Diritto alla salute e cittadinanza europea

Di cosa parliamo quando parliamo di "sanità transfrontaliera"? Parliamo di diritto alla salute e di cittadinanza europea. Lo spiega bene in questa videointervista l'esperto di diritto costituzionale Giovanni Boggero, dell'Università di Torino.

Diritto alla salute e cittadinanza europea: il dott. Boggero ci aiuta a chiarire i contenuti della Direttiva europea 24/2011

La Direttiva europea che ha formalizzato la sanità transfrontaliera, a 10 anni dalla sua pubblicazione (2011), costituisce il punto di riferimento normativo per la mobilità sanitaria dei pazienti in Europa. È un punto chiave per il diritto alla salute e per la cittadinanza europea per i cittadini degli Stati membri dell’Unione.

Ma quali sono i punti fermi della Direttiva?

La Direttiva stabilisce in modo chiaro i seguenti aspetti:
  1. Il paziente ha diritto al rimborso delle cure ottenute in un altro Stato membro dell’Unione Europea, nella misura in cui queste cure sono previste anche dal proprio Stato di residenza. Il rimborso deve essere effettuato dal SSN allo stesso prezzo e alle stesse condizioni che si avrebbero nello Stato di residenza.
  2. Non è obbligatoria un’autorizzazione preventiva alle cure in un altro Stato membro, in via generale. Gli Stati possono però prevedere un’autorizzazione preventiva per alcuni tipi di prestazioni sanitarie, in particolare quelle che prevedono il ricovero e/o l’uso di apparecchiature sofisticate o costose.
  3. L’autorizzazione non può essere rifiutata se la cura è necessaria dal punto di vista medico.

E quali sono i vantaggi di un sistema efficace di sanità transfrontaliera?

Per i pazienti accedere alla sanità transfrontaliera può portare un significativo beneficio nel caso in cui le liste di attesa per una cura o un intervento chirurgico siano eccessivamente lunghe, come spesso accade in Italia.
In generale, una maggiore circolazione e integrazione sanitaria possono rappresentare per i singoli Stati e per i professionisti del settore sanitario un’occasione di miglioramento e di condivisione di informazioni e buone pratiche. Si tratta di un aspetto particolarmente importante (e richiesto dall’Unione) nel caso della ricerca e del trattamento di malattie rare.

Ma l'Italia ha recepito la Direttiva?

L’Italia ha recepito la Direttiva con il Decreto legislativo 38/2014, ma con delle limitazioni ulteriori.

Ecco cosa deve fare un paziente per accedere alla mobilità sanitaria europea:

✅ Contattare il Punto di Contatto Nazionale
✅ Verificare la necessità di autorizzazione per la prestazione di cui ha bisogno
✅ Chiedere l’autorizzazione alla propria ASL di riferimento. La ASL dovrà rispondere entro 30 giorni dalla richiesta di autorizzazione
✅ Recarsi nello Stato membro (anche con il professionista di fiducia), dopo aver ottenuto l’autorizzazione
✅ Chiedere il rimborso che sarà effettuato entro 60 giorni, nei limiti dei costi sostenuti

Un iter burocratico piuttosto lungo, complicato e scoraggiante per un qualunque cittadino. Infatti le richieste pervenute al Punto di contatto italiano in questi anni sono pochissime.

SEF facilita il percorso per i pazienti

Per questo SEF ha sviluppato un servizio di facilitazione per il paziente che voglia intraprendere questa strada, accompagnandolo in ogni passo dalla richiesta di autorizzazione al rimborso.

SEF è l’unica agenzia in Italia specializzata nella mobilità sanitaria europea e aiuta i cittadini italiani ad esercitare il loro diritto alla salute e la loro cittadinanza europea. 

Giovanni Boggero insegna Diritto costituzionale presso l’Università di Torino ed è membro del Comitato Tecnico scientifico di SEF.

Si occupa di sanità transfrontaliera dal 2015, per una ricerca affidatagli dal Prof. Renato Balduzzi, ministro della salute nel governo Monti.

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