Skip to content

Displasia congenita dell’anca

Displasia congenita dell'anca : cos’è e come si cura

La displasia dell’anca o displasia congenita dell’anca è una deformità articolare che ha inizio durante la vita intrauterina del bambino, ma continua a evolvere durante i primi anni di vita, per questo è più corretto chiamarla displasia evolutiva dell’anca.  

La caratteristica più importane di un’anca displasica alla nascita è l’instabilità.
L’articolazione è lassa, di conseguenza, quando l’ortopedico pediatrico visita il neonato “forzando” l’anca, la testa del femore esce e rientra nella cavità acetabolare. Circa il 2-3% dei neonati presenta questa condizione (fonte Ospedale Bambino Gesù).

Se l’instabilità sfugge alla diagnosi e non viene trattata, col passare dei mesi la testa femorale, sottoposta all’azione dei muscoli e del peso corporeo, gradualmente perde i rapporti con la sua sede naturale (il cotile) e risale verso l’alto.
Si verifica così una lussazione permanente dell’anca un tempo nota come lussazione congenita

coxalgia

Quali sono i principali sintomi

La displasia evolutiva dell’anca si manifesta in modo differente a seconda delle diverse età della vita:

• Nel neonato non produce segni o sintomi evidenti: solo una visita ortopedica pediatrica permette di identificarla

• Nel bambino che ancora non cammina, l’azione della muscolatura può aver già determinato una lussazione parziale (sublussazione) o completa dell’articolazione. La lussazione si manifesta con:
– un accorciamento della coscia corrispondente, condizione visibile facendo piegare le ginocchia al bambino appoggiato sul dorso: le due ginocchia non sono allo stesso livello
– un’asimmetria delle pieghe cutanee della natica
– una limitazione dell’abluzione dell’anca interessata: il bambino fatica ad allargare la gamba

• Nel bambino che cammina, ormai l’effetto del peso corporeo ha prodotto una lussazione dell’articolazione e quindi un accorciamento dell’arto: il bambino zoppica ed è costretto a camminare sull’avampiede.

• Nell’adulto possono verificarsi due condizioni a seconda che l’anca sia lussata oppure no:

1) se l’anca è lussata, il paziente accusa problemi a carico della colonna (iperlordosi) e del ginocchio (valgo), perché vengono sottoposti ad un sovraccarico funzionale di compenso

2) se l’anca è solo sublussata o centratama con un acetabolo poco profondo, il paziente può sviluppare precocemente un’artrosi dell’anca severa che limita gravemente la rotazione esterna e comporta un importante accorciamento dell’arto.

Quali sono le cause

Come per molte altre patologie, anche per la displasia dell’anca non esiste una causa determinante nota, esistono semmai diversi fattori di rischio che, combinandosi tra loro, possono portare alla comparsa dell’instabilità:

– la lassità capsulo-legamentosa, per cui i legamenti sono allungati e non riescono a mantenere stabile l’articolazione: è una condizione in gran parte genetica, quindi è importante verificare alla nascita se vi sia familiarità

– la posizione intrauterina del feto: una posizione podalica a ginocchia tese favorisce una distensione abnorme della capsula articolare, predisponendo il bambino alla displasia

– la postura del neonato: se tenuto ad anche addotte ed estese, quindi con le cosce unite tra loro e completamente distese, come accadeva con la tradizionale fasciatura del lattante, si favorisce l’insorgere della displasia; infatti con l’avvento dei pannolini l’incidenza di questa patologia è stata drasticamente ridotta

Chi è maggiormente colpito

Le donne caucasiche

La displasia è rarissima tra i neri e gli asiatici, mentre è una patologia quasi esclusiva della razza bianca caucasica. In Italia, la pianura padana, l’Emilia e la Puglia sono i territori in cui si osserva la maggiore incidenza della malattia.

Il sesso femminile è nettamente più interessato di quello maschile, probabilmente per l’effetto degli ormoni sessuali sullo sviluppo dell’articolazione.

Quali esami sono necessari per diagnosticarla

Dipende dall’età del paziente:

Esami per diagnosticare la displasia all’anca nei neonati

In questo caso si ricorre ad un’ecografia perché la testa femorale inizia a ossificarsi solo al 5° mese di vita e solo dal 6° mese la testa del femore risulterebbe visibile con un’eventuale radiografia.

Si consiglia fortemente di eseguire un’ecografia dell’anca a 6-8 settimane dalla nascita anche in assenza di alcun sospetto, perché solo una diagnosi precoce può permettere un trattamento idoneo ed impedire le conseguenze invalidanti della malattia.

Esami per diagnosticare la displasia all’anca nell’adulto

Nell’adulto la radiografia dell’anca in due proiezioni standard è solitamente sufficiente per diagnosticare la malattia.
Nel caso in cui sia necessario un intervento chirurgico, può essere utile completare la valutazione con
alcune proiezioni radiografiche speciali, proiezione di falso profilo e anteroposteriore con anca in abduzione o addirittura con una TAC.

Come si cura

Il tipo di intervento dipende dall’età del paziente:

Cura della displasia nei neonati

In età neonatale è possibile ricondurre un’anca displasica ad un’anca normale, o quasi, attraverso l’impiego di divaricatori. Raramente sono necessarie manovre di riduzione e successive ingessature, di solito questo avviene in caso di diagnosi tardiva.

In casi eccezionali, quando queste terapie non producono risultati, il chirurgo ortopedico pediatrico può ricorrere ad interventi di riduzione cruenta associata ad osteotomie femorali o pelviche: interventi atti a centrare e stabilizzare l’anca.

Vi è un generale consenso nel non cercare di ridurre le anche lussate in bambini di età superiore a 8-10 anni, perché vi sono concrete possibilità che l’anca ridotta chirurgicamente in tempi tardivi sia negli anni più dolorosa di un’anca lussata.

Cura della displasia negli adulti

Il paziente adulto displasico deve cercare in ogni modo di prevenire l’evoluzione artrosica, che è particolarmente rapida sia per le anche sublussate che per quelle centrate affette da una grave displasia residua.

E’ molto importante mantenere un basso peso corporeo, evitando assolutamente il sovrappeso.

I principali trattamenti chirurgici della displasia nell’adulto sono:

  • Interventi chirurgici correttivi: quando non vi sono ancora segni di artrosi

    Nelle anche displasiche centrate, in cui è presente un’importante displasia residua ma ancora nessun segno di degenerazione artrosica, sono possibili interventi chirurgici correttivi, come le osteotomie di riorientamento.
    Si tratta di procedure consigliabili solo in casi altamente selezionati e quando il paziente è un giovane-adulto.

    Il loro scopo è infatti di migliorare il rapporto tra i capi articolari e di prevenire o ritardare l’insorgenza dell’artrosi.

  • Osteotomia di Chiari: quando vi sono solo i segni iniziali dell’artrosi

    Quando i segni iniziali dell’artrosi sono già evidenti, ma la funzione articolare è ancora conservata, è opportuno valutare l’indicazione ad un’osteotomia di Chiari.

    Si tratta di un intervento chirurgico di osteotomia pelvica “palliativa” che ha la finalità di aumentare la copertura della testa femorale e di rallentare così la progressione della malattia.

  • Protesi d’anca: quando l’artrosi è conclamata e provoca dolore

    Quando l’anca è ormai artrosica e dolorosa, la protesi costituisce l’unica soluzione realmente efficace.

    E’ importante considerare che il tasso di complicazioni in questa chirurgia è superiore a quella dell’artrosi primaria, perciò l’indicazione a procedere con l’impianto di una protesi va valutata con cura: le anche displasiche lussate, che in genere sono ben tollerate dai pazienti, andrebbero protesizzate solo quando veramente invalidanti.

Quali sport e attività praticare

Le attività fisiche che gravano sugli arti inferiori, come la corsa, vanno eliminate a favore di attività che consentano di scaricare le anche, come il nuoto.

Il mantenimento di un buon tono muscolare del gluteo attraverso esercizi mirati può contenere o persino neutralizzare la tendenza alla claudicazione.