consentono di scattare una fotografia molto accurata della cardiologia interventistica in Italia – osserva Francesco Saia, presidente GISE – I risultati mostrano per esempio che l’88% dei centri offre il servizio 24 ore al giorno, 7 giorni su 7: un dato che conferma la distribuzione capillare sul territorio nazionale di un’infrastruttura essenziale per il trattamento tempestivo dell’infarto miocardico acuto e di altre cardiopatie acute, per le quali l’efficacia del trattamento è strettamente tempo-dipendente.

Restano tuttavia alcune criticità, perché, per esempio, sebbene le tecnologie di imaging e di studio funzionale siano in crescita, solo il 20% delle procedure di angioplastica complessivamente è guidato da questi metodi, molto sottoutilizzati rispetto alla media di Paesi europei come Germania, Francia, Spagna, Olanda e BENELUX.

I motivi sono soprattutto i vincoli economici per l’acquisizione degli strumenti necessari e l’assenza di codifica o tracciamento di queste tecniche, che, come GISE, vorremmo diffondere maggiormente in tutto il Paese”.

L'innovazione tecnologica in cardiologia interventistica

“La cardiologia interventistica rappresenta una delle aree in cui il processo di innovazione tecnologica è più rapido.

Per questo – osserva Marco Marchetti, responsabile Health Technology Assessment di AGENAS – un accesso veloce di tali dispositivi non può che essere legato ad un rigoroso e scientifico processo di valutazione HTA.

In proposito, a partire dal gennaio 2026, inizieranno le attività di valutazione HTA a livello europeo (Joint Clinical Assessment) che vedono anche il nostro paese impegnato”.

Il progetto pilota di GISE

Per migliorare ancora la qualità delle cure in Italia, per la prima volta il GISE propone di inserire nel Piano Nazionale Esiti un ‘cruscotto’ di indicatori di outcome che consenta di monitorare e soprattutto valutare le prestazioni di cardiologia interventistica, facilitando l’introduzione di tecnologie innovative e l’abbandono di quelle obsolete ma soprattutto favorendo in tutto il Paese una sempre maggiore appropriatezza, sostenibilità ed equità di accesso alle procedure.

La proposta di GISE per il futuro

Integrare il corrente panel di indicatori in ambito cardiovascolare con ulteriori indicatori di esito clinico e con indicatori che consentano l’identificazione dei principali fattori critici di successo è fondamentale.

Proponiamo per esempio di tenere conto non del singolo episodio di ricovero ma dell’intero flusso di cura, considerando tra gli altri elementi le complicanze o le riospedalizzazioni per recidiva dei sintomi – conclude Saia – O, ancora, proponiamo di inserire indicatori che valutino aspetti organizzativi e di processo per individuare le criticità con un impatto sugli esiti clinici, come le modalità di presa in carico e dimissioni secondo PDTA, e di utilizzare indicatori sull’impiego delle tecnologie per valutarne il contributo sugli esiti.

Tutto ciò consentirà di andare sempre più verso una terapia di valore, centrata sul paziente e che faciliti l’introduzione di tecnologie innovative disincentivando l’utilizzo di quelle obsolete e non più adeguate agli standard di efficacia, sicurezza ed economicità.

La sostenibilità e la resilienza del sistema sanitario passano inevitabilmente dalla capacità di programmare correttamente le risorse, garantire l’utilizzo delle tecnologie che permettono non solo il miglioramento degli outcome clinici ma anche di rispondere ai bisogni del sistema nel suo complesso: una corretta rilevazione di indicatori di processo, organizzativi e di outcome sarà fondamentale per la programmazione delle attività e la valutazione multidisciplinare delle tecnologie che aumentano la capacità del sistema e che saranno fondamentali per vincere le sfide sanitarie di oggi e domani”.

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