Giornata mondiale della Salute

sanità transfrontaliera

Si è celebrata lo scoso 7 Aprile l’annuale Giornata Mondiale della Salute.

Tutti gli anni, il 7 aprile, viene celebrata la Giornata Mondiale della Salute, per sensibilizzare il mondo interno alle tematiche che coinvolgono la salute.

Giornata Mondiale della Salute

La Giornata Mondiale della Salute, il World Health Day, viene celebrata nel giorno che corrisponde al 74° anniversario della nascita dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, WHO, agenzia delle Nazioni Unite. 

Il messaggio dell’Organizzazione è quello di “concentrare l’attenzione globale sulle azioni urgenti per mantenere gli essere umani e il piantea in salute. E promuovese un movimento per creare società incentrate sul benessere“.

 

Sanità Transfrontaliera

Tra i vari temi della Salute, finalmente anche la Sanità Transfrontaliera è entrata tra gli argomenti di interesse in questa giornata.

Da quando la Direttiva Europea sulla sanità transfrontaliera è entrata in vigore, nel 2011, non è sempre stato un argomento di punta della Sanità.

La Direttiva 2011/24/UE stabilisce le condizioni alle quali un paziente può recarsi in un altro paese dell’Unione europea per ricevere un’assistenza medica sicura e di qualità. E che possa essere rimborsata dal proprio regime di assistenza sanitaria.

SEF

E’ stato quindi un onore per SEF essere preso come esempio da una delle maggiori testate italiane, La Repubblica, proprio per affrontare l’argomento della Sanità Transfrontaliera.

Un concetto sconosciuto a molti. Eppure una soluzione possibile e vincente di fronte agli eterni tempi di attesa per effettuare un intervento chirurgico di qualunque tipo – operazioni agli occhi, protesizzazioni anca – solo per pescare qualche esempio nel mare infinito dei tempi lunghi della sanità.

Trovate qui il link all’articolo del 7 aprile su La Repubblica

Dato l’interesse suscitato da questo articolo, è stata fatta una seconda pubblicazione ieri, domenica 10 aprile, sul freepress METRO.

Conclusioni

Un riconoscimento al costante impegno da parte di SEF. Dal 2018 si dedica ai pazienti che cercano soluzioni ai loro propblemi di salute, soprattutto per quanto riguarda le liste di attesa.

Per saperne di più

Contattaci a info@sef.care o visita il ns sito www.sef.care per avere informazioni sulla sanità transfrontaliera.

Vademecum sanità transfrontaliera

Vademecum assistenza sanitaria transfrontaliera

Vademecum per la sanità transfrontaliera, SEF seguendo le indicazioni della Commissione Europea, ha pubblicato una guida, scaricabile per l’accesso alle cure secondo il Regolamento 883/2004 o la Direttiva 2011/24/UE.

Negli ultimi due anni la Commissione Europea ha pubblicato alcuni manuali operativi sul tema della sanità transfrontaliera e la Direttiva 2011/24/UE.

Sanità transfrontaliera

L’Unione Europea ha sempre dimostrato interesse verso la salute dei suoi cittadini. Da quando la Direttiva sulla sanità transfrontaliera è entrata in vigore, nel 2011, la Commissione Europea monitora i vari Stati Membri per controllare quale sia il livello di applicazione della Direttiva stessa.

La Direttiva 2011/24/UE, infatti, stabilisce le condizioni alle quali un paziente può recarsi in un altro paese dell’Unione europea per ricevere un’assistenza medica sicura e di qualità. E che possa essere rimborsata dal proprio regime di assistenza sanitaria.

I Toolbox

Nell’interesse dei cittadini, la Commissione ha anche pubblicato alcuni manuali, chiamati Toolbox, per agevolare il cittadino ad orientarsi nelle scelte riguardanti la propria salute.

Si possono trovare sul sito della Commissione Europea diversi documenti. Dal classico documento delle FAQ (Freqently Asked Question), cioè un riassunto delle domande standard che vengono normalmente poste dai cittadini. Al documento riservato invece ai NCP (National Contact Point), più incentrato sull’aspetto burocratico.

Toolbox for Cross-Border Healthcare

SEF ha tradotto per i cittadini italiani l’ultima versione del “Toolbox for Cross-Border Healthcare”.

Il manuale riassume i punti salienti della Direttiva 2011/24/UE, e le differenze tra questa Direttiva ed i Regolamenti sulla sicurezza sociale CE 883/2004 e 987/2009. 

Vediamo insieme le principali differenze tra Direttiva e Regolamenti.

Regolamenti CE 883/2004 e 987/2009

Direttiva 2011/24/UE

Conclusioni

L’impegno della Commissione Europea nel divulgare le diverse possibilità di cura per i suoi cittadini continua ad essere costante nel tempo. 

Da parte sua, SEF è a fianco dei cittadini italiani interessati ad alternative di cura in Europa.

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Curarsi in Polonia. Una nuova opportunità con SEF

Carolina Med Center

Sempre più pazienti europei ed extra-europei cercano cure al di fuori del loro paese.

I motivi possono essere diversi, come motivi economici, lunghe liste di attesa, terapie non disponibili nella propria nazione.

Un buon numero di richieste che sono arrivate a SEF nell’ultimo anno indicavano la Turchia come una delle mete preferite per il Turismo medico.

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Pubblicato nuovo Report della Commissione Europea sulla Direttiva 2011/24/UE

Bandiera EU con medico

Pubblicato il nuovo Report della Commissione Euroepa sulla sanità transfrontaliera

Nello scorso mese di febbraio la Direzione Generale per la Salute e la Sicurezza Alimentare della Commissione Europea ha pubblicato il suo ultimo Report sui diritti dei pazienti nella UE, garantiti dalla Direttiva 2011/24/UE.

Unione Europea

Questo studio sottolinea l’interesse della stessa Unione Europea sul delicato argomento della salute dei suoi cittadini. Non è la prima volta, infatti, da quando la Direttiva è entrata in vigore nel 2011, che la Commissione Europea richiede uno studio sull’attuazione della Direttiva tra i suoi Stati membri.

Nel luglio dell’anno scorso, a dieci anni dalla sua entrata in vigore, la Commissione Europea ha addirittura indetto una Survey per coinvolgere tutti i cittadini europei ed avere la loro opinione a riguardo.

Report febbraio 2022

Questo ultimo studio è incentrato sul miglioramento dell’attuazione della Direttiva nei vari Stati Membri.

Lo scopo di questo studio era sostenere il lavoro della Commissione per approfondire l’analisi del problema.

Continua infatti ad essere difficile per un certo numero di pazienti accedere all’assistenza sanitaria in un altro Stato membro.

Questo perchè molti Stati risultano sempre carenti nell’applicazione pratica della Direttiva.

Il Report si prefigge quindi degli obiettivi.

1) individuare opzioni e soluzioni per migliorare la coerenza e la trasparenza nell’applicazione
della Direttiva.

2) raccogliere, mappare e analizzare le informazioni dai 27 Stati membri e dai paesi EEA su aree specifiche dell’attuazione pratica della Direttiva.

3) sviluppare una logica di intervento e
una revisione critica degli indicatori di monitoraggio esistenti per la futura valutazione della Direttiva.

Cosa prevede la Direttiva 2011/24/UE

La Direttiva stabilisce le condizioni alle quali un paziente può recarsi in un altro paese dell’Unione europea per ricevere un’assistenza medica sicura e di qualità. E che possa essere rimborsata dal proprio regime di assistenza sanitaria.

Il paese dell’Unione che fornisce la cura deve garantire quanto segue.

  • I pazienti devono ricevere tutte le informazioni necessarie per compiere una scelta informata. Comprese le opzioni terapeutiche, la disponibilità, la qualità e la sicurezza dell’assistenza sanitaria che fornisce, i prezzi, lo status di autorizzazione o di iscrizione.
  • Devono essere previste procedure di reclamo trasparenti.
  • Devono esistere sistemi di assicurazione di responsabilità professionale o garanzie analoghe.
  • Deve essere rispettata la riservatezza dei dati personali.
  • I pazienti devono avere accesso a una cartella clinica, scritta o elettronica, in cui viene registrata la cura in questione.
  • Devono essere applicati gli stessi onorari per l’assistenza sanitaria applicati ai pazienti nazionali in una situazione clinica comparabile. Ovvero deve essere fissato un prezzo calcolato in base a criteri oggettivi e non discriminatori, se non esiste un prezzo comparabile per i pazienti nazionali.

Il paese dell’Unione dove il paziente è assicurato, deve garantire che:

    • il costo dell’assistenza sanitaria prestata sia rimborsato.
    • siano disponibili le informazioni sui diritti dei pazienti.
    • i pazienti abbiano accesso a qualsiasi controllo medico necessario.
    • i pazienti abbiano accesso alla propria cartella clinica.

Risultati del Report

Lo studio della Commissione Europea è giunto ai seguenti risultati, concludendo che c’è ancora un grosso margine di miglioramento.

Come viene applicata l’autorizzazione preventiva negli Stati membri?

La maggior parte degli Stati membri (20) e un paese EEA hanno scelto di attuare un sistema di autorizzazione preventiva. 7 Stati membri e 1 paese EEA non dispongono di un sistema PA. Il modo in cui viene attuato un sistema di autorizzazione preventiva varia notevolmente in tutti gli Stati membri. 

Quali sono le ragioni alla base dei diversi approcci di autorizzazione preventiva nei 27 Stati membri e paesi EEA?

Per quanto riguarda l’esistenza di un elenco di autorizzazioni preventive, i rappresentanti degli Stati membri e dei paesi EEA hanno indicato che la protezione del loro sistema sanitario è il motivo principale per l’attuazione di un sistema di autorizzazione preventiva. In linea con ciò, alcuni Stati membri hanno spiegato che l’introduzione del sistema di autorizzazione preventiva è stata una decisione politica. Al momento dell’attuazione della Direttiva, l’effetto sui loro sistemi sanitari era incerto e per alcuni Stati membri, l’introduzione di un sistema di autorizzazione preventiva è servito come mezzo per monitorare l’effetto della Direttiva sui propri sistemi sanitari.

In che modo potrebbero essere migliorate le procedure amministrative a beneficio del paziente secondo le disposizioni della Direttiva?

I dati raccolti a livello nazionale sono stati analizzati al fine di identificare se una qualsiasi delle procedure/requisiti amministrativi per l’assistenza sanitaria transfrontaliera possa essere considerata un ostacolo potenzialmente ingiustificato per i pazienti alla luce degli articoli 7, paragrafo 7, e 9, paragrafo 1 della Direttiva. In particolare, quelle procedure/requisiti che, sulla base di tale valutazione, sono apparsi potenzialmente discriminatori/basati su criteri discriminatori, ovvero non necessari e sproporzionati
rispetto all’obiettivo da raggiungere, o ostacoli potenzialmente ingiustificati alla libera circolazione dei pazienti, dei servizi o merci.

L’analisi dei dati ha mostrato che alcune procedure/requisiti amministrativi negli Stati membri possono essere considerati ostacoli potenzialmente ingiustificati per i pazienti che cercano assistenza sanitaria transfrontaliera ai sensi della Direttiva.

Quali meccanismi di consultazione hanno messo in atto i NCP (National Cntact Point) con gli operatori sanitari, gli assicuratori sanitari e le organizzazioni di pazienti e c’è margine di miglioramento?

La maggior parte degli Stati membri che hanno risposto all’indagine sembrano avere accordi di consultazione con le organizzazioni di pazienti (12), gli assicuratori sanitari (11) e gli operatori sanitari (13). Tuttavia, per una quota significativa di Stati membri, questi accordi di consultazione non hanno avuto luogo nell’ultimo anno (per 7 non con organizzazioni di pazienti, per 4 non con assicuratori sanitari e per 7 non nell’ultimo anno con fornitori di assistenza sanitaria). Alla domanda su quando avranno luogo questi accordi di consultazione, la stragrande maggioranza (17 Stati membri) ha indicato che si svolgono solo occasionalmente su richiesta.

Conclusioni

Lo studio attuale ha mostrato che in generale vi sono ancora margini di miglioramento per quanto riguarda la fornitura di informazioni ai pazienti nel contesto dell’assistenza sanitaria transfrontaliera. E’ stato infatti osservato che meno della metà dei siti web dei NCP fornisce informazioni sulla differenza tra il Regolamento 883/2004 e la Direttiva 2011/24. E generalmente mancano informazioni approfondite sui diritti dei pazienti. Inoltre, le informazioni sull’autorizzazione preventiva sembrano essere insufficienti in molti Stati membri e la disponibilità per quanto riguarda gli elenchi di autorizzazione preventiva è di poco migliorata rispetto al 2018.

Nel 2019 è stato pubblicato un pacchetto di strumenti (toolbox) utili ai NCP. Già ampiamente adottato dalla maggior parte dei NCP, questi documenti potrebbero essere ancora utili per migliorare ulteriormente l’attuazione della Direttiva. In particolare, i pazienti potrebbero trarre vantaggio da una migliore diffusione di questi documenti tra le organizzazioni di pazienti, gli assicuratori sanitari e gli operatori sanitari. Spesso infatti le parti interessate hanno dimostrato di non conoscere o non aver familiarità col pacchetto di strumenti (documenti) sulla fornitura di informazioni sull’assistenza sanitaria transfrontaliera.

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I pazienti non possono più aspettare

i pazienti non possono più aspettare

Un ulteriore rinvio che potrebbe minare il piano di recupero per il 2022 delle prestazioni sanitarie saltate in questi due anni di pandemia.

Nella Legge di Bilancio 2022, già approvata, sono stati stanziati 500 milioni di euro da destinare alle Regioni per il recupero delle liste di attesa .

Accesso ai fondi

Per accedere alla loro quota parte le Regioni avrebbero dovuto presentare al Ministero della Salute e al Ministero dell’Economia e delle Finanze, entro il 31 gennaio 2022, un piano di recupero. Ma alcune Regioni hanno palesato difficoltà nella realizzazione entro il termine, ed il Ministero della Salute ha concesso una proroga al 24 febbraio.

Nonostante fosse chiaro da novembre la necessità della presentazione del piano da parte delle Regioni, solo alcune sono state in grado di rispettare il termine del 31 gennaio 2022.

  • Molise 
  • Valle d’Aosta
  • Sardegna
  • Liguria
  • Emilia Romagna
  • Provincia di Trento

 

Sospensione delle cure procrastinabili

Questa proroga per i piani di recupero delle prestazioni sospese arriva in un momento particolarmente difficile per i pazienti non covid.

Molte regioni, nel periodo che va da dicembre 2021 a febbraio 2022, hanno interrotto nuovamente le cure programmabili per far fronte, durante il nuovo picco, all’assistenza dei pazienti covid.

Da un’ indagine di Salutequità, alla data del 9 gennaio 2022, erano 17 le Regioni  che avevano applicato rinvii di interventi visite ed esami non urgenti.

I blocchi delle prestazioni avvenuti nei due anni di pandemia hanno accresciuto il fenomeno delle liste di attesa nella prevenzione e nelle cure programmate.

Prevenzione e diagnosi

I dati  diffusi dall’Osservatorio Nazionale Screening, in ambito prevenzione, per il periodo gennaio 2020 maggio 2021, evidenziano una netta riduzione rispetto al 2019.

Dei controlli:

  • per la cervice  – 35,6%
  • per la mammella  -28.5%
  • per il colon retto  -34,3%

e dei ritardi diagnostici per:

  • 3054 lesioni CIN2+
  • 3558 carcinomi mammari
  • 1376 carcinomi colorettali
  • 7763 adenomi avanzati del colon retto

Prestazioni rimandate da recuperare

Per le altre prestazioni rimandate, non essendoci una fonte univoca nazionale, risultano rilevanti i dati per  2021, diffusi sulla stampa, di alcune Regioni.

Ad esempio la Valle D’Aosta, che entro il 31 dicembre 2021 avrebbe dovuto recuperare 1.891 ricoveri elettivi e 11.394 prestazioni di specialistica ambulatoriale e la diagnostica. Invece per i primi il risultato raggiunto è stato di soli 474 (il 25%),  i restanti 1417  dovranno esserne riprogrammati nel 2022. Per la specialistica ambulatoriale e la diagnostica nel 2021 recuperate 4.692 su 11.394, le  restanti 6.702 prestazioni posticipate nel 2022.

In Umbria, secondo la Regione, dovranno trovare spazio 80.000 prestazioni da recuperare nel corso del 2022. 

La Toscana ha numeri più alti, circa 500.000 visite specialistiche e 36 mila interventi chirurgici da recuperare  nello stesso periodo

Tempistiche

É fondamentale che venga rispettata, da tutte le Regioni, la nuova scadenza del 24/02/2022 ed allo stesso tempo anche i Ministeri competenti dovranno essere rapidi nel controllo formale e sostanziale  dei piani.

Considerando che i primi 2 mesi del 2022 sono già trascorsi e quindi il tempo a disposizione è passato da  da 12 a 10 mesi, che potrebbe ancora ridursi con l’eventualità di un nuovo picco dei contagi in autunno, questa finestra sarà sufficiente per il totale recupero ?

Conclusioni

Per concludere un estratto dell’editoriale di Tonino Aceti, Presidente di Salutequità

“Finanziare le misure di recupero non è più sufficiente, bisogna garantire una governance che permetta di centrare velocemente l’obiettivo e di cambiare concretamente lo stato delle cose per i cittadini.

Per questo, si potrebbe applicare al tema del recupero delle liste di attesa il modello utilizzato per le vaccinazioni Covid: sviluppare un cruscotto pubblico per rendere trasparente l’andamento dell’attività di recupero delle liste di attesa e dell’utilizzo delle risorse stanziate da parte delle Regioni.

Così, in modo trasparente, i cittadini potranno farsi velocemente un’idea di come le Istituzioni stiano lavorando per l’esigibilità del loro Diritto alla Salute.

Tutto questo, nella consapevolezza che la vera sfida da vincere è quella di “superare la strategia del recupero delle prestazioni mancate”, attraverso la definizione e l’implementazione di un modello organizzativo del SSN, in particolare della rete ospedaliera, in grado di garantire sempre e per tutti i pazienti la continuità delle cure, senza più alcuna sospensione nei prossimi picchi di contagio.

In caso contrario, chi potrà mettere mano al portafoglio riuscirà ad accedere alle cure in privato, chi non potrà sarà costretto a rimandare o a rinunciare.”

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Curarsi in Italia è sempre più difficile

Curarsi in Italia è sempre più difficile

Curarsi in Italia è sempre più difficile. Nel 2021 oltre la metà dei nuclei familiari ha rinunciato alle cure. Ricordando che siamo anche cittadini europei, SEF mette a disposizione la sua soluzione.

Curarsi in Italia con la giusta tempistica è sempre stato difficile a causa delle liste di attesa. Durante la pandemia è diventato davvero un incubo.

Il Servizio Sanitario Nazionale vacilla e molte famiglie rinunciano spesso a interventi, visite e controlli per indisponibilità del servizio e problemi economici.

La sanità e la gestione della pandemia da Covid19

Da due anni gli ospedali sono messi a dura prova a causa della pandemia, con grande stress di tutti i sanitari per il loro sforzo a favore della comunità.

Il grosso problema sono i malati che normalmente venivavo giornalmente accolti, e che si sono visti posticipare di molto interventi e terapie, a causa delle restrizioni causate dal virus.

blocco interventi programmati

Dalla prima ondata, questo trend si è andato ad accavallare con i problemi già preesistenti. Fino a far diventare le liste d’attesa davvero esasperanti per ogni utente.

Distinzione tra sanità pubblica e privata

In Italia le prestazioni garantite dal sistema sanitario nazionale possono essere fornite sia dalle strutture pubbliche sia da quelle private, purché accreditate.

È possibile ricevere cure anche nel privato non accreditato, o in intramoenia nelle strutture pubbliche. Dove le  liste di attesa sono molto più snelle e in pochi giorni, pagando di tasca propria o con assicurazioni integrative, è possibile ricevere assistenza e trovare risposte per ogni sorta di patologia.

sanita privata

Le persone che si trovano a dover attendere molto tempo per trovare risposte per la loro salute spesso vi si rivolgono per poter ottenere assistenza rapidamente. Anche spendendo grosse cifre per riuscire a risolvere situazioni che mettono a repentaglio la loro salute.

Ma il Covid ha rallentato anche queste.

La mancanza di personale, reclutato per combattere la pandemia, e le nuove procedure antinfezione hanno bloccato tutte le prestazioni programmate.

Perché le famiglie rinunciano a curarsi

Nel 2018 fece notizia il picco negativo della rinuncia alle cure. Il 2019 si è allineato agli stessi numeri.
4 milioni di cittadini rinunciavano per problemi di liste di attesa e ragioni di carattere economico. (fonte Istat)

Con l’arrivo della pandemia  si è passati dal 6.3% che rinunciava a curarsi del 2019 al 10% del 2020. 

rinunce 2019 2020

Nel 2021, secondo quanto emerge dal “Bilancio di welfare delle famiglie italiane” presentato da Cerved, oltre la metà delle famiglie italiane (50,2%) ha rinunciato a prestazioni sanitarie per problemi economici, indisponibilità del servizio o inadeguatezza dell’offerta.  

Tra il calo del lavoro, gli aumenti e la forte crisi che stiamo vivendo, in Italia sono tante le famiglie che si trovano costrette a rinunciare a molte cose. 

Può sembrare un paradosso ma anche curarsi fa parte dei lussi che alcune famiglie non si possono permettere.

Si arriva quindi ad accantonare le diagnosi e gli interventi per poter sopravvivere. 

Rinunce, rinvii e liste di attesa da recuperare

Il rischio dell’aggravarsi di patologie che , se prese in tempo sarebbero state facilmente risolvibili, sta diventando un problema reale e dilagante.

Recuperare le prestazioni perse è un imperativo.

Una corsa contro il tempo difficilmente realizzabile solo con la coperta corta del Sistema Sanitario Nazionale .

Serve pensare fuori dagli schemi. 

Creare una cassa di espansione che permetta di assorbire la piena dei prossimi due anni.

Essendo già abituati alla mobilità sanitaria regionale ed interregionale, ora è il momento di di sfruttare anche il nostro diritto, come cittadini europei, alla mobilità internazionale per la chirurgia programmata presso cliniche private europee.

Questo è possibile già da anni grazie alla Direttiva 21/2011/UE, recepita dall’Italia nel 2014 ma sempre poco pubblicizzata.

Magari creando una collaborazione tra specialisti italiani e cliniche estere, al fine di trovare nuovi spazi per esercitare senza dover aspettare i tempi biblici delle nostre liste di attesa. Tutto questo per non arrivare ad un sovraccarico insostenibile sulle strutture di casa nostra.

L'impegno di SEF

Vogliamo essere il punto di riferimento per chi trova difficoltà a curarsi, facilitando l’accesso alle cure di cui ha bisogno quando ne ha bisogno. 

labirinto sanita

Grazie alla Sanità Transfrontaliera (mobilità sanitaria europea) possiamo aiutare ad esercitare i diritti di cittadino europeo, che permettono di scegliere qualsiasi clinica e paese dell’ Unione in cui operarsi  e ricevere il rimborso delle spese sostenute. Accollandoci l’onere burocratico della richiesta di autorizzazione e relativo rimborso delle spese anticipate, organizzando il viaggio e il soggiorno di cura nella clinica prescelta.

Nel progetto vogliamo coinvolgere tutti quegli specialisti disposti al sacrificio di andare ad operare i loro pazienti e non, costretti ad attese disumane, presso cliniche estere preventivamente valutate che hanno dato la loro disponibilità.

Ulteriore passo sarà coinvolgere istituti e società finanziarie nell’erogazione di prestiti per cure mediche a chi non ha la disponibilità immediata di poter ancipare le spese in attesa del rimborso.

 

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Prestito personale per spese mediche

prestito per spese mediche

Secondo un’indagine del 2020, l’importo medio del prestito per spese mediche richiesto è stato pari a 6.145 euro

Prestito per spese mediche

Da qualche anno la sanità pubblica ha tempi di attesa biblici, che sono andati aggravandosi con la pandemia.

Quindi la richiesta di rivolgersi a specialisti e cliniche private è aumentata tantissimo.

Secondo un rapporto Istat, un cittadino su cinque ha richiesto un prestito per curarsi e rateizzare la spesa.

Il prestito per spese mediche permette di ottenere liquidità per affrontare spese relative alla propria salute, ma anche trattamenti di bellezza e interventi di chirurgia estetica.

Domanda e offerta

Le richieste di prestiti per spese mediche sono in continua crescita. Gli ultimi dati disponibili al 2019 le indicano al 3,9%. del totale.

Si tratta della finalità più gettonata in Italia, dopo casa e motori. 

Nei dati delll’Osservatorio di PrestitiOnline.it si legge che nel 2009 i prestiti per spese mediche rappresentavano soltanto l’1,7% dell’erogato.

Cresciuta la domanda, sono cresciute anche le offerte da parte di istituti bancari e finanziarie per il credito al consumo.

Fortunatamente sono nati anche Broker nel settore dei prestiti personali come prestitionline.it, che ci guidano in questo mare magnum permettendoci di confrontare le offerte con pochi clik, e capirne il funzionamento.

Cosa occorre per ottenere un prestito per spese mediche

Si tratta di un finanziamento vero e proprio e quindi tutti i documenti fiscali che solitamente ci vengono richiesti per la gestione delle pratiche è uguale a tutti gli altri. Ovvero:

  • documenti attestanti la propria identità in corso di validità.
  • documenti recenti che attestano la possibilità di creare credito e dunque la solvibilità del soggetto richiedente.

È dunque possibile con pochi documenti ottenere il credito.

Solitamente le compagnie tendono a prendere in considerazione anche il tipo di operazione che dev’essere effetuata, e trovare il giusto compromesso tra quelle che sono le regole di base per ottenere il finanziamento ed il reale bisogno del cliente. 

Possibilità di estinzione anticipata del prestito per spese mediche

L’estinzione anticipata del prestito prevede la restituzione anticipata del debito residuo  prima della scadenza del contratto.

Nello specifico, il debitore deve restituire il capitale residuo e gli interessi maturati fino a quel momento.

Oltre al capitale residuo e agli interessi maturati, l’intestatario del prestito potrebbe  doversi far carico anche della restituzione dei mancati interessi sulle rate tramite il pagamento di una penale.

A partire dal 1° giugno 2013,  la riforma del credito al consumo ha fissato nuove regole sull’indennizzo previsto corrispondenti a:

  • all’1 % dell’importo rimborsato in anticipo se la vita residua del contratto è superiore a un anno;
  • allo 0,5 % dell’importo rimborsato in anticipo se la vita residua del contratto è pari o inferiore a un anno.

Per contro, l’indennizzo non è dovuto se:

  • l’importo rimborsato anticipatamente corrisponde all’intero debito residuo;
  • l’importo rimborsato in anticipo è pari o inferiore a 10.000 euro;
  • il rimborso è stato effettuato in esecuzione di un contratto con un’assicurazione a garanzia del credito.
  •  .

Conclusione

Il ricorso al prestito per spese mediche sta aiutando a risolvere problemi di salute a chi non può aspettare lo scorrere delle liste di attesa. Ma servono dei requisiti che non tutti possiedono.

Servirebbe  quindi un ulteriore step sul prestito finalizzato per chi, pur non avendo i requisiti, deve anticipare le spese a fronte di un rimborso garantito dal SSN. 

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Le aspettative della popolazione sul Sistema Sanitario Nazionale

insoddisfazione

Il Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (C.R.E.A. Sanità) ha elaborato un Rapporto Sanità arrivato alla sua diciassettesima edizione

XVII Rapporto Sanità

Il Rapporto ha l’obiettivo di analizzare la missione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e metterla a confronto con le prospettive della popolazione. Il documento è costituito da 4 parti, di cui noi analizzeremo la sezione dedicata alle aspettative della popolazione.  

Il C.R.E.A. Sanità ha promosso un sondaggio per verificare il beneplacito tra la popolazione dell’approccio della definizione delle linee di intervento per l’ammodernamento del Sistema Sanitario Nazionale.

In linea generale, il sondaggio è servito per verificare la soddisfazione dei cittadini nei confronti dell’assistenza sanitaria nazionale.

Sono stati presi a campione 800 persone con un’età superiore ai 18 anni. Il sondaggio era composto da tre semplici domande.

  • Quali sono i punti di forza del Sistema Sanitario Nazionale?
  • Quali sono le principali criticità?
  • Per quali miglioramenti si sarebbe disposti a pagare?

Gli elementi di soddisfazione

I risultati hanno mostrato che la maggioranza della popolazione indica come punto di forza del Sistema Sanitario Nazionale la possibilità di avere l’assistenza del Medico di Medicina Generale. Un’altra buona percentuale indica la qualità dei medici e la possibilità di reperire i farmaci gratuitamente, qualità particolarmente ben vista dagli anziani in quanto soggetti a maggiori consumi farmacologici.

In questi dati possiamo rilevare come i cittadini del Sud Italia e che possiedono un titolo di studio medio-basso sono maggiormente scontenti della qualità clinica, mentre sono soddisfatti del servizio del Medico di Medicina Generale.

La disponibilità di tecnologie avanzate viene maggiormente citata da cittadini che vivono in grandi comuni e che hanno ricevuto un alto livello di istruzione. A livello territoriale questi numeri sono rilevati nel Nord-Est d’Italia, maggiormente in Lombardia.

In linea generale, il sondaggio rileva che l’elemento maggiormente soddisfacente del Sistema Sanitario Nazionale è la qualità dell’assistenza clinica.

 

soddisfazione

Gli elementi di insoddisfazione

Per quanto riguarda invece gli elementi di insoddisfazione, i cittadini citano le criticità di ordine organizzativo ed erogazione dei servizi, soprattutto nei riguardi delle liste di attesa e della difficoltà a prenotare gli appuntamenti.

Vengono anche citate le lunghe attese inutili negli studi medici e l’essere rimpallati tra medici e uffici.

I dati mostrano come la crescita dell’insoddisfazione è direttamente proporzionale all’avanzare dell’età degli utenti e al diminuire del loro titolo di studio.

Possiamo quindi dire come il sondaggio mostra le priorità sulle quali migliorare il servizio.

insoddisfazione

I miglioramenti per cui pagare

Per quanto riguarda l’ultima domanda, ovvero per quali servizi saresti disposto a pagare, abbiamo notato come la maggioranza della popolazione converge sul fatto che si sarebbe disposti a pagare pur di avere liste di attesta inferiori e ,in generale, una migliore erogazione dei servizi.

disposti a pagare

Conclusione

Per riassumere, possiamo quindi dire che la domanda proveniente dalla popolazione non è omogenea. Esprime bisogni e aspettative molto diverse, diversificandosi in primis fra persone con titolo di studio alto e medio-basso.

Come esistono due “velocità” nell’offerta di servizi del SSN, così esistono due “velocità” nelle attese dei cittadini.

Tra i pazienti con istruzione medio/alta si evidenzia una maggiore attenzione agli effetti indiretti dell’assistenza, quali le attese e l’organizzazione/concentrazione delle “sedute”.

La popolazione con livelli di istruzione medio- bassi, invece, appare “rassegnata” da questo punto di vista.

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Riduzione degli interventi chirurgici

nuova riduzione degli interventi chirurgici

Nuova riduzione degli interventi chirurgici, con la pandemia che corre non è un fulmine a ciel sereno. Per recuperare nel post covid ci sarà bisogno di pensare fuori dai soliti schemi.

La nuova ondata pandemica

Un momento di riflessione è d’obbligo in questo periodo di ritorno di una pandemia che speravamo in regressione.

Un problema molto grosso che sta prendendo nuovamente piede è l’ennesimo blocco delle operazioni che vengono rinviate, con la possibilità di vedere ancora slittare la data di interventi che sono bloccati dal 2020. 

Se all’inizio della pandemia questo fenomeno era comprensibile, ora una nuova riduzione degli interventi chirurgici diventa per tutti difficoltoso da accettare.

Ma vediamo insieme le motivazioni, e soprattutto perché diventa così difficile procedere alla regolare realizzazione di un intervento.

Nuova riduzione degli interventi chirurgici, ecco il perché

Un periodo di ritorno a un aumento di ricoveri e il personale sanitario che inizia a non essere abbastanza.

Sono molti i medici ed infermieri che sono risultati positivi in questo periodo, e quindi come tutti devono effettuare una quarantena fino a completa negativizzazione.

Ecco che il primo problema che si pone è la carenza di personale.

Se poi contiamo anche un notevole aumento di ricoverati per problemi legati al virus in circolazione, a questo punto si arriva a comprendere che sia necessario andare a fermare alcune delle attività che normalmente si svolgono negli ospedali.

Ecco perché è in programma una nuova riduzione degli interventi chirurgici.

Per poter fare in modo che personale e sale operatorie siano disponibili per affrontare al meglio questa nuova emergenza sanitaria.

Anche la parte relativa a tamponi per la gestione del monitoraggio ospedaliero di persone positive e la somministrazione dei vaccini vede molto personale al lavoro.

È stato chiesto a molti medici vicini alla pensione di posticiparla. E anche molti studenti universitari si sono proposti per scendere in campo durante l’emergenza.

Purtroppo, nel momento dei picchi della malattia, diventa tutto difficile da gestire e si arriva a decisioni estreme come anche quello di ridurre gli interventi chirurgici.

Nuove riduzioni degli interventi chirurgici, a quando il recupero

Non è facile rispondere a questa domanda, perché non è possibile comprendere l’andamento della pandemia. Quindi in un ipotetico progredire dei contagi si avranno ancora molte settimane di fermo per le persone e quindi si dovrà calcolare uno slittare ancora molto lungo.

Dal 2020, anno in cui è iniziata la pandemia, si è fermato il sistema sanitario, con un totale fermo di operazioni che si potevano recuperare in un secondo tempo.

Gli stessi chirurghi avevano chiesto ai pazienti di collaborare e che presto tutto sarebbe tornato alla normalità per poter ottenere un numero migliore di quelli che sono i dati attuali.

Purtroppo, dobbiamo andare a guardare dei dati che non ci piacciono per nulla.

Neanche il numero completo degli interventi chirurgici della prima ondata di pandemia è stato recuperato, questo vuol dire che vi sarà un ulteriore incremento di attesa, e molti sono i pazienti che si sentono catalogati di serie B.

Inoltre, alcuni ospedali stanno chiudendo nuovamente reparti per accogliere malati di Covid. Anche le degenze non vengono garantite e le persone tornano a preoccuparsi.

Naturalmente per i malati gravi e interventi inderogabili il servizio chirurgico è sempre attivo e presente.

Nuove riduzioni degli interventi chirurgici, soluzioni possibili

Sono molte oramai le richieste di aiuto e le grida di allarme da parte degli ospedali e delle associazioni dei chirurghi in Italia.

È di pochi giorni fa l’intervento del Dottor Scatizzi, presidente dell’ACOI (Associazione chirurghi ospedalieri italiani), che ha dichiarato che “Solo con più personale e risorse in un anno possiamo recuperare il 70% degli interventi, l’altro 30% da smaltire nel 2023”.              Sempre la stessa proposta applicabile in tempi biblici per la mancanza di capitale umano causato dal sistema formativo e post – formativo dei medici.

Serve un’altra soluzione immediatamente attuabile.

La soluzione nascosta

Questa possibilità c’è, ed è “nascosta” in una Direttiva dell’Unione Europea.

È proprio ora il momento storico per sottolineare quanto sia utile far parte dell’Unione Europea.

Quella che era nata come un’unione puramente economica nel tempo è attiva in numerosi settori diversi, fra i quali salute.

La tessera europea di assicurazione malattia aiuta i viaggiatori ad avere accesso alle cure in caso di malattia durante una permanenza temporanea in un altro Stato membro dell’UE, mentre la direttiva europea sull’assistenza sanitaria transfrontaliera sancisce i diritti dei cittadini che decidano di recarsi in un altro paese dell’UE per ricevere cure mediche.

Proprio la Direttiva EU/2011/24 sulla sanità transfrontaliera potrebbe essere la soluzione, immediatamente attuabile, più vicina al problema, ma talmente fuori dagli schemi ai quali siamo abituati che non riusciamo a vederla!!

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Liste di attesa

listedi attesa

La liste di attesa nascono quando il numero di prestazioni erogabili è inferiore al numero di prestazioni richieste.

Liste di attesa, la genesi

Il Servizio Sanitario Nazionale è riuscito a soddisfare la richiesta fino al 2011 nonostante la domanda crescesse del 2,5% annuo.

In seguito, scelte politiche di sostenibilità hanno bloccato l’ incremento al finanziamento per il SSN e la crescita degli organici delle strutture sanitarie.

Si sono così congelate le prestazioni erogabili, mentre la richiesta è continuata ad aumentare creando liste di attesa con tempi sempre più lunghi.

Costringendo una parte dei pazienti ad accedere alle prestazioni pagandole di tasca propria o addirittura a rinunciare alle cure prescritte

Quando è arrivato il Covid-19, le liste di attesa nelle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate erano oltre i limiti del Piano Nazionale Governo della Liste di Attesa (PNGLA)

Come il Covid ha quasi azzerato gli interventi ortopedici

La pandemia che il Covid ha scatenato ha coinvolto pressoché ogni ambito della vita civile.

A partire da quello sanitario, fino ad arrivare a quello economico, passando per ogni attività umana che fino al giorno prima era totale routine. E da un giorno all’altro si è tramutata in un piacevole ricordo di un mondo perduto.

Ma è soprattutto l’ambito medico che ovviamente ne ha risentito di più.

Migliaia e migliaia di cittadini sono stati fin da subito colpiti dai sintomi del Covid ed hanno preso d’assalto gli ospedali, dalle aree mediche fino alle terapie intensive, saturandole.

Proprio da qui sono scaturiti i maggiori problemi.

È apparso evidente che il sistema sanitario, benché abbastanza solido, soprattutto a confronto con quello di altri paesi, non era pronto ad affrontare una situazione del genere, che nemmeno il romanziere più catastrofista avrebbe immaginato.

Tuttavia, durante il dilagare della pandemia, le altre patologie non si sono fermate.

Purtroppo, si sono dovute fermare, per evidenti ragioni di priorità, le cure che le riguardavano.

Uno dei settori più colpiti da questa circostanza è stata la chirurgia ortopedica e gli impianti di protesi.

Numeri e conseguenze

Ogni anno, in Italia, sono oltre 220.000 gli interventi che riguardano impianto di protesi.

I numeri del 2020 sono impietosi al confronto.

Gli interventi portati a termini sono stati circa 70.000.

Cosa ci dice questo?

Questo dato indica che la differenza tra la media annuale e gli interventi effettivamente compiuti dovrà essere smaltita nel prossimo futuro.

Per fare un conteggio approssimativo, significa che nel solo 2022 dovranno essere eseguiti oltre 400.000 interventi di questo tipo.

Tuttavia, questo dato è sicuramente conteggiato al ribasso.

Infatti, la popolazione italiana diventa sempre più anziana e questo va ad incidere molto sul numero di prestazioni ortopediche richieste, il che ci dice che il numero sarà ancora maggiore.

Situazione attuale

La situazione odierna è di difficile interpretazione. Lo comunica anche il presidente della Siot (Società italiana ortopedia e traumatologia) Tranquilli Leali, che non si sbilancia sulle previsioni per il futuro.

La Siot è stata da subito in prima linea nel continuare a garantire le prestazioni sanitarie, anche se con molte difficoltà date dalla crisi epidemica in corso.

Soprattutto gli interventi in sala operatoria sono stati drasticamente ridotti per carenza di medici anestesisti, impegnati quasi a pieno organico nei reparti di terapia intensiva Covid, e per le normative legate alla pandemia che non consentono l’uso a pieno regime delle sale operatorie.

Questo vuol dire che per smaltire questi numeri ancora in crescita ci vorranno quattro, cinque anni.

Tempi disumani per chi è in attesa di una protesi.

Infatti, questo aspetto è legato a doppio filo ad un altro, anch’esso estremamente negativo, quello psicologico.

“Una persona che deve sottoporsi ad un intervento di sostituzione di un’articolazione lo fa perché quella articolazione non l’aiuta più, forse la persona ha difficoltà anche a spostarsi in casa, dal bagno alla cucina, alla sala da pranzo. O se esce, difficilmente farà più di 100 metri, certamente non potrà fare attività fisica, è gravemente invalida dal punto di vista fisico”

Come uscirne

Per evitare di essere travolti da questo fenomeno, come un fiume in piena, l’opportunità che l’Unione Europea ci ha messo a disposizione già da ben 10 anni potrebbe essere la soluzione.

Una cooperazione sanitaria tra gli stati UE, grazie alla sanità transfrontaliera.

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