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Osteonecrosi della testa del femore

Osteonecrosi della testa del femore: cos’è e come si manifesta

Una delle prime cause di dolore all’anca, oltre all’artrosi degenerativa e alla displasia congenita o evolutiva, è la necrosi avascolare cefalica altrimenti detta necrosi ischemica alla testa del femore.

La patologia si verifica quando una parte più o meno estesa della testa del femore non riceve più un’adeguata perfusione sanguigna (detta anche ischemia ed il risultato è la necrosi in quanto il tessuto osseo ischemico perde la propria vitalità.

Nella maggior parte dei casi questo processo si verifica nel polo superiore della testa femorale e purtroppo i motivi che generano la necrosi avascolare cefalica non sono tuttora noti del tutto.

La suddetta malattia è molto simile all’infarto miocardico ma a differenza di questo è la testa del femore ad essere colpita.

Sotto carico la porzione necrotica della testa femorale subisce una progressiva deformazione fino a giungere ad un appiattimento polare che porta inevitabilmente all’insorgere della coxartrosi o artrosi degenerativa dell’anca.

coxalgia

Quali sono i principali sintomi

Solitamente la necrosi della testa femorale a differenza delle malattie degenerative ha un esordio piuttosto brusco che si manifesta con un dolore intenso all’inguine e spesso anche al gluteo.

Anche se tale dolore è spesso presente anche a riposo il movimento ed il carico sull’articolazione lo acuisce.

Tale patologia nelle fasi iniziali non comporta limitazioni nei movimenti dell’articolazione che però si verificano in una fase successiva quando insorge un’artrosi secondaria dell’anca.

Quali sono le cause che determinano la necrosi della testa del femore e chi ne è colpito maggiormente

Già come detto in precedenza i motivi alla base di questa patologia non sono ancora perfettamente noti e come per l’artrosi degenerativa dell’anca si distinguono la forma primaria e secondaria della malattia.

Necrosi primitiva o idiopatica: uomini fra 40 e 50 anni

I soggetti di sesso maschile di mezza età ( 40/50 anni ) sono i più colpiti da questa forma di malattia.

I fattori di rischio che possono determinare l’insorgere della patologia sono:

  • abuso di alcol
  • sovrappeso
  • iperuricemia (nel sangue è presente un’elevata concentrazione plasmatica di acido urico)
  • dislipidemie (colesterolo e trigliceridi alti)
  • diabete mellito
Necrosi secondaria

In questo caso la patologia appare a causa di una condizione morbosa preesistente:

  1. una frattura del collo femorale
  2. una frattura-lussazione dell’acetabolo
  3. un terapia cortisonica protratta
  4. una radioterapia locale ad alte dosi
  5. un’embolia gassosa, che è una malattia da decompressione

Molteplici fattori alla base delle forme secondarie della malattia  (epidemiologia ) fanno si che non sia possibile identificare un’età od un sesso a maggior rischio.

Quali esami sono necessari per diagnosticarla

Radiografia: serve negli stadi avanzati, ma non in quelli iniziali

La radiografia standard, quando l’anca è dolente (coxalgia ), è un’indagine che permette di escludere la maggior parte delle diagnosi.

Questo però non è possibile se ci troviamo di fronte alla fase iniziale della necrosi della testa del femore perché può essere perfettamente negativa in quanto non sono ancora in atto quelle alterazioni morfologiche che caratterizzano gli ultimi stadi della malattia.

Risonanza magnetica (RMN): individua la lesione negli stadi iniziali, ma in quelli avanzati non serve

Concludendo se un paziente che lamenta dolore all’anca e rientra perfettamente nelle categorie a rischio precedentemente citate è indispensabile eseguire una risonanza magnetica che permette di poter identificare la lesione necrotica all’inizio.

Per questo, dato che è un esame costoso, è opportuno riservarlo solo ai pazienti per cui la radiografia standard non risulta conclusiva.

La “lastra” tradizionale è più che sufficiente nelle necrosi avanzate.

Come si cura l’artrosi all’anca

Solo la necrosi iniziale offre speranze di guarigione.

Infatti, una volta che la testa femorale si è appiattita, la situazione evolve irreversibilmente verso l’artrosi, che è una malattia degenerativa e che quindi può essere trattata solo con terapie palliative e l’impianto di una protesi, quando possibile.

Questo significa che se la testa femorale è ancora sferica, c’è la possibilità di mettere in atto procedure chirurgiche di salvataggio, altrimenti no.

Le principali procedure in questi casi sono:

  • Interventi chirurgici per riportare la circolazione nell’area ischemica della testa femorale

    Sono possibili due tipi di intervento:

    1. trapianto di perone o trapianto microchirurgico di un segmento del perone

      è un intervento complesso che ha l’obiettivo di riportare la vascolarizzazione arteriosa nella testa femorale

    2. decompressione della testa femorale ed innesto di gel piastrinico

      è un intervento più semplice che punta a facilitare il drenaggio venoso e rivitalizzare l’osso necrotico

    La scelta fa i due tipi di intervento dipende in gran parte dall’esperienza del chirurgo e dalla collaborazione del paziente.
    In particolare il trapianto di perone comporta un maggior tasso di complicanze ed un decorso postoperatorio più lungo e disagevole che, comprensibilmente, non tutti i pazienti si sentono in grado di affrontare.

    E’ bene precisare che nessuno degli interventi disponibili è in grado di garantire la guarigione, ma le probabilità sono tanto maggiori quanto più precoce è il trattamento.

  • Interventi di tipo conservativo: quando la malattia è nelle primissime fasi

    Negli stadi precocissimi della malattia, quando solo la risonanza magnetica permette di riconoscere la lesione,
    se il paziente è riluttante a sottoporsi ad un intervento chirurgico, è possibile tentare la strada del trattamento conservativo, che consiste in:

    • scarico deambulatorio con 2 stampelle
    • eventuale ciclo di onde d’urto ad alta potenza
    • monitoraggio clinico-radiologico
  • Protesi d’anca: quando la malattia si è ormai evoluta in artrosi

    Se la testa femorale è deformata e l’artrosi è già riscontrabile, la protesi costituisce l’unica soluzione efficace. Dato che i pazienti affetti da osteonecrosi della testa de femore sono solitamente più giovani rispetto a quelli affetti da coxartrosi primitiva, è altamente raccomandato l’impianto di protesi conservative e/o di accoppiamenti a bassissima usura. Le prime sono modelli di protesi che richiedono una minore asportazione ossea a livello del femore, le seconde sono interfacce articolari ad accoppiamento “metallo-metallo” o “ceramica-ceramica” che hanno il grande vantaggio di liberare una quantità minima di detriti. Infatti, le interfacce tradizionali, che sono in metallo e polietilene o in ceramica e polietilene, hanno una durata molto lunga nel tempo e per questo sono considerate ideali nei pazienti over 60, ma nei pazienti giovani e attivi presentano appunto un grave difetto: liberano grandi quantità di detriti.