Liste di attesa

listedi attesa

La liste di attesa nascono quando il numero di prestazioni erogabili è inferiore al numero di prestazioni richieste.

Liste di attesa, la genesi

Il Servizio Sanitario Nazionale è riuscito a soddisfare la richiesta fino al 2011 nonostante la domanda crescesse del 2,5% annuo.

In seguito, scelte politiche di sostenibilità hanno bloccato l’ incremento al finanziamento per il SSN e la crescita degli organici delle strutture sanitarie.

Si sono così congelate le prestazioni erogabili, mentre la richiesta è continuata ad aumentare creando liste di attesa con tempi sempre più lunghi.

Costringendo una parte dei pazienti ad accedere alle prestazioni pagandole di tasca propria o addirittura a rinunciare alle cure prescritte

Quando è arrivato il Covid-19, le liste di attesa nelle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate erano oltre i limiti del Piano Nazionale Governo della Liste di Attesa (PNGLA)

Come il Covid ha quasi azzerato gli interventi ortopedici

La pandemia che il Covid ha scatenato ha coinvolto pressoché ogni ambito della vita civile.

A partire da quello sanitario, fino ad arrivare a quello economico, passando per ogni attività umana che fino al giorno prima era totale routine. E da un giorno all’altro si è tramutata in un piacevole ricordo di un mondo perduto.

Ma è soprattutto l’ambito medico che ovviamente ne ha risentito di più.

Migliaia e migliaia di cittadini sono stati fin da subito colpiti dai sintomi del Covid ed hanno preso d’assalto gli ospedali, dalle aree mediche fino alle terapie intensive, saturandole.

Proprio da qui sono scaturiti i maggiori problemi.

È apparso evidente che il sistema sanitario, benché abbastanza solido, soprattutto a confronto con quello di altri paesi, non era pronto ad affrontare una situazione del genere, che nemmeno il romanziere più catastrofista avrebbe immaginato.

Tuttavia, durante il dilagare della pandemia, le altre patologie non si sono fermate.

Purtroppo, si sono dovute fermare, per evidenti ragioni di priorità, le cure che le riguardavano.

Uno dei settori più colpiti da questa circostanza è stata la chirurgia ortopedica e gli impianti di protesi.

Numeri e conseguenze

Ogni anno, in Italia, sono oltre 220.000 gli interventi che riguardano impianto di protesi.

I numeri del 2020 sono impietosi al confronto.

Gli interventi portati a termini sono stati circa 70.000.

Cosa ci dice questo?

Questo dato indica che la differenza tra la media annuale e gli interventi effettivamente compiuti dovrà essere smaltita nel prossimo futuro.

Per fare un conteggio approssimativo, significa che nel solo 2022 dovranno essere eseguiti oltre 400.000 interventi di questo tipo.

Tuttavia, questo dato è sicuramente conteggiato al ribasso.

Infatti, la popolazione italiana diventa sempre più anziana e questo va ad incidere molto sul numero di prestazioni ortopediche richieste, il che ci dice che il numero sarà ancora maggiore.

Situazione attuale

La situazione odierna è di difficile interpretazione. Lo comunica anche il presidente della Siot (Società italiana ortopedia e traumatologia) Tranquilli Leali, che non si sbilancia sulle previsioni per il futuro.

La Siot è stata da subito in prima linea nel continuare a garantire le prestazioni sanitarie, anche se con molte difficoltà date dalla crisi epidemica in corso.

Soprattutto gli interventi in sala operatoria sono stati drasticamente ridotti per carenza di medici anestesisti, impegnati quasi a pieno organico nei reparti di terapia intensiva Covid, e per le normative legate alla pandemia che non consentono l’uso a pieno regime delle sale operatorie.

Questo vuol dire che per smaltire questi numeri ancora in crescita ci vorranno quattro, cinque anni.

Tempi disumani per chi è in attesa di una protesi.

Infatti, questo aspetto è legato a doppio filo ad un altro, anch’esso estremamente negativo, quello psicologico.

“Una persona che deve sottoporsi ad un intervento di sostituzione di un’articolazione lo fa perché quella articolazione non l’aiuta più, forse la persona ha difficoltà anche a spostarsi in casa, dal bagno alla cucina, alla sala da pranzo. O se esce, difficilmente farà più di 100 metri, certamente non potrà fare attività fisica, è gravemente invalida dal punto di vista fisico”

Come uscirne

Per evitare di essere travolti da questo fenomeno, come un fiume in piena, l’opportunità che l’Unione Europea ci ha messo a disposizione già da ben 10 anni potrebbe essere la soluzione.

Una cooperazione sanitaria tra gli stati UE, grazie alla sanità transfrontaliera.

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Pubblicato il PNE 2021

Programma nazionale esiti 2021

È stato pubblicato il Piano nazionale esiti (PNE) 2021 che valuta l’efficacia e la sicurezza delle cure garantite dal nostro SSN.

 

Piano nazionale esiti

Da diversi anni AGENAS, attraverso il Piano Nazionale Esiti a livello nazionale e regionale, monitora e la situazione della nostra assistenza sanitaria. 

PNE edizione 2021

Quest’anno, con l’edizione 2021, si è ottenuto uno spaccato sull’emergenza epidemiologica e sulle dinamiche che il COVID-19 ha determinato rispetto all’organizzazione dei servizi.

E’ stato infatti possibile effettuare un confronto ampio e particolareggiato dei dati di attività realtivi all’anno 2020 con quelli della fase pre-pandemica.

Specialità analizzate

Le specialità che sono state analizzate in questo Piano Nazionale Esiti sono molteplici. Vanno dall’area cardio e cerebrovascolare, all’area perinatale e alla area muscolo-scheletrica. Vediamo in dettaglio proprio la situazione di quest’ultima.

Chirurgia protesica

Gli interventi di protesica in ambito ortopedico
sono tra i più frequenti in Italia, in quanto oltre la
metà della popolazione ultrasessantacinquenne
presenta patologie degenerative, prevalentemente di natura artrosica, a carico dell’apparato osteoarticolare, con elevato rischio di disabilità motoria.

Con il Covid, tutta la chirurgia elettiva ha subito una marcata riduzione.  

Protesi di anca

Ad esempio, gli interventi di protesi d’anca avevano fatto registrare un aumento nei cinque anni precedenti la pandemia. Da 104.425 nel 2015 a 115.989 nel 2019 (+11,1%).
Nel 2020, si è verificata una marcata contrazione della casistica (N=96.822), quantificabile in 19.167 ricoveri in meno (-16,5%) rispetto all’anno precedente.

L’impatto della pandemia non è stato uniforme sul territorio nazionale. La riduzione degli interventi di protesi d’anca è stata più marcata al Nord (-20,8%), dove la prima ondata si è abbattuta con maggiore virulenza, meno al Centro (-11,1%) e al Sud e nelle Isole (-10,2%).

grafico protesi anca

Protesi di ginocchio

Per quanto riguarda la chirurgia protesica del ginocchio, i ricoveri erano in costante aumento prima della pandemia. Da 72.286 nel 2015 a 87.922 nel 2019 (+21,6%). Nel 2020 si sono drasticamente ridotti a 66.691 (-24,1% rispetto al 2019, pari in valore assoluto a 21 mila ricoveri in meno).  

grafico protesi ginocchio

Protesi di spalla

Infine, anche gli interventi di protesi della spalla, in crescita nel quinquennio precedente la pandemia (+53,3%), si sono fortemente ridotti nel 2020 . Il decremento è stato del 16% rispetto al 2019, pari a una perdita di circa 2 mila ricoveri. 

grafico protesi spalla

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La mobilità sanitaria del paziente

mobilita sanitaria del paziente

Quando si parla di mobilità sanitaria si intende il diritto dei pazienti di spostarsi dalla propria zona di residenza per beneficiare di servizi sanitari più adeguati ai propri bisogni.

I motivi degli spostamenti

I cittadini alla ricerca delle migliori terapie, tese al soddisfacimento dei propri bisogni, hanno il diritto di rivolgersi a qualsiasi struttura ospedaliera.

I motivi che spingono i pazienti a recarsi fuori dai propri confini residenziali possono essere svariati.

La fiducia verso determinate strutture sanitarie, la maggiore informazione su determinate cure o su nuovi farmaci, le lunghe liste di attesa, sono solo alcune delle ragioni che influenzano su questa scelta.

In particolare, emergono tre motivi principali che influenzano la decisione. La maggiore qualità dei livelli di prestazione, una logistica più efficace che permette di ridurre i ritardi e disagi, la necessità di prestazioni assenti nella zona in cui si vive .

D’altra parte, tale fenomeno può essere inquadrato come un normale effetto della globalizzazione e dell’evoluzione dei sistemi d’informazione dei soggetti.

Tipologie di mobilità sanitaria

Qualunque sia il motivo, il fine della mobilità è quello di garantire ai soggetti richiedenti un’assistenza sanitaria qualitativamente elevata, ma anche efficace dal punto di vista economico.

Con flusso migratorio per ragioni di salute si possono intendere tre diverse tipologie di mobilità.

È, infatti, possibile individuare la mobilità regionale, che implica lo spostamento all’interno della propria regione di appartenenza.

La mobilità interregionale, invece, prevede di uscire dalla propria regione di residenza alla ricerca di un sistema sanitario migliore in un’altra regione.

Infine, con mobilità internazionale, si intende lo spostamento dei pazienti verso un altro Stato a causa dell’assenza di determinate cure, o alla ricerca di un sistema sanitario più all’avanguardia, o tempi di attesa minori.

Mobilita sanitaria europea

Questo fenomeno, molto discusso in politica, viene disciplinato dalla Direttiva 2011/24/Ue del Parlamento europeo. Con la Direttiva, vengono fissate le regole affinché i cittadini europei possano usufruire di cure e terapie senza confini territoriali.

La citata direttiva nasce dall’esigenza di soddisfare il principio di armonizzazione tra gli Stati membri dell’Unione europea, affinché si applichi un quadro unitario di garanzie e tutele negli specifici sistemi sanitari nazionali.

I soggetti hanno diritto a usufruire di trattamenti medici in un Stato membro dell’Ue, richiedendo un rimborso al Servizio sanitario nazionale del paese di residenza.

Si parla, in questo caso, di un rimborso pari al costo in essere nella propria zona di appartenenza.

Cosa si intende per mobilità sanitaria attiva e passiva

Da un punto di vista amministrativo-finanziario, la mobilità sanitaria può essere distinta in attiva e passiva.

Con mobilità attiva si intende l’entrata di fondi da destinare ai costi necessari a garantire ai pazienti di altre regioni o Paesi le migliori prestazioni in ambito terapeutico e curativo.

Al contrario, la mobilità passiva implica l’invio di fondi ad altre regioni o Paesi, al fine di compensare i costi dei servizi messi in atto per i pazienti in uscita dal proprio territorio.

Un’analisi dei dati relativi a questi due indicatori fornisce un’idea generale del livello di Servizio Sanitario Regionale.

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La riabilitazione preventiva nella chirurgia ortopedica

La riabilitazione preventiva nella chirurgia ortopedica

La riabilitazione preventiva sta prendendo sempre più piede in ambito della chirurgia ortopedica. Ma perché è così importante?

La riabilitazione preventiva nella chirurgia ortopedica: cos'è?

Andare incontro ad un intervento chirurgico ortopedico, che quasi sempre è molto invasivo, non è mai semplice perché oltre alla bravura del chirurgo e della sua squadra c’è il fattore paziente. Il modo migliore per approcciarsi a questo “appuntamento” è quello di farsi trovare il più in forma possibile. Ciò sicuramente può essere utile non solo per l’intervento ma anche e soprattutto per la riabilitazione. Il post intervento è un momento molto complicato per i pazienti, che devono affrontare una strada molto dura e complicata durante la quale il paziente deve riuscire a riprendere le normali funzionalità.

Scopriamo gli elementi della riabilitazione preventiva

Come accennato in precedenza, un intervento di chirurgia ortopedica porta ad una serie di importanti effetti collaterali tra i quali il principale è l’atrofia muscolare. Questo evento si ha quando il muscolo non viene usato spesso. Inoltre durante l’intervento il flusso sanguigno diminuisce. Entrambe queste due cause portano ad una riduzione del muscolo, cosa che accade rapidamente. Ciò porta alla diminuzione della forza, della potenza, della resistenza fino addirittura a comprometterne l’equilibrio.

Cos'è la valutazione funzionale tecnologica?

In fase di valutazione della terapia migliore da portare avanti è necessario eseguire alcuni esami, chiamati test funzionali. Questi sono:

  • la valutazione iniziale: è molto importante per tutti gli aspetti della salute dell’individuo. In questo modo è possibile individuare problematiche preesistenti. Sarà quindi possibile determinare con maggiore attenzione gli ambiti su cui operare;
  • passi intermedi: si va a determinare la possibilità di trarre i risultati della prima fase di riabilitazione;
  • l’esito finale: come si può facilmente immaginare, consiste nella parte in cui si traggono le conclusioni.

E’ evidente che questi sono i principi generali che vengono seguiti per offrire un servizio di ottimo livello.

Cosa può fare la riabilitazione preventiva?

Per cercare di diminuire il più possibile questi fattori avversi è possibile agire in anticipo con la riabilitazione. In questo modo è possibile prevenire la mobilità della massa con la conseguente perdita di potenza. Vi sono una serie di operazioni che traggono giovamento da questo tipo di riabilitazione, vediamo le principali:
  • artroplastica totale del ginocchio, anca e spalla;
  • chirurgia spinale;
  • ricostruzione LCA;
  • ripazione cuffie rotatori.
La riabilitazione pre intervento permette di migliorare le aspettative per una post riabilitazione completa e meno faticosa e dolorosa.

La riabilitazione preventiva in ambito sportivo

In ambito sportivo professionale questo tipo di riabilitazione è usato già da molti anni perché è l’unico modo per mettere lo sportivo nelle condizioni di riprendersi velocemente. Un atleta, nel malaugurato caso di infortunio, dovrebbe rivolgersi verso questo tipo di riabilitazione, perché permette di ottenere questi tre obiettivi principali:

  • lavorare sulla forza fisica;
  • migliorare l’equilibrio della gamma dei movimenti;
  • migliorare la stabilizzazione ed il cordinamento.

E’ necessario tenere presente che il successo della riabilitazione dipende dalla bravura del fisoterapista ma anche dall’impegno del convalescente.

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